Il dono dell'orafo Giampaolo Babetto al museo diocesano di Padova

L’orafo padovano Giampaolo Babetto ha donato al museo gli studi e i bozzetti di una medaglia ispirata alla scultura del Servi. L’omaggio si inserisce in pieno nel percorso espressivo dedicato al corpo, nell’arte contemporanea (ottobre 2017), nell’illustrazione (gennaio 2018) e nelle antiche terrecotte, tra cui la Deposizione distrutta dalle bombe a San Benedetto.

Il dono dell'orafo Giampaolo Babetto al museo diocesano di Padova

In occasione del 17° compleanno del museo diocesano, caduto il 22 marzo, l’artista e orafo padovano Giampaolo Babetto, ha donato all’istituzione padovana gli studi e i bozzetti per la realizzazione di una medaglia celebrativa in onore del crocifisso ligneo della chiesa dei Servi in Padova, a ricordo della sua attribuzione a Donatello.

Si tratta di disegni e di alcune prove in oro e argento, eseguite nel 2015 durante l’esposizione del crocifisso al museo per la mostra “Donatello svelato. Capolavori a confronto”.

«La donazione – commenta Andrea Nante, direttore del museo diocesano – si inserisce in un rapporto di amicizia e stima che negli ultimi anni si è andato via via consolidando, tra l’artista padovano e il museo. Nel 2013 Babetto, in concomitanza con la mostra “L’uomo della croce. L’immagine scolpita prima e dopo Donatello”, aveva allestito una sua esposizione personale dal titolo “Ispirazioni”, al termine della quale aveva donato al museo la sua opera Albero della vita e i relativi studi grafici».Babetto, che ha di recente realizzato la croce pettorale e l’anello episcopale di mons. Renato Marangoni, era rimasto molto colpito dal crocifisso di Donatello. Come è nel suo stile – commenta ancora Nante – ha lavorato di sintesi, di sottrazione su un simbolo che ha una storia millenaria. Il suo approccio stilistico è quello di un geometrismo rigoroso ma, nel caso del crocifisso di Donatello, come con le opere di Pontormo, un altro artista su cui ha lavorato, ha dimostrato di saper cogliere gli elementi essenziali dell’opera, rapportandosi all’oggetto antico con la sua capacità di sintesi e di essenzialità. In questo caso vediamo come le linee incise nella medaglia mettano l’uomo della croce al centro di un geometrismo che ricorda l’uomo di Vitruvio di Leonardo. Cristo è l’uomo perfetto anche in croce; la qualità della sua materia, l’oro, ma anche la postura del corpo rievocano già un uomo risorto. Nel bozzetto vedi un Cristo che, pur sofferente, è già triumphans».«Cogliamo l’occasione – aggiunge il direttore – per esprimere di cuore il nostro grazie a Giampaolo. Ci auguriamo di poter degnamente esporre al pubblico queste opere in un prossimo futuro, nel nostro percorso museale».

Anche perché il lavoro dell’esponente di spicco di quel ristretto ma qualificato gruppo di orafi padovani che sono ormai riconoscibili come una vera e propria scuola stilistica, nata all’ombra del Selvatico, si inserisce armonicamente nei programmi futuri del museo, che sta lavorando sull’idea di “corpo” a partire dal tema della prossima edizione della rassegna internazionale dell’illustrazione “I colori del sacro” che nella sua consueta scadenza biennale aprirà a gennaio 2018.

«Nei prossimi tre anni – anticipa il direttore – lavoreremo a più livelli su questa tematica così affascinante, attraversando linguaggi diversi, compreso quello della contemporaneità. A partire già dal prossimo autunno, quando abbiamo in progetto una mostra d’arte contemporanea che porti gli artisti d’oggi a riflettere e ad esprimersi sul corpo come fragilità. Vogliamo occuparci, attraverso i linguaggi dell’attualità, della vulnerabilità dell’uomo nelle sue istanze moderne, della precarietà, dell’instabilità psicologica, morale e anche fisica, fragilità che diventa paradossalmente culto del corpo».

Nel 2019 il programma continuerà con il progetto “Mi sta a cuore” che porrà l’attenzione della comunità diocesana sul recupero di alcune sculture in terracotta presenti nelle nostre chiese e di una in particolare conservata in museo diocesano: si tratta di un gruppo scultoreo, una Deposizione, appartenente alla parrocchia di San Benedetto, che le bombe alleate ridussero in frantumi. «Ci piacerebbe che questa statua in frantumi diventasse l’icona della fragilità, lanciando la sfida del suo recupero».

La terracotta è la materia che più si presta ad esprimere il concetto che il museo sta portando avanti: la terra è il materiale più umile, ma è anche quello che rappresenta l’umanità visto che l’uomo, secondo la Genesi, è stato creato dall’argilla. È una materia povera, eppure di grande duttilità.

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