Tra bellezza e libertà: l’“impatto” dell’arte a scuola

Arte in dialogo. Cosa trasmettono Bach e Caravaggio ai nostri ragazzi? La riflessione di Marco Molin, docente di materie letterarie e studente dell'Istituto superiore di scienze religiose di Padova.

Tra bellezza e libertà: l’“impatto” dell’arte a scuola

«La bellezza salverà il mondo». È una delle frasi più famose e più controverse che il grande letterato russo Fëdor Dostoevskij fa pronunciare al principe Myskin nel suo romanzo L’idiota. Quale bellezza potrà salvare il mondo? I canoni di una bellezza legata profondamente ai tradizionali concetti di buono e di armonico, sono ancora compresi ai nostri giorni da parte di chi assapora un’opera d’arte, oppure sono nozioni ormai distanti? Sono partito da questi interrogativi per fare una riflessione con i miei studenti, ma è bastato che nei giorni scorsi il cantante Jovanotti dicesse che «non la bellezza, ma la libertà salverà il mondo» per far emergere nei ragazzi, e anche in alcuni colleghi, le contraddizioni tipiche del periodo in cui viviamo, in modo particolare il concetto di libertà inteso come fare sempre e incondizionatamente quello che si vuole.

Grazie però a questa provocazione esterna e non prevista, una riflessione che doveva essere soltanto di una classe è diventata invece un’importante occasione di approfondimento che ha unito più discipline all’interno dello stesso istituto, sull’utilizzo dell’arte nelle nostre scuole, ma più in generale nelle nostre chiese e nella nostra società nella quale, ovunque guardiamo, assaporiamo frammenti di bellezza.

Per i miei alunni inizialmente arte e libertà sembravano due concetti assai distanti: il primo (arte) più noioso e anacronistico, il secondo (libertà) più vivace e moderno. In realtà però la riflessione ci ha portato a conclusioni molto legate.

Quale uomo è più libero dell’artista che nella letteratura, nella scultura, in un dipinto o nella musica esprime i propri sentimenti senza essere dipendente da alcun vincolo? E se anche legato a una committenza, seguendo un tema guida dato, il modo con il quale ha sviluppato la sua opera è stato e sempre sarà personale e libero. Nelle nostre scuole, spesso sommerse da una burocrazia di stampo ottocentesco e da programmi a volte incomprensibili, siamo in grado di insegnare ai ragazzi l’amore per l’arte e conseguentemente l’amore per il bello e per la libertà? Credo fermamente che si debba puntare a un legame sempre più forte tra le varie discipline umanistiche, la storia dell’arte, l’insegnamento della religione cattolica o della sua disciplina alternativa, per far respirare ai ragazzi questo amore per la bellezza e per la libertà che non potrà mai essere racchiuso in un insieme di nozioni, ma deve necessariamente passare attraverso l’esperienza personale, a volte guidata, altre volte silenziosa.

Non è vero che nella nostra scuola e società i ragazzi hanno perso il senso della bellezza; piuttosto siamo noi educatori che, a volte, trascuriamo alcuni strumenti che i nostri alunni aspettano di ricevere, magari senza saperlo e senza chiedercelo. Quale dei nostri allievi, attraverso la nostra necessaria mediazione, potrà rimanere insensibile ascoltando un corale di Bach o guardando un’opera di Caravaggio? Secondo me nessuno!

E se anche ci saranno le inevitabili risate o i banali segni di incomprensione di alcuni, il messaggio di bellezza e libertà trasmesso da queste opere d’arte riaffiorerà nel momento che alla vita sembrerà più opportuno. Se è ovvio che a scuola per rispetto di tutti non dobbiamo fare catechesi, è però necessario, sempre per rispetto di tutti, che come insegnanti credenti diamo una testimonianza di vita. E l’arte nelle sue forme più varie ci aiuta a essere testimoni autentici di quella Bellezza che ci guida a quella Verità che ci rende liberi.

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