Oggi a Cittadella due nuovi candidati al diaconato permanente

Festa a Cittadella, questo sabato, per le domande di ammissione tra i candidati al diaconato permanente di Giorgio Berton e Stefano Ventura. Celebrazione eucaristica alle 18.30 in Duomo, con il vescovo Claudio, e poi la festa continua a Santa Maria.

Oggi a Cittadella due nuovi candidati al diaconato permanente

Vivono entrambi a Cittadella e – insieme – presentano la domanda di ammissione tra i candidati al diaconato permanente. Giorgio Berton e Pietro Ventura lo fanno questo sabato, 10 giugno: alle 18.30, nel Duomo di Cittadella, il vescovo Claudio celebra l’eucaristia con il rito di ammissione; la festa, con le rispettive famiglie, parrocchie e la comunità diocesana dei diaconi permanenti, poi continua nella palestra di Santa Maria di Cittadella.

«Sono nato e cresciuto a Cittadella – racconta Giorgio Berton, classe 1963 – Insieme alla mia famiglia, mia moglie Francesca e i miei figli Francesco a Annalisa, vivo nel territorio della parrocchia di Santa Maria. Ho sempre collaborato alla vita della comunità parrocchiale: al momento sono vicepresidente del consiglio pastorale. Con mia moglie, poi, siamo stati catechisti dei ragazzi delle medie e ora siamo coinvolti come accompagnatori degli adulti nel cammino di iniziazione cristiana. Lavoro all’ospedale di Cittadella come tecnico della prevenzione».

La proposta di intraprendere il cammino del diaconato, Giorgio l’ha ricevuta per la prima volta una quindicina di anni fa «ma i figli erano ancora piccoli e con mia moglie non ce la siamo sentita». Il desiderio, però, Giorgio ha continuato a coltivarlo nell’esperienza parrocchiale e in quella spirituale del centro Charles de Foucauld di Cittadella, fondato da don Ernesto Martignon «che è stato mio insegnante di religione alle superiori. Proprio al centro, poi, ho conosciuto mia moglie».

E così... è giunta una nuova proposta da parte di don Giuseppe Campagnaro, cappellano dell’ospedale di Cittadella, dove Giorgio presta servizio come ministro straordinario della comunione. «Pensando alla mia vita, ringrazio il Signore per tutti i doni che mi ha mandato come segno del suo amore, soprattutto per il dono della fede trasmessomi attraverso i miei genitori. Lo ringrazio per tutte le persone che mi ha fatto incontrare... Intraprendendo il cammino di formazione al diaconato permanente penso di poter accrescere la mia fede in Gesù e aumentare la mia vicinanza al Signore. Così da contribuire, con la mia piccolezza e il suo grande aiuto, in modo più qualificato alla diffusione del suo regno nelle nostre comunità parrocchiali».

Pietro Ventura, classe 1966, a Cittadella ci è arrivato per amore. «Sono nato e cresciuto a Mondavio, un paesino della provincia di Pesaro Urbino. Fin da piccolo sono stato educato a una fede fatta di cose semplici, in una piccola comunità dove la religione era molto importante.

Ho respirato una fede che a volte aveva il profumo inebriante dell’incenso, ma che a volte forse si discostava dalla gente. Sin da giovane mi sono impegnato in parrocchia e, grazie a esperienze con il centro missionario e i campi di lavoro, ho conosciuto meglio Gesù e sono riuscito a sentirlo parte della mia vita. Nonostante lo slancio missionario, forse anche perché avevo in mente e nel cuore la sofferenza della mia gente, ho sempre pensato che non occorreva andare lontano in missione per cercare la povertà, per trovare gli ultimi, per alleggerire le sofferenze di chi soffre».

Dopo gli studi di giurisprudenza, a 27 anni Pietro vive l’esperienza dal servizio civile a Vicenza, in una casa famiglia della comunità Papa Giovanni XXIII. «Sono stati anni importanti dove ho approfondito una fede più matura. E... ho anche conosciuto mia moglie Laura, che ho sposato a Cittadella nel 1996. Insieme abbiamo compiuto il discernimento per diventare membri della comunità Papa Giovanni XXIII e abbiamo scelto di vivere questa vocazione: seguire Gesù povero e servo e condividere la vita degli ultimi, con uno stile di vita povero, nella preghiera, nella fraternità. Abbiamo due figli naturali, Francesco e Filippo, e due figli rigenerati nell’amore: Marco (con noi da vent’anni) e Alessia (da cinque). La comunità è anche il mio luogo di lavoro da 22 anni».

Fin dai primi anni di matrimonio, Pietro e Laura hanno più volte parlato di diaconato permanente. «Ci siamo confrontati con don Oreste Benzi e poi con il responsabile generale Giovanni Ramonda. Solo negli ultimi anni abbiamo avuto più chiarezza e mi sento con serenità e consapevolezza di affermare di sentirmi chiamato a vivere questo ministero anche per dare più significato al mio servizio con gli ultimi e vincere il rischio di essere un semplice “impiegato della carità”, vale a dire uno che lavora nel sociale, senza immergersi completamente in Cristo, senza essere innamorato di lui. Solo se siamo innamorati di lui allora l’amore verso i più deboli e gli ultimi non è solo un sentimento ma diventa una scelta».

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