Passa il Giro, esplode il rosa

Mai in tutti questi “miei” Giri d’Italia, avevo notato così tanto… rosa lungo il percorso. Dappertutto quest'anno ci sono “segnali”, siano essi striscioni, lenzuola, nastri, scritte, coccarde, chissà che altro; su case, negozi, campanili, monumenti, chissà che altro. Dai, arriva il Giro e per qualche motivo si fa festa, è speciale.

Passa il Giro, esplode il rosa

Sono parecchi anni che ho il privilegio di essere al seguito del Giro d’Italia.
Lo chiamo (e lo sento) per l’appunto sempre in questa maniera, per diversi motivi, via via cambiati negli anni, sì, col passare degli anni.

Io che per molte stagioni ho fatto il calciatore professionista, ho sempre considerato proprio il ciclismo il mio primo sport
Fin da ragazzino, fin da quando me ne stavo a giocare con i coverceti, ritagliando le figurine dei corridori (erano in bici, non come ora nell’apposita raccolta Panini, quella col taglio… da calciatori) e facendo innumerevoli tappe un po’ dappertutto, lungo sì la scalinata della chiesa di San Giuseppe, ma specie nella muretta e nei bordi del giardinetto che i miei avevano lì dietro casa.
Io che scrivevo le tappe su un quaderno, la classifica dal primo all’ultimo, tiri di distacco e calli alle dita. Ancora adesso – e finisco – la Gazzetta dello Sport la leggo nello stesso modo di sempre: inizio dalla/e pagina/e del ciclismo e poi, poco alla volta, torno indietro: calcio, calcio e calcio.

Dunque una sorta di fuoco sacro che avevo specie i primi anni
Poi ha cominciato a bruciare un po’ meno, ma per fortuna è ancora lì, meno guizzante di prima, l’ho detto, ma c’è. Nel tempo si è venuto però via via a creare un altro tipo di privilegio, questo sì che continua a bruciare per bene, non c’è modo di fermarlo.
È la possibilità di andare vagabondando per questa nostra vecchia e bellissima Italia, senza quasi mai fermarsi, non sapendo quasi più che giorno della settimana sia. Il tutto, altro privilegio (e dalli), con quella luce tutta speciale che sa offrire un mese com’è maggio.

Sì, un’opportunità unica di vedere tanto e tanto, da nord a sud, da sud a nord, partendo magari come quest’anno dalla Sardegna e trovandoti poi a percorrere strade – spesso dimenticate, con attorno paesaggi straordinari – della Sicilia e Calabria e Puglia e Molise e via di questo passo, giorno dopo giorno.

Scrivo queste righe da Bergamo, cosiddetto giorno di riposo, tempi della tipografia lì a Padova che sono quello che sono, bisogna insomma scrivere prima e chissà se Dumoulin terrà la rosa sino a Milano, se Quintana o Nibali (speriamo) sapranno ribaltare la corsa.

Quel che vorrei qui comunque annotare è che mai in tutti questi “miei” Giri d’Italia, avevo notato così tanto… rosa lungo il percorso.
Dappertutto ci sono “segnali”, siano essi striscioni, lenzuola, nastri, scritte, coccarde, chissà che altro; su case, negozi, campanili, monumenti, chissà che altro. Dai, arriva il Giro e per qualche motivo si fa festa, è speciale.

E allora mi capita sempre di pensare in particolare ai bambini, sì.
Loro che magari vedono papà e mamma che si mettono a soffiare sui palloncini, che li appendono dappertutto…

Un’atmosfera speciale che proprio loro sono i primi a cogliere ed è anche in questo modo che io penso si vada via via rinnovando il “mito” del Giro. Che è sì business, sponsor, share televisivo eccetera eccetera, ma è pure storia, passione, memoria collettiva. Avanti.

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