Il #nataledifrontiera di un padre separato

Un matrimonio finito bruscamente, un figlia che si allontana... Per ripartire rimangono gli amici di una vita. Il clima natalizio esacerba le sofferenze delle relazioni familiari lacerate. Nel fondo dell’amarezza restano pochi, scabri puntelli: il sostegno di un’associazione, la solidarietà degli amici veri...

Il #nataledifrontiera di un padre separato

Natale è la festa più crudele.

Se la fede cristiana e la tradizione occidentale fanno di questa ricorrenza la celebrazione dell’amore universale, che ha nella famiglia il suo fulcro, per chi la famiglia l’ha vista disfarsi i giorni della celebrazione collettiva esacerbano la sofferenza.

«In questi momenti di festa – dichiara Giovanni, il padre separato che abbiamo incontrato (e di cui non riportiamo il vero nome) – è come se ci fosse un pugnale piantato qui, che gira e rigira e scava dentro...».

Eppure la storia di Giovanni, da un punto di vista affettivo, non è nemmeno delle peggiori. Ha più di cinquant’anni e fino a sei anni fa la sua vita è stata normale, almeno da come la vive nel ricordo. Grande lavoratore, conduceva un’attività in proprio e non aveva orari, è vero, né sabati né domeniche in molti casi. A casa c’era per poco tempo, ma guadagnava bene e quel poco che era in famiglia gli piaceva giocare con la figlia.

A cui non faceva mancare niente: «Da quando è nata fino a quando aveva vent’anni ho avuto un buon rapporto con lei. Io non sono stato mai un padre di quelli rigidi; tra di noi c’era confidenza, come se fossimo due amici. Forse ero troppo permissivo, è vero. Se mi diceva “Mi piace quella cosa”, gliela prendevo. Sapevo che era sbagliato, però speravo, facendo così, di coprire le mie assenze, a causa del lavoro. A mia figlia di giocattoli non gliene sono mai mancati, credo che abbia tutte le Barbie della collezione. E in seguito i vestiti...».

Poi, sei anni fa circa, tutto è precipitato, rapidamente. La storia, come la racconta Giovanni, appare davvero amara: sono cominciate le difficoltà sul lavoro, lui ha chiesto aiuto alla moglie, che possedeva anche lei delle partecipazioni nell’azienda, pur facendo la casalinga e non avendoci mai messo piede, e lei glie l’ha negato.

I rapporti si sono deteriorati in fretta, vivere insieme è diventato impossibile e lui, quattro anni fa, se n’è andato di casa.

Separazione giudiziale, e sono cominciate le cause, civili e penali. È stato costretto a ritirarsi dalla partecipazione all’impresa di cui era socio e dove ora lavora come dipendente.
Dallo stipendio gli viene trattenuto l’assegno di mantenimento di madre e figlia, che sono rimaste a vivere nella casa di famiglia, acquistata con il mutuo. Ci sono poi i debiti pregressi da pagare e altre difficoltà, per cui i soldi non bastano per sopravvivere:

«Se non avessi avuto l’aiuto dell’associazione Padri separati, che mi ha procurato l’alloggio in cui vivo e che condivido con altri genitori nelle mie condizioni, sarei costretto a dormire in auto, per strada, o all’asilo notturno...».

Ma quello che gli fa più male è l’allontanamento della figlia, che si è alleata con la mamma nel considerare il padre «un disgraziato, un delinquente, un rovinafamiglie... Tutto per interesse. Alla fine, su loro proposta, ho lasciato la mia metà della casa alla figlia, ma ancora le cose non si sono sistemate: lo scorso mese quasi tutto lo stipendio è stato pignorato... E di certo le incomprensibili lungaggini della giustizia italiana non aiutano. Ho lavorato una vita e sono rimasto senza niente. Davvero mi meritavo questo?».

Ecco: il caso di Giovanni è diverso da quello di tanti altri uomini, forse i più, che si separano con i figli ancora piccoli e devono combattere per poter continuare a essere genitori. Nonostante il conflitto con la madre, nonostante le ristrettezze economiche talvolta severe, nonostante la sofferenza che inevitabilmente infliggono ai piccoli nel rendere manifesto il fallimento dell’unione che li ha generati. Complessi accordi per dare e ricevere, soprattutto sotto le feste, un poco d’affetto, in modo da non perdere i passaggi emblematici di una relazione che, altrimenti, rischia di interrompersi irreparabilmente. Qui c’è il legame con una giovane adulta che il padre ritiene imprigionata in un cerchio d’interessi e pregiudizi a lui sfavorevoli. Una figlia che da quasi due anni non ha un vero incontro con lui: «Abbiamo un flebile legame attraverso whatsapp. Le ho insegnato a voler bene agli animali (da quattro anni non vedo più nemmeno il nostro cane e non lo voglio nemmeno vedere perché è vecchio e non vorrei gli venisse un infarto). Le mando dei piccoli video sui cani e lei mi risponde, in modo affettuoso, ma molto stringato. Spero che un giorno arrivi a giudicarmi senza condizionamenti e, se poi confermerà il suo giudizio, allora accetterò che vada per la sua strada».

Come passerà il Natale quest’anno il signor Giovanni? In casa di amici, persone che hanno una famiglia, un compagno e dei figli.
«Gli amici sono l’unica risorsa che mi consente di sopravvivere», ammette. Gli amici dell’associazione, che continua a vedere, negli incontri di auto-aiuto. Gli amici di sempre, che frequenta da quarant’anni, che ancora incontra e che l’hanno aiutato, anche economicamente, quando ce n’è stato bisogno, senza chiedere niente in cambio.

Questa solidarietà al maschile, questa coesione di genere che prima era una risorsa tipicamente femminile, ora si sta rivelando vitale anche per i padri.

Che cosa vorrebbe trovare Giovanni sotto l’albero? Cosa si augura per i nuovi anni che verranno? La sua fede, faticosa, piena d’interrogativi, incrinata da un destino che egli ritiene essere stato ingiusto nei suoi confronti, che l’ha privato di tutto, e talvolta anche da testimonianze di religiosità superficiale e incoerente, non lascia spazio a eccessive speranze. C’è la volontà di resettare il passato e di ripartire, con l’augurio che riesca a salvare quello di buono che pur doveva esserci.

C’è l’amicizia, quella sperimentata con i fatti. C’è il desiderio di vincere la diffidenza verso le relazioni umane, la “pelle spessa” che gli ha fatto passare la voglia di mettersi in gioco. Le luci pur dolorose delle feste non sciolgono certo la brina, ma un po’ forse, chissà, aiutano.

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