Basilica del Santo. Un congedo di Cristo ancora pieno di misteri

Interessante restauro di un affresco trecentesco. L’episodio del commiato di Gesù da Maria è raffigurato raramente nel Medioevo e alcuni elementi dell’opera, dal testo iscritto sullo sfondo alla cornice, fino ai committenti, attendono una più approfondita indagine.

Basilica del Santo. Un congedo di Cristo ancora pieno di misteri

È ancora pieno di misteri l’affresco trecentesco della cappella della Madonna mora della basilica del Santo, di cui è stato presentato il restauro nell’ultimo scorcio del 2017. Un importante e inaspettato recupero di un’opera resa illeggibile dal tempo e riferibile al nucleo più antico della basilica del Santo. Come è noto, la cappella corrisponde al sito in cui si ergeva, in origine, la piccola chiesa di Santa Maria Mater Domini dove, per espresso desiderio di Antonio, fu sepolto subito dopo la morte il corpo del santo.

La cappella è quindi il nucleo più antico della basilica, il cui aspetto duecentesco è a tutt’oggi sconosciuto.

«Ogni testimonianza artistica o documentale che riguarda questa cappella – ha sottolineato Giovanna Baldissin Molli, del collegio di presidenza dell’Arca e docente al dipartimento dei beni culturali dell’università di Padova – offre perciò preziosi elementi per ripercorrere la storia delle diverse fasi costruttive dell’edificio. Il rinvenimento di un fondo di architettura e un’interessante iscrizione sono gli “indizi” per avviare l’indagine sulla paternità del dipinto e studiare le diverse fasi costruttive della fabrica, il cantiere, del Santo».

Il restauro, promosso dalla Veneranda Arca del Santo di cui è presidente capo Emanuele Tessari, è stato eseguito da Valentina Piovan e seguito per la direzione scientifica da Monica Pregnolato della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per l’area metropolitana di Venezia e le province di Belluno, Padova e Treviso. Il progetto dell’Arca è stato finanziato dal Lions club di Camposampiero presieduto da Giuseppe Vecchiato.

L’intervento, durato un paio di mesi, ha riguardato la pulitura e il consolidamento della superficie pittorica.

L’affresco, riferibile al “secolo d’oro” dell’affresco padovano per cui la città ha chiesto l’iscrizione alla lista dei patrimoni dell’umanità Unesco, è di dimensioni importanti e il suo recupero è di notevole interesse sotto il profilo storico-artistico, perché rivela un particolare momento della vita del santuario antoniano, che è stato nel corso dei secoli, e lo è tuttora, un organismo vivo e in continuo cambiamento.

Lo stato di conservazione era tale da comprometterne la leggibilità al punto d’aver qualche dubbio persino sul soggetto rappresentato. Il fondo era scuro e quasi indifferenziato.
Molto scarsa anche la letteratura che lo riguarda: ne hanno parlato Faustino Ossanna e Claudio Bellinati in un libro del Messaggero del 1995 relativo a diverse rappresentazioni della Vergine nella basilica.
Secondo i due autori la scena raffigurava Cristo risorto che appare alla madre, sullo sfondo delle mura di Gerusalemme, e poteva cautamente essere ricondotta alla mano di Giusto de’ Menabuoi, attivo nella cappella adiacente del Beato Luca Belludi.

Il restauro ha fatto riaffiorare alcuni elementi che paiono confutare questa tesi. Le mani di Cristo non presentano la ferita dei chiodi e dunque si può ipotizzare che sia narrato il racconto dei vangeli apocrifi del congedo di Cristo dalla Madre, prima della Passione. Questo tema iconografico è noto nella storiografia artistica soprattutto a partire dal Cinquecento: gli esempi più famosi sono di Dürer, Correggio e Lorenzo Lotto.

L’affresco appena restaurato, privo per il momento di una paternità definita, è perciò di estremo interesse, perché tale soggetto, nel Trecento, risulta una rarità. È probabile che anche la scritta recuperata, affrescata a lato della figura di Gesù e prima mai letta compiutamente, possa ricondurre gli studiosi, ora che può essere correttamente interpretato il senso generale dell’opera, a un testo noto, al momento non ancora individuato.

Quanto allo sfondo architettonico, emerso con colori chiari e una definizione inaspettata, l’idea è che si volesse alludere a Padova stessa, più che a Gerusalemme. Si potrebbe perfino ipotizzare un riferimento al cosiddetto “traghetto”, il camminamento murato che univa la reggia carrarese al castello della città.

Nell’affresco sono presenti, al centro in basso, due anziani devoti, inginocchiati: a sinistra un uomo, a destra una donna. Anche su questi due personaggi per ora resta il mistero: la moda delle vesti era diffusa fra Trecento e primo Quattrocento.
È curiosa la somiglianza tra i due. Anche la cornice dipinta, che ha riferimenti in altre cornici trecentesche ritrovate in punti diversi del Santo, dovrà essere studiata per definire in modo più preciso cronologia e paternità delle diverse pitture trecentesche della basilica.

L’attuale presidenza continua, come i collegi di presidenza dell’Arca che si sono succeduti, ad attuare il progetto di restauro degli affreschi del Santo con particolare attenzione alle immagini mariane, come desiderava il precedente rettore del Santo, padre Enzo Poiana scomparso. Perciò è stato proposto al Lions Club di Camposampiero, territorio storicamente e spiritualmente legato a sant’Antonio, di sostenere l’intervento su questo affresco; invito accolto volentieri.

Nella cappella rimane qualche altro riquadro da restaurare, tra cui una Madonna in trono, analogamente di esecuzione trecentesca, che dai primi riscontri sembra ugualmente interessante. La Veneranda Arca di sant’Antonio, l’ente che dal 1396 formalmente si prende cura della manutenzione del Santo attraverso progetti di restauro, tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e artistico della basilica, si augura dunque che sia possibile avviare presto un nuovo cantiere nella cappella della Madonna mora.

Drammatico commiato

commiato

l Commiato di Cristo dalla Madre non è un episodio narrato dai vangeli canonici, ma tramandato dalla trattatistica medievale e raramente rappresentato nell’iconografia sacra. Vi si descrive il drammatico momento della separazione del Salvatore dalla Madonna quando si avvicina il tempo della passione: poco prima delle Palme, secondo la tradizione, Gesù sarebbe andato da Maria a Nazareth o Betania per annunciarle il viaggio a Gerusalemme dove l’attende la croce.

La scena è stata rappresentata da artisti quali Lorenzo Lotto (nella foto), Correggio, Albrecht Altdorfer e Giovanni Lanfranco evidenziando gli elementi patetici dell’episodio: la Vergine appare priva di sensi tra le braccia di Maria Maddalena e Giovanni; Cristo è genuflesso, in atteggiamento mite e addolorato.

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