Pfas, al via il biomonitoraggio, ma è polemica sui limiti

Il Registro tumori del Veneto ha confermato: nella zona contaminata non ci sono più tumori che nel resto del Veneto. Apprensione invece per le malattie metaboliche, su cui si sta per aprire il biomonitoraggio. Il Ministero dell'Ambiente pare disponibile ad allargare sui limiti imposti, dopo la stretta di luglio e i ricorsi delle aziende.

Pfas, al via il biomonitoraggio, ma è polemica sui limiti

Nemmeno il tempo di tirare un sospiro di sollievo per i dati forniti dal Registro tumori del Veneto che già ripartono le polemiche sui limiti imposti nelle acque di scarico.
Il caso Pfas continua insomma a rimanere al centro dell'attenzione in tutto il Veneto, specialmente nei territori a cavallo delle province di Vicenza, Padova e Verona in cui è stata dimostrata la contaminazione dell'acqua potabile e degli alimenti da parte delle sostanze perfluoroalchiliche.
Uno studio del Rtv sui 21 comuni più esposti ha però dimostrato che nonostante l'esposizione decennale alle particelle la popolazione non risulta maggiormente colpita da tumori, neppure quelli al rene o al testicolo maggiormente correlati ai Pfas. «I dati sono confortanti, certo – ha sottolineato il direttore del Registro Massimo Rugge – ma la ricerca è appena iniziata. I numeri si consolideranno nei prossimi anni: speriamo di ottenere gli stessi risultati».

Rimane invece sotto osservazione l'incidenza dei perfluori sulle malattie metaboliche che già a luglio scorso, secondo i rilievi del Servizio epidemiologico regionale, erano sembrate in crescita all'interno della “zona rossa”: colesterolo alto e disfunzioni della tiroide hanno segnato valori superiori anche del 30 per cento rispetto alla media.
Lo screening promosso dalla regione, che a partire da dicembre monitorerà per dieci anni la salute di 85 mila veneti dai 14 ai 65 anni, si concentrerà proprio su queste patologie. Screening su cui però non mancano i distinguo, a partire da quello di Vincenzo Cordiano, portavoce dell'associazione dei medici per l'ambiente Isde: «un controllo come quello annunciato non porterà più benefici di una campagna condotta a campione sulla popolazione – sottolinea – Quanti interventi si potrebbero fare con il miliardo e mezzo di spesa prevista?».

E a proposito di interventi, nelle prossime settimane arriverà il via libera dal Cipe agli 80 milioni di euro che a giugno il ministero per l'ambiente aveva stanziato.
Risorse che saranno utilizzate per approvvigionare le aree contaminate con acqua potabile pulita proveniente dall'Alto Vicentino e dall'alta valle dell'Agno e per iniziare la bonifica. «Occorre assolutamente sigillare i pozzi del bacino di Almisano», è la richiesta di Stefanio Fracasso, consigliere regionale del Pd ed ex sindaco di Arzignano. Una chiusura che per gli esperti potrebbe durare anche cento anni: i Pfas sono infatti assai solubili e insieme persistenti in acqua.

Nell'attesa di vedere i primi risultati del nuovo monitoraggio sugli alimenti da parte dell'Istituto superiore di sanità (partito nelle scorse settimane dalla frutta), infuria, come si diceva, la polemica sulla questione limiti.
La Miteni, azienda di Trissino a cui Cnr e Arpav imputano la responsabilità della contaminazione, ha fatto ricorso sia al capo dello stato sia al Tar de Veneto contro il decreto con cui, a luglio, il ministero ha imposto un adeguamento immediato dei valori dell'acqua di scarico industriale a quella potabile.
Una misura che ha annullato il periodo di tre anni concesso in merito dalla regione e che ha mandato su tutte le furie anche Antonio Mondardo, predidente del consorzio Arica che gestisce il “tubone” in cui le acque dei cinque depuratori della zona transitano verso il Fratta Gorzone. Nei giorni scorsi, voci provenienti da palazzo Balbi hanno però parlato di una disponibilità, proprio da parte del ministero, di rivedere la misura severa sui limiti.

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