Tra il non più e il non ancora. Diario di un parroco in Unità pastorale

Don Mauro Da Rin Fioretto, per undici anni fidei donum in Ecuador, ci accompagnerà lungo i prossimi mesi per raccontarci cosa vuol dire vivere come parroco nell’unità pastorale di Vigonza, dove il 15 ottobre ha fatto il suo ingresso. E questo è il primo foglio del suo diario.

Tra il non più e il non ancora. Diario di un parroco in Unità pastorale

Mi è stato chiesto di mettere in circolo pensieri e idee dall’osservatorio e punto di vista privilegiato che è l’esperienza di servizio in una unità pastorale.
Non è un diario o un trattato pastorale, ma riflessioni che nascono da esperienze...

E allora cominciamo dall’inizio, anzi dall’ingresso.
«Te acogieron con platillos y bombos!» (ti hanno accolto con cembali e tamburi): così ha commentato una cara amica dall’Ecuador il mio ingresso come parroco nell’unità pastorale di Vigonza. Per potenza della tecnologia ha visto in diretta la messa di domenica scorsa e ha sottolineato la festa che hanno fatto a me.
Questo è un primo elemento di riflessione: sono stato al centro dell’attenzione per tutto il tempo... Da una parte il fatto mi lusinga (è bello sentirsi accolti, voluti bene, con aspettative e simpatia...), dall’altra mi preoccupa: gli applausi all’inizio dello spettacolo vanno guadagnati e onorati, ma soprattutto al centro ci dovrebbe essere la/e comunità cristiana/e, non il parroco!

Questo pensiero mi è venuto anche dall’analisi dei termini: nel diritto canonico si parla di presa di possesso della parrocchia. È vero: è linguaggio giuridico che sottolinea anche la presidenza di tante cose nella parrocchia, però la parrocchia non è “mia”.

In Ecuador una delle esperienze più tristi è stata quando, riconsegnata al clero diocesano la parrocchia in cui avevamo molto lavorato con i consigli degli affari economici e pastorale, il parroco nuovo nella predica della sua prima messa ha affermato: «La parrocchia è del parroco...».

Mi ha chiaramente fatto piacere il cambio di dicitura proposto nei fogli preparati dal vescovo Claudio e dai vicari: da “presa di possesso” a “inizio del ministero pastorale”.

Di chi è la parrocchia? Senz’altro di Dio!
Mi tornavano in mente le parabole di Gesù che parla di “amministratori”. E della comunità cristiana che vive nel territorio dell’up di Vigonza e che ha già fatto storia negli ultimi anni con don Cornelio Boesso e don Vincenzo Cretella.

Molti, spesso in riferimento al loro gruppo, movimento, servizio, mi chiedono in questi giorni: «Cosa pensa di fare?» (“sior parroco” è spesso sottinteso).
Come faccio a rispondere? Sono l’ultimo arrivato! Il meno titolato per sapere cosa fare! Eppure tutti attendono che il parroco scelga, decida, continui o tagli...

Qualcuno citava un proverbio africano di don Honorè (prete studente del Benin): «Quando cambia il tamburo, cambia il ballo!».
Mi piacerebbe costruire il ritmo insieme. Spero di poter ascoltare e capire sempre meglio la realtà dentro alla parrocchia e anche fuori (che bella e stimolante la presenza delle autorità civili, sindaco e maresciallo dei carabinieri, al mio ingresso), e non solo per “opinioni”, ma per numeri, analisi approfondita, storia.

Spero di trovare i modi per decidere insieme (privilegiando gli organismi di comunione: consigli pastorale e per la gestione economica) i criteri e il “senso” delle cose nel duplice intendimento di significato delle cose e direzione-orientamento: il perché causale e finale delle attività che facciamo.

Mi fa molto bene la metafora della famiglia
Essere padre per la/e comunità cristiana/e; essere fratello figlio di Dio come tutti: alla pari, senza scalini di differenza. Mi fa un grande piacere sentirmi anche figlio “adottato” senza particolari meriti da queste tre parrocchie riunite in unità pastorale.

Qualche confratello, scherzando, mi diceva che vivo la poligamia già che come spose ho tre comunità!
La battuta rivela le difficoltà nel definire e capire come fare unità e il rischio di dividere il cuore. Abbiamo celebrato l’inizio nella chiesa di Pionca e alcuni poveri fratelli e sorelle di Vigonza e Peraga si saranno dispiaciuti perché avrebbero voluto si facesse “da loro”!

Già 7-8 persone si son lamentate, «non abbiamo più il parroco», affermando imprecisamente la doppia preoccupazione che la pastorale la fa in gran parte il parroco e che gli “altri” il parroco ce l’hanno. Ho ricordato che non sono senza parroco, ma senza parroco-residente e che finora la messa non è mancata... ma il disagio nel vivere diversamente “l’organizzazione” della fede si sente.

È stato per questo molto bello vedere che il coro era di giovani delle tre parrocchie e che a Pionca il rinfresco era preparato da sorelle di Vigonza e i tamburini e sbandieratori erano da Peraga!
Chissà che il Signore ci ispiri per trovare atteggiamenti e prassi di fraternità e comunità, perché il mondo ci riconosca sempre più per come ci vogliamo bene.

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