Francesco Zabarella: il cardinale padovano si prodigò per ricucire la chiesa lacerata

Il card. Francesco Zabarella nacque a Piove di Sacco il 10 agosto 1360. Fine giurista fu anche per breve tempo vescovo di Firenze. Fu inviato da papa Giovanni XXII come legato pontificio alla corte di Sigismondo per la convocazione del concilio di Costanza del 1417 per l'unità della chiesa. Zabarella è sepolto in cattedrale a Padova.

Francesco Zabarella: il cardinale padovano si prodigò per ricucire la chiesa lacerata

Sei secoli fa, l’11 novembre 1417, con l’elezione al papato di Oddo Colonna, che prese il nome di Martino V, si pose fine al doloroso scisma d’Occidente che dal 1378 stava travagliando la chiesa e che aveva visto due, perfino tre papi accedere contemporaneamente al soglio pontificio, sostenuti dall’uno o dall’altro gruppo di nazioni.

Per giungere all’elezione di un unico papa, nell’ambito del concilio di Costanza, si era a lungo prodigato un padovano, il cardinale Francesco Zabarella, che avrebbe forse potuto ambire a diventare quel papa ma che morì però a 57 anni il 26 settembre, pochi giorni prima di veder realizzato il suo progetto.

Francesco era nato il 10 agosto 1360 a Piove di Sacco e apparteneva a una delle più nobili famiglie cittadine. Il 27 maggio 1382 aveva ottenuto a Bologna la licenza in diritto canonico e due anni dopo a Firenze la laurea in utroque iure. Qui aveva iniziato a insegnare e stretto amicizia con gli umanisti del cenacolo fiorentino, in particolare Coluccio Salutati, che stavano aprendo la strada al recupero dei classici, come già a Padova aveva fatto il Petrarca e Albertino Mussato.

A Firenze iniziò anche la sua carriera ecclesiastica, diventando canonico metropolitano e vicario generale. Nel 1391 tornò a Padova tenendo l’insegnamento dei Decretali fino al 1410, quando fu nominato arcivescovo di Firenze e quindi il 6 giugno 1411 cardinale. A Padova strinse proficua amicizia con un promettente allievo, Pier Paolo Vergerio il Vecchio, insieme al quale scrisse De arte metrica, e a cui dedicò il suo Tractatus de felicitate, concepito a Praglia nel 1400. La sua sensibilità giuridica si manifestò anche affrontando il tema delle usure, condannate ma con attenzione ai risvolti concreti e umani, che lo inducono a maggiore sottigliezza nell’indagine e flessibilità nelle soluzioni. Fino alla loro caduta, in quel fatidico anno 1405, lo Zabarella, divenuto arciprete della Cattedrale nel 1397, non disdegnò incarichi prestigiosi alla corte dei Carraresi: celebrò il ricordo di Francesco il Vecchio, morto a Monza prigioniero dei Visconti nel 1393; le nozze di Gigliola da Carrara col marchese Nicolò III d’Este nel 1397 e di Belfiore dei Varano da Camerino con Jacopo secondogenito del Novello del 1403. Nel 1398 fu a Roma in missione per conto di Francesco Novello da Carrara, e nel 1404 fu anche a Parigi in missione presso re Carlo VI per chiedere sostegno contro le mire espansionistiche di Venezia. Ma ciò non gli impedì, il 3 gennaio 1406, di far parte dell’ambasceria padovana che sancì la sottomissione della città alla Serenissima.

Nel 1409 il Capitolo della Cattedrale lo elesse al seggio episcopale padovano, ma non giunse la conferma pontificia. Fu invece per breve tempo vescovo di Firenze, per quanto non abbia forse neppure conseguito l’ordine episcopale. Nominato cardinale, papa Giovanni XXII lo inviò come legato alla corte di Sigismondo di Lussemburgo, re dei Romani, per convocare un concilio generale che si aprì a Costanza, in Germania meridionale, il 5 novembre 1414 e che l’anno dopo deporrà il papa. Concilio in cui il padovano ebbe parte importante, sia nella preparazione che nell’avvio dei lavori, volti a ribadire l’unità della chiesa.

A questo obiettivo è dedicata un’opera controversa, che Francesco Zabarella rielaborò più volte dal 1402 in poi, il De eius temporis schismate tractatus. Un saggio che non può essere semplicisticamente definita conciliarista, anche se riconosce la superiorità del concilio in caso di conflitto tra due papi. Il cardinale è sepolto nel solenne monumento erettogli nel Seicento in cattedrale.

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