Don Mattia e don Giuseppe, preti in dono alle chiese del Sudamerica

Don Mattia Bezze e don Giuseppe Cavallini sono i due nuovi preti fidei donum della nostra diocesi. Il primo partirà tra un mese per l’Ecuador, il secondo a metà dicembre raggiungerà il Brasile. Venerdì ricevono la croce nella veglia d’invio.

Don Mattia e don Giuseppe, preti in dono alle chiese del Sudamerica

C’è trepidazione, c’è gioia, ma anche tanta concentrazione, per mantenere lucida la mente su ciò che li attende.
Don Mattia Bezze e don Giuseppe Cavallini venerdì ricevono il crocifisso missionario dalle mani del vescovo Claudio nella veglia dell’invio (il 20 ottobre alle 21 in Cattedrale) e vivono insieme questo passaggio del sogno che Dio ha fatto per ognuno di loro.

Percorsi diversi, parrocchie diverse, motivazioni differenti.
Eppure in queste settimane, conclusa la full immersion formativa al Cum di Verona (il centro della Cei per la preparazione dei missionari in partenza) condividono l’attesa di partire per l’America Latina, discepoli di Cristo inviati come “dono della fede” dalla chiesa di Padova.

«Ho sempre vissuto il mio essere prete e cristiano con la massima apertura nei confronti d Gesù – racconta don Mattia, fino a poche settimane fa parroco a Bronzola e Fiumicello – ed è con questo stesso spirito che ho accolto anche la richiesta di partire». 

La chiamata che lo porterà nella periferia di Guayaquil, metropoli ecuadoregna che affaccia sul Pacifico, gli ha quasi attraversato la strada per caso a giugno, durante una conversazione con il vicario generale.
È riaffiorata così quella disponibilità a partire data 15 anni fa al vescovo Antonio. E ora la missione per don Mattia si sta per compiere.
«Il mese al Cum ha lasciato il segno, nei contenuti e nelle relazioni – confida – Della chiesa equadoregna so poco, imparerò laggiù grazie a don Saverio Turato, alle elisabettine e alla famiglia che mi attendono. Ma il vescovo Hanibal Nieto Guerra, che ho incontrato qui a Padova, mi ha parlato a lungo della grande accoglienza della gente, persone e comunità dal cuore grande nonostante le situazioni difficili che spesso attraversano».

Don Mattia partirà intorno a metà novembre e dopo un mese per ambientarsi volerà a Quito per almeno due mesi.
Nella capitale studierà la lingua e la cultura, per poi entrare in servizio effettivo. «Questa partenza è per me un momento chiave, in cui chiedermi che prete e che missionario voglio essere. Ancor prima, che cristiano voglio essere. Il mese di esercizi ignaziani che ho vissuto a Como mi ha aiutato molto e in questo momento sto ricevendo tantissimo dalle persone che mi stanno intorno e dalla mia stessa chiesa».

Per don Giuseppe Cavallini, che a breve saluterà definitivamente l’unità pastorale di Arsiè, il Brasile e la diocesi di Roraima fino a Pasqua non erano certo un desiderio o una possibilità concreta.
Poi è arrivata la proposta del vescovo Claudio e la partenza, a metà dicembre, è ormai dietro l’angolo.

«Mi sento privilegiato – confessa – per la fiducia che il vescovo e la mia chiesa stanno riponendo in me. Partire è una grande opportunità di crescita umana e di fede. E poi potrò fare una grande esperienza pastorale in un contesto differente dal nostro, in una chiesa in cui i laici hanno un ruolo chiave e una vitalità che forse qui da noi non si respira. Infine non vedo l’ora di condividere tutto quanto mi sarà dato di vivere a Roraima, con la mia rete di amici qui in diocesi».

Don Giuseppe sarà se stesso anche oltreoceano. Essere missionario non presuppone un cliché a cui conformarsi.
Il suo stile, di uomo e prete, sarà lo stesso, ma con sfide diverse, «come quella di cercare continuamente l’armonia tra preti e laici, catechisti, vera spina dorsale delle comunità. A quanto capisco, ci sono equilibri da continuare a cercare, nel rispetto dei diversi ministeri».
E poi c’è la natura: «Una vera provocazione per la fede: nella foresta amazzonica, nel fiume, nella terra, si può toccare con mano la creazione di Dio».

Prima di tutto questo però ci sarà il corso di lingua e cultura a Brasilia
Poi si aprirà un anno di assestamento nell’équipe missionaria padovana, con il ricongiungimento di preti e laici che restituiranno alla comunità locale la missione di Duque de Caxias. Quindi la vera partenza.
«La natura della chiesa è missionaria – conclude don Giuseppe –Ma lo è per chi parte in missione, come per un sacerdote che fa il suo ingresso in una nuova parrocchia. L’importate è far incrociare il vangelo con la vita, in un dialogo vero e vivificante per le persone».

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