Innovazione, tecnologia, lavoro agile: Marco Bentivogli (FIM-CISL) a Openfield

Sabato 18, a Openfield, Marco Bentivogli, segretario generale dei metalmeccanici Cisl parla di lavoro, di formazione, di competenze progettuali, oggi sempre più necessarie. Appuntamento alle 9 nell’aula magna della Facoltà teologica del Triveneto

Innovazione, tecnologia, lavoro agile: Marco Bentivogli (FIM-CISL) a Openfield

Sabato 18 novembre si tiene Openfield, il tradizionale incontro socio-politico autunnale dell’ufficio di pastorale sociale e del lavoro della diocesi organizzato con Azione cattolica, Acli, Agesci, Csi, Noi. Appuntamento alle ore 9 nell’aula magna della Facoltà teologica del Triveneto, in via Seminario 7 a Padova. Il tema individuato per quest’anno è “Fair jobs and growth. Il valore del lavoro”: a parlarne, dando due prospettive differenti, ci sono don Walter Magnoni, responsabile del servizio per la pastorale sociale e del lavoro di Milano e Marco Bentivogli, segretario generale dei metalmeccanici Cisl. Con loro si cerca di capire meglio il mondo del lavoro attuale, cosa fare per non rimanere fermi nella risacca nella quale siamo ormai caduti da troppo tempo. Questa è la prospettiva, in particolare, che cerca di chiarire Marco Bentivogli, portando il suo punto di vista, quello di un sindacato. «Sono tra coloro che pensano che la discussione sul declino del lavoro è una finzione. Il lavoro cambierà, non finirà. Stiamo vivendo un periodo di rivoluzione industriale e come tale questo porterà dei cambiamenti inevitabili. Dobbiamo affrontare con spirito di frontiera lo scenario che abbiamo di fronte e in questa prospettiva cambiano anche le categorie giuridiche: si dovrà cioè pensare non solo e non più in termine di lavoro a tempo indeterminato o autonomo, come siamo abituati».

Su cosa bisogna quindi puntare?

«Ci vuole una nuova progettazione. Io non credo si debba puntare su competenze umanistiche o su quelle tecniche. Non sono favorevole a una netta divisione. Dobbiamo piuttosto capire quali sono le competenze che mettono in relazione le persone. In futuro infatti non serviranno solo tecnici, ma capacità progettuale. È basilare che ci sia una ricostruzione delle e-skill necessarie. Spesso la formazione è fatta più per i formatori che per i lavoratori ai quali risulta poco utile. La capacità progettuale è fondamentale per costruire un sistema di competenze per le persone come ad esempio avviene in altri paesi, in Germania con l’esperienza del Fraunhofer Institute o in Inghilterra».

E in Italia?

«Da noi dovrebbero nascere competence center o digital innovation hub, dei centri in cui operano soggetti diversi che interagiscono nell’ecosistema 4.0. Per pensare però a un ecosistema 4.0, nel quale si inserisce un’industria 4.0 è necessario ripensare tutto il sistema che deve essere più smart, con formazione continua, snellimento della burocrazia, reti energetiche intelligenti, altrimenti non ha senso. E in Italia attualmente non abbiamo esempi di questo tipo».

In questo scenario come si pone l’avanzata della tecnologia e come coniugarla con la priorità di valorizzare la persona?

«La tecnologia è un’alleata. La tecnofobia non porta a nulla: una dimostrazione di questo è che i paesi con più elevata tecnologia registrano più occupazione. 

Con questa visione negativa abbiamo perso interi settori di lavoro. La tecnologia invece può sostituire la persona nei lavori molto ripetitivi, alienanti. La tecnologia sostituisce, cambia, modifica, ma di certo non “ruba” il posto di lavoro. Il rispetto e la promozione della dignità lavorativa e quindi la valorizzazione del lavoro la ottengo, ad esempio, promuovendo lo smart working, il lavoro agile che permette di conciliare la vita con la famiglia e che non è il semplice telelavoro, ma riformula il rapporto tra uomo e tecnologia. Lo scenario lavorativo non è così negativo, la partita è ancora aperta, bisogna però investire nella formazione perché in Italia siamo molto indietro in tema di competenze digitali, ma anche nel rapporto competenze necessarie e quelle effettivamente possedute. Ci vuole capacità di cambiamento, del resto siamo in un periodo di rivoluzione, come già detto, e questo non può che portare a nuovi lavori e alla trasformazione dei vecchi, ma dobbiamo prepararci a questo cambiamento».

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