In viaggio verso Mercurio, nel nome di Bepi Colombo

La sonda della missione euro-giapponese, intitolata all’indimenticabile scienziato padovano, partirà l’anno prossimo e giungerà a destinazione nel 2015. Molti i misteri da svelare riguardo alla storia, alla morfologia interna ed esterna, il campo magnetico di quello che è considerato il pianeta degli estremi per eccellenza, il più vicino al Sole.

In viaggio verso Mercurio, nel nome di Bepi Colombo

Padova va su Mercurio.
A cominciare dal nome, quello della sonda che in ottobre dell’anno prossimo, dopo una lunga serie di contrattempi dovuti, per ultimo, ad alcuni problemi ai motori elettrici del modulo di trasporto, è previsto decolli a bordo di un vettore Ariane 5 dalla base di lancio dell’Esa di Kourou, nella Guiana Francese.

La missione spaziale si chiama infatti BepiColombo, dal nome del celebre scienziato padovano morto prematuramente nel 1984, che aveva contribuito con i suoi studi e le sue idee alla conoscenza del pianeta più vicino al Sole (e a tutt’oggi ancora il più misterioso).

La missione è stata progettata dall’Agenzia spaziale europea Esa e dall’Agenzia spaziale giapponese Jaxa ed è previsto raggiunga Mercurio nel dicembre del 2025, dopo più di sette atti di viaggio, effettuati sfruttando per ben nove volte il famoso “effetto fionda” o flyby, l’effetto gravitazionale che Colombo utilizzò con particolare genialità alla Nasa per rendere più efficace la traiettoria della sonda Mariner 10, in origine destinata a esplorare Venere, consentendole di passare per ben tre volte nelle vicinanze di Mercurio.

«L’intitolazione della missione a Giuseppe Colombo – sottolinea Stefano Debei direttore del Cisas Colombo, docente di misure meccaniche e termiche e di robotica spaziale all’università di Padova e technical manager dell’esperimento integrato Simbios-sys per la missione BepiColombo – è un giusto riconoscimento al pioniere padovano e anche al contributo che Padova sta dando al progetto».

L’astronave puntata su Mercurio si compone di tre parti: il modulo di trasferimento (Mtm) che conterrà e che immetterà in due orbite distinte due satelliti scientifici, il Mercury planetary orbiter (Mpo), europeo, destinato all’osservazione della superficie e della composizione interna del pianeta, e il Mercury magnetospheric orbiter, giapponese, in cui saranno collocati gli strumenti destinati allo studio della magnetosfera mercuriana.
«Le sonde – spiega ancora Debei – resteranno sei mesi attorno a Mercurio in un assetto orbitale che consentirà osservazioni che il recente Messanger della Nasa, precipitato sulla superficie del pianeta nell’aprile 2015, non ha potuto effettuare e cercando di risolvere anche i misteri che quelle stesse rilevazioni hanno posto. L’osservatore americano ha rilevato la presenza sulla superficie di Mercurio di una grande quantità di elementi volatili, che evaporano a temperature elevate, come potassio, zolfo, sodio, cloro, su cui gli scienziati avanzano varie ipotesi, tra cui quella che siano all’origine di alcune strane macchie luminose rilevate sulla superficie. Alcuni dati poi fanno ipotizzate che nelle regioni polari, sul lato mai toccato dai raggi solari, esista dell’acqua ghiacciata, analogamente che sulla Luna».
La missione nippo-europea è stata progettata, quindi, sorvolando Mercurio per l’equivalente di molti anni mercuriani, per studiare la composizione, la geofisica, la debole atmosfera e la geosfera del pianeta, e la loro storia. Si offrirà l’opportunità di capire dettagliatamente l’origine e l’evoluzione di questo corpo celeste che è andato a collocarsi così vicino alla sua stella, studiandone la forma, la struttura interna, la geologia, i crateri.
Un altro campo di studio importante sarà quello della magnetosfera per comprendere l’origine di un campo magnetico cento volte più debole di quello terrestre e assai anomalo.

Infine saranno effettuati esperimenti di conferma della teoria della relatività generale di Albert Einstein misurando con grande accuratezza il campo gravitazionale.

La teoria di Newton sulla gravitazione universale infatti non era in grado di spiegare il moto di questo piccolo pianeta attorno al Sole per circa 43 secondi d’arco, considerando anche l’influenza degli altri pianeti Si giunse perfino a ipotizzare l’esistenza di un altro pianeta tra Mercurio e il Sole. Gli diedero anche un nome, Vulcano, ma non si riuscì a scoprirlo, per cui cominciarono a serpeggiare i primi dubbi sulla teoria newtoniana.
Ma solo cent’anni fa Einstein riuscì a predire con estrema precisione l’avanzamento del moto del perielio di Mercurio di 42.9 secondi d’arco per secolo, introducendo la curvatura dello spazio-tempo. Per questo la missione BepiColombo effettuerà misurazioni accurate del campo gravitazionale per valutare la distribuzione della massa interna e studiarne gli effetti relativistici.

Mercurio è definito il pianeta degli estremi per eccellenza, in quanto si tratta del pianeta con l’orbita più eccentrica, ed è l’unico, come scoperto da Colombo, a essere in risonanza spin-orbita: compie cioè esattamente due rivoluzioni attorno al Sole ogni tre rotazioni attorno al proprio asse. Inoltre è il pianeta del sistema solare che ha la più elevata densità e la più elevata escursione termica tra l’emisfero rivolto verso il sole e quello opposto, raggiungendo i 400 gradi di giorno e i meno 173 nel corso della lunga notte.

«Sono tutte condizioni – sottolinea Debei – che metteranno in situazioni critiche gli strumenti che collocheremo sulla sonda e che sono stati testati in ambienti termici molto aggressivi per valutare la tenuta delle parti strutturali, ottiche e i rilevatori, studiando tecniche di schermatura passiva per far entrare solo il segnale desiderato. L’apporto degli scienziati referenti del progetto sarà poi anche importante per l’attività di supporto alle osservazioni perché molto spesso succede, come è accaduto con Rosetta, che occorre una tempestiva verifica di quanto sta accadendo confrontando le prestazioni verificate con quelle normali».
Il Mpo contiene 11 strumenti tra cui due camere per immagini ad alta risoluzione e una serie di spettrometri per rilevare la composizione della superficie, cercando acqua ghiacciata, e l’esosfera. Un altimetro laser misurerà anche la morfologia della superficie.

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