Settimana sociale a Cagliari: al centro della riflessione il lavoro del futuro

Dal 26 al 29 ottobre, saranno oltre mille i delegati da più di 200 diocesi italiani a partecipare alla Settimana sociale dei cattolici italiani che porta il titolo "Il lavoro che vogliamo: libero, creativo, partecipativo e solidale". A luglio, a Lamezia terme, si è svolto il seminario estivo per i direttori di pastorale sociale: ecco i validi contenuti emersi.

Settimana sociale a Cagliari: al centro della riflessione il lavoro del futuro

“Il lavoro che vogliamo: libero, creativo, partecipativo e solidale”. È questo l’argomento al centro della prossima Settimana Sociale dei cattolici italiani: oltre mille delegati da più di duecento diocesi italiane si troveranno a Cagliari dal 26 al 29 ottobre per un appuntamento che dal 1907, su intuizione del beato Giuseppe Toniolo, continua a rappresentare un momento centrale di proposta e di pungolo da parte dei cattolici nell’agone sociale, politico ed economico.

A Cagliari si parlerà di lavoro: del lavoro che manca e del lavoro che si inventa grazie alla creatività; dal lavoro come spazio di oppressione al lavoro come occasione di emancipazione. Lo si farà a partire dalle storie, dalle cosiddette buone pratiche, che nei fatti raccontano il lavoro reale. Ma di quale lavoro parlare, oggi, nel 2017, con una prospettiva ben più in là nel tempo? Le macchine, i processi di automazione e le intelligenze artificiali non solo stanno imparando i lavori manuali, ma si accingono sempre più a farsi spazio in professioni “qualificate”, mettendo a rischio il posto di migliaia di colletti bianchi.

Allo stesso tempo, però, la tecnologia può creare anche nuovi posti di lavoro e nuovi lavori tout court: si stima che ben più della metà degli scolari che oggi siedono tra i banchi delle elementari quando entrerà nel mercato del lavoro avrà un impiego che non solo oggi non esiste, ma che non possiamo ancora contemplare. Un cambiamento così radicale, che non si registrava dalle rivoluzioni industriali, con lo svuotamento delle campagne a vantaggio delle fabbriche cittadine, mette in discussione l’uomo e la società in cui vive.

In preparazione alla Settimana Sociale di Cagliari, dal 18 al 22 luglio, si è tenuto a Lamezia Terme (Cosenza) il terzo seminario estivo per direttori di pastorale sociale. Come titolo è stato scelto l’assai evocativo “La forza della comunità nel tempo del postumano”. «È un tema che indica la portata epocale di questo cambiamento – racconta il direttore dell’ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro mons. Fabiano Longonil’industria 4.0 e la robotizzazione ci porteranno a una trasformazione alla quale dovremo guardare senza preconcetti. Dal seminario estivo di Lamezia, e dalla Settimana Sociale che vivremo a Cagliari come chiesa italiana, è un’unica grande risposta: la forza della comunità può accompagnare questa transizione, corrispondendo in modo intelligente, portando le persone a unirsi tra di loro facendo leva sui valori tipici dell’umanità: l’integrazione e la relazione con logiche evolutive ed etiche».

Il lavoratore nella condizione postumana deve dunque tornare a fare squadra: «Nel valutare come lo sviluppo tecnologico influisca nel nostro concepire l’umanità – aggiunge padre Giacomo Costa, direttore di Aggiornamenti socialinon può non essere presa in considerazione la dimensione strutturalmente razionale dell’uomo e del suo vivere nella comunità. Toccando con mano situazioni in cui le comunità creano occasioni di lavoro, specie grazie alla forza di chi viene originariamente scartato e messo ai margini, possiamo trovare un nuovo senso del lavoro nel mondo postumano».

E dunque cooperative e fondazioni di comunità, nuovi modi creativi di proporre aggregazione e organizzazioni, potranno entrare sempre di più nella nostra esperienza quotidiana. «A volte – prosegue don Marco Cagol, vicario episcopale per le relazioni con il territorio della diocesi di Padova – basta una minoranza relativa in un singolo territorio per moltiplicare le forze e trainare chi non è motivato. L’importante è che le nostre comunità non si chiudano nel localismo, ma si aprano al confronto prendendosi a cuore anche la salute delle comunità vicine».

«La tecnologia non è neutrale – osserva padre Paolo Benanti, docente di teologia morale alla Pontifica università Gregoriana – può essere una grande alleata o una grande nemica dell’umanità. Cinquant’anni fa l’uomo ha rischiato di venire spazzato via dal pianeta Terra dalla bomba atomica. Non ci basterà programmare i robot e le intelligenze artificiali, dovremo far loro capire che siamo esistenze fragili, emotive e non razionali, e dovremo far sì che seguano i nostri obiettivi adattandosi alla nostra mente: per esempio, un’auto che si guida da sola dovrà per forza muoversi senza spaventarci».

Al seminario di Lamezia è intervenuto anche Marco Bentivogli, segretario generale dei metalmeccanici della Fim Cisl. Di fronte al futuro Bentivogli non nasconde un suo cauto ottimismo: «La tecnofobia va di moda, ma la prossima rivoluzione industriale è una grande occasione per umanizzare il lavoro, se sapremo mettere al centro della tecnologia la centralità della persona. Ci potranno essere nuovi spazi di libertà, ma servono capacità per progettare la nuova architettura industriale: abbiamo di fronte un foglio bianco. Per molti la tecnologia ci fa pensare alla possibilità di liberarci dal lavoro. La nostra battaglia, invece, è che grazie all’innovazione le persone possano liberarsi nel lavoro: come ha ricordato papa Francesco, bisogna far sì che ogni persona fiorisca nel lavoro e che il lavoro sia alla portata di tutti».

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