I giovani delle basi di Cona e Bagnoli in visita alle parrocchie, per cantare la pace

Una cinquantina di giovani africani giunti in Italia dopo aver attraversato il deserto e il Mediterraneo hanno dato vita al gruppo Rinascita, nell’ambito del progetto di accompagnamento spirituale che la diocesi ha creato per i richiedenti asilo.
Dopo un’estate intensa, accompagneranno le parrocchie fino alla Marcia della pace del prossimo 14 gennaio ad Agna. Ricco il calendario delle visite.

I giovani delle basi di Cona e Bagnoli in visita alle parrocchie, per cantare la pace

Con loro in parrocchia la messa è una festa dai toni e dai colori africani.
Un privilegio che due domeniche fa è toccato a Ronchi di Casalserugo e che da qui ai prossimi mesi attraverserà tutta la diocesi coinvolgendo molte parrocchie.

Il gruppo “Rinascita”, formato oggi da una cinquantina di giovani richiedenti asilo ospitati nelle basi di Conetta e Bagnoli, accompagnerà le comunità cristiane della diocesi alla Marcia della pace che in questo anno pastorale si terrà ad Agna, il prossimo 14 gennaio. Sono giovani uomini, per lo più dell’Africa sub sahariana.

E sono nati due volte. La prima in paesi poveri, spesso flagellati da pezzi di quella terza guerra mondiale di cui parla spesso papa Francesco. La seconda qui in Italia, dopo essere scampati alla furia dei flutti, spinti a emigrare dalla disperazione e dalle condizioni disumane che hanno provato in Libia.

I loro racconti spesso assumono riflessi drammatici
«Non so perché sono vivo e i miei compagni non sono qui – condivideva Abraham sette giorni fa a Ronchi – Quasi la metà del nostro gommone, circa 150 persone, è rimasta nelle acque del Mediterraneo. Dopo dieci ore in balia delle onde avevamo perso tutti la speranza. E oggi, come posso portare nel cuore odio e rancore?». 
Di qui la decisione di diventare un gruppo, di chiamarsi Rinascita e di farsi ambasciatori di pace nelle parrocchie della diocesi di Padova.

«Questo gruppo è nato nell’ambito del progetto diocesano di accompagnamento spirituale dei richiedenti asilo delle due basi – spiega padre Lorenzo Snider, missionario della Società missioni Africa che coordina il progetto – Dapprima alcuni giovani hanno accolto l’invito di condividere la parola di Dio ogni venerdì nel patronato di San Siro e nella chiesa di Conetta. Questo momento, vissuto in collaborazione con padre Celestino e fratel Alberto dei comboniani e l’infaticabile Isabel, è diventato un appuntamento importante di scambio e crescita, anche per noi animatori».

Dopo un inizio un po’ timido oggi si incontrano quasi cinquanta giovani a San Siro e una trentina a Conetta.
Da qui sono partite diverse attività, dal volontariato in parrocchia alla partecipazione ad alcune attività estive come il grest a Battaglia Terme e a Pegolotte, vari campi scuola, incontri con gruppi di giovani, come a Maserà.
Nel contempo il gruppo ha iniziato a imparare canti in italiano, francese, inglese, mettendo in comune i nostri “repertori” di ciascuno per poi accogliere l'invito dei parroci del territorio per l’animazione delle messe.

L’esordio “in casa”, nell’unità pastorale di Agna, a San Siro, e nell’up di Cona. Poi allargando il giro fino a Bagnoli, Palù, Conselve, Arre, Villanova, Bresseo, Feriole (dove sorge la comunità Sma-Nsa e, appunto, Ronchi di Casalserugo…

«Rinascita – continua padre Lorenzo – dopo le traversate del deserto e del Mediterraneo, le torture libiche e l’esperienza della morte dei compagni, è allora prima di tutto un ringraziamento a Dio per il dono della vita ritrovata. Poi è il tentativo di rispondere responsabilmente a questo dono. Ci siamo detti che avevamo il dovere di aiutare le comunità cristiane a vincere i pregiudizi e a considerare seriamente l’imprescindibile imperativo della fraternità evangelica. Questo possiamo farlo solo se ci mettiamo noi stessi nell'atteggiamento di chi riconosce i propri errori e limiti e si mette in cammino per cambiare cuore e comportamenti».

Le testimonianze e gli incontri a tu per tu con questi ragazzi dopo le messe, sono per le comunità occasioni di ascolto e di vero contatto tra persone spesso divise dai pregiudizi e dalla tentazione mediatica di enfatizzare episodi violenti o atteggiamenti negativi dei migranti.
In queste situazioni si comprende che ognuno porta una storia, dei sogni, che tutti hanno la responsabilità di essere migliori. «Non pretendiamo di cambiare il mondo o di risolvere i problemi e le tensioni sociali legate all’immigrazione – aggiunge il missionario – Vorremmo solo dare il nostro contributo, iniziando dalle comunità cristiane. Nelle nostre chiese condividiamo la magna carta del vangelo e l’eucarestia domenicale è la vera scuola di comunione!».

E poi c’è il grande tema della pace. Scontata per un’Italia che la vive da settant’anni, al punto da aumentare nel solo 2016 l’export di armi di ben l’85 per cento. Non così per questi ragazzi del sud del mondo.
«Nelle prossime uscite cercheremo di parlare anche di questo. Non per suscitare sentimenti di compassione o farci dire “poverini”, ma per aiutarci ad allargare il confine della nostra coscienza e a sentirci uniti a chi ha sofferto la guerra per innalzare un unico grido di pace».

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