Associazione Vittime della strada: «Pochi controlli lungo le strade»

«Della tua vita puoi fare quello che vuoi, ma non puoi mettere a rischio la vita e la salute degli altri. Se per creare consapevolezza non bastano la sensibilizzazione e l’educazione, ci vogliono il controllo e la sanzione, ma non dopo che hai ucciso qualcuno». È chiaro il pensiero di Vanna Detomi, responsabile per la provincia di Padova dell’associazione Vittime della strada, che lamenta la poca presenza di pattuglie lungo le nostre strade.

Associazione Vittime della strada: «Pochi controlli lungo le strade»

Sensibilizzare, rendere coscienti dei danni che un incidente può provocare e, quando necessario, reprimere. È questo il pensiero di  Vanna Detomi, responsabile per la provincia di Padova dell’associazione Vittime della strada.

Come valuta la prevenzione?
«Con questa nuova legge e l’introduzione di pene molto più severe come l’omicidio stradale punito con la detenzione si è fatto un passo avanti, ma purtroppo non funzionano prevenzione e deterrenza. La prevenzione viene fatta solo nella scuola media e si insegnano solo le regole ma la formazione come educazione lascia il tempo che trova perché non coinvolge gli studenti delle superiori. Soprattutto non viene fatto niente per gli autisti, gli automobilisti, i motociclisti che non vengono raggiunti in alcun modo per cui dovrebbe entrare in campo un controllo maggiore».

Controllo come prevenzione? 
«È inutile avere leggi severe se non c’è il controllo dei comportamenti. È importante che il cittadino percepisca la presenza della polizia, che veda in strada le pattuglie e che qualcuno venga fermato e che venga controllata anche l’automobile. Una volta si faceva, ora non più e la gente va impunemente per la strada non temendo per la propria vita e non avendo cura di quella degli altri. La nostra associazione non è stata del tutto soddisfatta della nuova legge perché non ha considerato l’uso del telefonino, ma adesso sembra che si stia pensando di aggravare le pene perché si riconosce come la distrazione sia una delle principali cause di incidente e la velocità senza attenzione, è decisamente più pericolosa».

Bisogna puntare sulla repressione?
«Sì. Il connubio prevenzione e repressione deve andare di pari passo. Con la nostra associazione andiamo nelle scuole, facciamo cose molto belle, ma ci andiamo, due ore nell’arco di tre anni e cerchiamo di sensibilizzare, ma chi raggiunge i neo patentati? I ragazzi di 25, 30 anni che hanno in mano un’auto potente? La loro macchina dà loro grande sicurezza ma non assicura la vita degli altri. Non c’è qualcuno che ti ferma e controlla, qualcuno che punisca un comportamento pericoloso: della tua vita puoi fare quello che vuoi ma non puoi mettere a rischio la vita e la salute degli altri. Se per creare consapevolezza non bastano la sensibilizzazione, l’educazione e l’effetto della trasmissione di certe esperienze, servono il controllo e la sanzione, ma non dopo che hai ucciso qualcuno. Va bene l’uso della tecnologia come gli autovelox, ma per ottenere veri risultati ci vogliono i controllori sulla strada che devono sanzionare i comportamenti scorretti».