Abidjan: gli esiti del quinto vertice tra Europa e Africa di novembre

L’attenzione ai flussi migratori ha finito per lasciare in secondo piano le importanti questioni relative agli investimenti per la creazione di sistemi industriali, un’agricoltura moderna, accesso ai beni di prima necessità, innovazione nel digitale e nelle energie rinnovabili, indispensabili al continente

Abidjan: gli esiti del quinto vertice tra Europa e Africa di novembre

Europa e Africa attorno a un tavolo in occasione del quinto vertice di Abidjan in Costa d’Avorio, tenutosi gli ultimi due giorni di novembre.

Vi hanno preso parte 83 capi di stato e di governo, insieme ad altri cinquemila partecipanti di 55 paesi africani e 28 europei, punto di arrivo di una serie di incontri a cadenza triennale dopo che ebbe luogo 17 anni fa al Cairo.
L’idea iniziale era la creazione di un “Piano Marshall” da implementare nei successivi anni, con priorità strategiche da mettere in campo tra il 2018 e il 2022 e con il chiaro intento di creare lavoro in primo luogo, ma anche infrastrutture e lotta al cambiamento climatico nel continente africano per bloccare la fuga dalla disperazione.

Si sono alternate approfondite discussioni sul futuro del continente africano, tra progetti e visioni, tornando soprattutto a battere su un tema chiave che unisce le due sponde del Mediterraneo: i flussi di migranti verso nord, in fuga dalla disperazione. Tema che, alla fine, è diventato centrale nell’agenda e sul quale si sono concentrate le scelte e le azioni concrete. Un primo capitolo, quindi, è stata la creazione di una vera e propria task force con l’obiettivo di salvaguardare la vita dei migranti nel loro cammino, soprattutto nelle rotte libiche, agevolando i rimpatri volontari verso i paesi di origine.

Un lavoro destinato a «smantellare le reti criminali e di trafficanti oltre che per offrire opportunità di sviluppo e stabilità ai paesi di origine e di transito, affrontando le cause profonde della migrazione», come dichiarato in una nota congiunta dell’Alto rappresentante per la politica estera Ue, Federica Mogherini, dei presidenti della Commissione Europea e di quella Africana, Jean-Claude Juncker e Moussa Faki Mahamat, e del segretario generale dell’Onu Antonio Guterres. Al riguardo proprio le autorità libiche hanno concesso all’Unhcr (l’Alto commissariato Onu per i rifugiati) la creazione di una struttura a Tripoli per quelle persone che hanno bisogno di protezione internazionale. Un progetto sostenuto anche dal governo con l’intento di trasferire migliaia di rifugiati vulnerabili verso paesi terzi.

E a proposito d’Italia non sono mancate le parole del premier Gentiloni che ha evidenziato il ruolo primario svolto dal nostro paese nella gestione dei migranti.

Un ruolo che, al tempo stesso, ha favorito una maggiore sensibilità nel collaborare proprio su questo tema.

Solo in secondo piano le questioni relative agli investimenti per la creazione di sistemi industriali, un’agricoltura moderna, accesso ai beni di prima necessità, innovazione nel digitale e nelle energie rinnovabili, nonostante le sollecitazioni delle autorità africane nel cogliere i vantaggi derivanti dallo sviluppo delle nuove generazioni del sud del mondo.

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)