11 febbraio, giornata del malato: «Quello speso con chi soffre è un tempo santo»

Così scrive papa Francesco nel messaggio per la 23a giornata mondiale del malato che si celebra mercoledì 11 febbraio. A partire da questo frammento, ma non solo, riportiamo alcune voci: una famiglia, un malato, un medico. Per loro, ma anche per quanti si adoperano per i fratelli sofferenti, è in programma la celebrazione eucaristica di mercoledì nella basilica di Sant'Antonio alle 16 con il vescovo Antonio.

11 febbraio, giornata del malato: «Quello speso con chi soffre è un tempo santo»

S’intitola “Sapientia cordis. Io ero gli occhi per il cieco, ero i piedi per lo zoppo” (Gb 29,15) il messaggio di papa Francesco per la 23a giornata mondiale del malato, che si celebra l’11 febbraio, memoria della Beata Vergine Maria di Lourdes.

A Padova, il momento centrale sarà la celebrazione dell’eucaristia presieduta dal vescovo Antonio Mattiazzo nella basilica del Santo alle 16. Parteciperanno gli ammalati e i loro familiari; saranno presenti anche le associazioni e i movimenti che si adoperano a favore dei fratelli sofferenti. Sul messaggio di papa Francesco – in particolare sul frammento: «Il tempo passato accanto al malato è un tempo santo» – interviene il delegato vescovile per la pastorale della salute. Seguono le testimonianze di alcune “voci”.

Don Matteo Naletto
«Il messaggio del papa per la giornata del malato 2015 è molto bello. Ci parla dell’importanza della condivisione, del tempo passato accanto a chi soffre. Addirittura lo definisce come tempo santo! È un tempo che diventa veramente maestro di vita. Una lezione che impari accanto all’anziana che ti stringe la mano prima di dormire, negli occhi incerti del medico che ha sentito il grido del malato che chiede un po’ di tregua al dolore, nell’ansia di un familiare per la salute di un proprio caro. È la bellezza e la profondità del “sentire insieme” tra chi anche nei momenti più bui non rinuncia ad alzare lo sguardo al cielo. Assistere chi sta male (esperienza questa anche faticosa come ci ricorda il papa), ti aiuta a dare un valore diverso all’esistenza quotidiana e può essere una finestra aperta sulle cose che contano davvero. È una scuola di umanità alla quale siamo tutti iscritti. Aver cura della persona malata, e della sofferenza che accompagna il suo cammino di vita, è compito di ognuno di noi. Mai dimenticare che Gesù si identifica con chi vive la notte del dolore, con chi ha la mano tremante per l’età anziana, con chi necessita di un’assistenza continua, di un aiuto per lavarsi, per vestirsi, per nutrirsi. A tal proposito, mi vengono in mente le parole di san Camillo de Lellis, patrono dei malati e degli operatori sanitari: “Per prima cosa ognuno di noi chieda al Signore la grazia di un affetto materno verso il suo prossimo. Con la grazia di Dio desideriamo servire gli infermi con quell’affetto che una madre amorevole suole avere verso il suo unico figliolo infermo”. L’occasione della giornata del malato ci ricorda nuovamente che nel momento del dolore, quando sorgono più acute le domande sul senso della propria vita e le parole umane sembrano ammutolire davanti al mistero, la parola di Gesù è una “parola di guarigione”, perché ci svela che la vita umana è degna di essere vissuta in pienezza, anche quando è fiaccata dal male, perché è misteriosamente abbracciata dalla tenerezza di un Dio che è padre della vita, che non cessa di chinarsi amorevolmente sull’umanità sofferente e lo fa, in modo del tutto speciale, in Gesù».

Voce di una famiglia
Carla da anni segue il fratello con disabilità e ultimamente anche molto ammalato. «Essere famiglia significa anche sostare, rimanere con tanta pazienza vicino a un fratello o familiare che ha bisogno di aiuto. Si alternano momenti facili a momenti di stanchezza, di fatica, ma non di disperazione. È fondamentale l’unità, sentirsi un’anima sola, consapevoli che anche chi riceve aiuto a sua volta dona aiuto. È importante ricordare (e farsi ricordare) che veramente il tempo vicino a chi ha bisogno, è prezioso, è speso bene, è tempo di grazia e di santità come ricorda il papa nel suo messaggio. In altre parole: la gratuità, la condivisione, la pazienza portata assieme, la fede declinata a più voci, sono il pane quotidiano che si spezza in quelle famiglie che vivono al loro interno l’esperienza della malattia e della fragilità».

Voce di un malato
Luciano vive l’esperienza della malattia alternando momenti di “accettabile” dolore ad altri di forti crisi. Apprezza molto quanto la comunità ecclesiale fa per lui. È importante sapere che ci sono persone che oltre ad assisterlo nel fisico, lo accompagnano anche con la preghiera e con il ricordo al Signore. Dice sempre: «Gesù non può essere lontano!». Ha capito che il Signore passa da lui con il volto del medico, dell’operatore domiciliare, dei suoi familiari, del ministro straordinario della comunione, degli amici che lo vanno a trovare. Dall’esperienza del suo dolore ha maturato una prospettiva di fede che lo porta a credere a un Dio che non è venuto nel mondo a spiegare la sofferenza ma a riempirla della sua presenza. Proprio per questo lo sente come presenza di forza e di consolazione.

Voce di un medico 
Vittorina Zagonel (oncologo). «È evidente che il medico che incontra l’uomo nel momento della malattia, potrà riconoscere il suo simile che soffre solo se la sua esperienza di vita gli avrà permesso di raggiungere la consapevolezza necessaria a sapersi calare, con tutto se stesso, nella realtà dell’altro. Prendersi cura di una persona non è solo prescrivere una terapia, ma condividere un pezzo della vita del malato. Il lavoro ci impone la permanenza in ospedale per tante ore al giorno, e per noi l’ospedale diventa a volte la prima casa. Per cui i rapporti con le persone che incontriamo in ospedale diventano relazioni umane, di amicizia e di condivisione. Per questo è importante cogliere l’opportunità di relazioni così autentiche con i pazienti e i familiari e viverle fino in fondo. Il ruolo di noi operatori a tutela della vita dei malati di tumore va pertanto oltre l’essere medico o infermiere: mi piace pensare davvero che ciascuno di noi possa essere "riserva d’amore" (Benedetto XVI giornata del malato del 2012)».

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