L’eterna lotta della sinistra divisa

Prove di accordo prima del voto. Mdp, Possibile (Giuseppe Civati), Futuro a Sinistra (Stefano Fassina), forse quel che resta di Sinistra Italiana si danno appuntamento a novembre per una kermesse unitaria. Campo progressista di Pisapia, però, al momento si chiama fuori.

L’eterna lotta della sinistra divisa

Le elezioni sono dietro l’angolo e a sinistra del Pd si stanno riorganizzando diversi blocchi politici, in larga parte derivante dall’ex Pci.
Il “biografo” della sinistra italiana, Emanuele Macaluso, in un’intervista ha analizzato magistralmente l’atavica tendenza a dividersi a sinistra: «Il socialismo italiano è nato nell’anarchismo. In parte della sinistra prevale il personalismo piuttosto che l’obiettivo che dovrebbe essere sempre quello di sconfiggere l’avversario, cioè la destra rinascente in tutta Europa e i Cinque Stelle» (Repubblica, 5 ottobre).
La bussola per orientarsi ai nostri giorni ruota sempre e comunque attorno ai nomi, tra l’altro sempre gli stessi.

Le forze in campo

Articolo 1-Movimento democratico e progressista, fondato a febbraio di quest’anno, riunisce gli “scissionisti” del Pd più quelli che non hanno aderito a Sinistra Italiana.
Brutalmente è il partito di Pierluigi Bersani e di Massimo D’Alema, ma partecipano nomi storici come Guglielmo Epifani, Vasco Errani, Vincenzo Visco e Flavio Zanonato. Viene accreditato di un 4-5 per cento dei consensi, soprattutto al Nord (Emilia Romagna e Toscana con il governatore Enrico Rossi) grazie alla rete dell’ex segretario Bersani e al Sud di quella che fu l’organizzazione dell’ex premier Massimo d’Alema dentro i Ds prima e nel Pd poi. All’interno di Mdp, il volto che dovrebbe “nascondere” la poca freschezza mediatica di D’Alema&C. è Roberto Speranza, già precoce capogruppo alla Camera del Pd. 

Sempre a febbraio 2017, Giuliano Pisapia lanciava a Milano Campo progressista, il suo nuovo soggetto politico.
Forte di una “copertura mediatica” davvero notevole, ha tenuto il primo congresso al Teatro Brancaccio lo scorso 11 marzo.
Oltre alle questioni di leadership all’interno della nuova area di sinistra, tra Pisapia e Bersani e D’Alema il nodo del contendere riguarda principalmente il rapporto con Matteo Renzi. Per l’ex sindaco di Milano un’alleanza con il Pd di Renzi, a condizioni ben definite, è possibile e forse necessaria. Per i membri di Mdp Renzi rappresenta il bignami di tutti i mali della politica italiana. 

Per arrivare al “vedo” politico, la scorsa settimana Roberto Speranza ha lanciato un ultimatum a Pisapia:
o entro breve sarà con noi o le strade si divideranno («Ora basta aspettare, bisogna correre. Serve una grande forza popolare, inclusiva, con ambizioni di governo e radicale nel messaggio di cambiamento. Aperta al civismo, all’ambientalismo e al cattolicesimo democratico. Il tempo è ora, non possiamo andare oltre novembre», Corriere, 8 ottobre).
La replica di Pisapia è stata gelida, al limite della rottura totale: «Auguro buon viaggio a Roberto Speranza, sono sicuro che ci ritroveremo in tante battaglie. Per noi non c’è problema, io continuo in quello che ho sempre detto: non credo nella necessità di un partitino del 3 per cento, credo in un movimento molto più ampio, molto più largo e soprattutto capace di unire non di dividere».

Per ora il tentativo di rifare qualcosa di grande a sinistra del Pd si scontra con molti soggetti scalpitanti per la propria carriera, uno strascico infinito di rancori personali e la grande incognita dell’irrilevanza dei voti.
La kermesse unitaria di novembre dunque – sempre se non ci saranno cambi di strategia magari condizionati dalla decisione del governo di porre la fiducia alla Camera sulla legge elettorale, definita da Pisapia uno spartiacque in negativo – dovrebbe riunire solo i gruppi di Mdp, Possibile (Giuseppe Civati), Futuro a Sinistra (Stefano Fassina) e forse quel che resta di Sinistra Italiana (ex Sel).

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