Inquinamento, la regione chiede i danni alla Miteni di Trissino

La responsabilità dell'azienda di Trissino (ex gruppo Marzotto) nella contaminazione della falda acquifera da sostanza perfluoroalchiliche Pfas è nota dal 2013 dopo le analisi Arpav. Ma da martedì scorso è scolpita nero su bianco anche nella mozione che il consiglio regionale ha votato all'unanimità martedì scorso in seduta straordinaria. Sul caso che coinvolge 350 mila veneti in 78 comuni (tra le province di Verona, Vicenza e Padova) la regione ha anche stabilità di chiudere il biomonitoraggio, di rifare le analisi sugli alimenti e di progettare nuovi acquedotti per superare i costi pesanti dei filtri a carboni attivi oggi installati dai quattro gestori del servizio idrico integrato dell'area.

Inquinamento, la regione chiede i danni alla Miteni di Trissino

L’azienda Miteni di Trissino (Vi) è colpevole dell’inquinamento da Pfas che ha contaminato il secondo bacino idrico d’Italia (quello di Almisano) e affligge 350 mila veneti in 79 comuni nelle province di Vicenza, Verona e Padova, e contro la ditta l’avvocatura regionale sta valutando un’azione legale per il risarcimento danni.

Una notizia a metà? Forse. Rilevante se si pensa che il nome della ditta che ha sversato questi inquinanti utilizzati per impermeabilizzare tessuti, carta e pentolame, entra per la prima volta in un documento ufficiale della regione.

Ma questo è solo uno dei passaggi della mozione che il consiglio regionale ha votato all’unanimità nella seduta straordinaria di martedì scorso (22 marzo), interamente dedicata a quello che da più parti è stato definito il peggior caso di inquinamento ambientale nella storia del Veneto.

Nuovi test sulla catena alimentare

Tutti d’accordo dunque i consiglieri sul principio «chi inquina paga», più volte citato tanto dalle minoranze quanto dagli assessori Bottacin (Ambiente) e Coletto (Sanità) impegnati a difendere l’operato della giunta in questi tre anni di emergenza Pfas. Ma la mozione prevede anche la chiusura quanto prima del biomonitoraggio in corso: 600 prelievi non ancora completati dal maggio scorso per stabilire quanto i perfluoroalchilici siano presenti nel sangue dei residenti nell’area interessata. Su questo Coletto si è sbilanciato promettendo i risultati per aprile.

Nel contempo occorrerà rifare l’analisi sulla catena alimentare. I dati raccolti negli scorsi mesi hanno evidenziato la presenza di inquinante addirittura nel pesce e nelle uova, ma sono diventati un caso dopo la pubblicazione dell’ormai famoso verbale della commissione tecnica regionale del 13 gennaio in cui il direttore della sezione prevenzione e sanità pubblica della regione, Giovanna Frison (98 mila euro lordi di compenso annuale), ammette che il piano dei controlli sugli alimenti è stato condiviso «in qualche modo» con l’Istituto superiore di sanità, e Giorgio Cester, direttore della sezione veterinaria, prima parla di valori critici riscontrati nelle carni da macello, ma poi afferma di non aver fatto nulla per «la mancanza di valori ministeriali di riferimento».

E la mozione impegna la giunta proprio perché faccia pressione sul governo per arrivare a dei limiti di legge e non solo a dei livelli di performance come quelli emessi dallo stesso Iss nel gennaio 2014.

Le reazioni

Soddisfatta la vicentina Cristina Guarda (Moretti presidente), prima richiedente di questo consiglio straordinario, che ha applaudito al lavoro comune di maggioranza e opposizione auspicando sempre maggior «dialogo, collaborazione e condivisione» attorno a una situazione che i dati descrivono «allarmante». Soddisfatto anche il Pd Andrea Zanoni che segue la vicenda dapprincipio: «Ci sono gli estremi per una denuncia penale della Miteni – sottolinea – Non è vero che non si può procedere per la mancanza dei limiti di legge come sostiene il procuratore di Vicenza Cappelleri», e il riferimento è al decreto legislativo 231 del 2001 sulle frodi sanitarie. Soddisfatto anche l’altro consigliere Pd Stefano Fracasso che nel suo intervento aveva fortemente insistito: «Il filtraggio dell’acqua contaminata del bacino di Almisano costa a ciascun gestore del servizio idrico integrato 600 mila euro all’anno: questa non più essere la soluzione».

Così la giunta valuterà le due proposte di Fracasso: servire il Basso vicentino e la Bassa padovana con acqua proveniente da Dueville e Sandrigo (come previsto nel 2003 dall’Autorità di ambito Bacchiglione) e per il Veronese pescare più a ovest. «Continueremo a vigilare – promette Manuel Brusco del Movimento 5 stelle – Non è vero che la regione è stata così solerte sui Pfas come sostiene l’assessore Bottacin, anzi. L’assessore poi ha minacciato denunce per procurato stato d’allarme, eppure in un documento del 19 febbraio l’Istituto superiore di sanità parla di “stato di elevata criticità”».

Il servizio completo, con le voci dei comitati e di Legambiernte è stato pubblicato nel numero di domenica 27 marzo.
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