Ucid, Uil e Confapi: papa Francesco è sempre più un punto di riferimento per il mondo del lavoro

L'attenzione del pontefice per le tematiche dell'occupazione e del reddito è sincera, per questo viene seguita anche da chi non è credente. E per quanto riguarda l'Ucid, il prossimo anno formativo si rifarà alle tematiche della Settimana sociale di cattolici italiani (a Cagliari dal 22 al 29 ottobre), "Il lavoro che volgiamo, libero creativo partecipativo e solidale".

Ucid, Uil e Confapi: papa Francesco è sempre più un punto di riferimento per il mondo del lavoro

«L’imprenditore è una figura fondamentale di ogni buona economia: non c’è buona economia senza buon imprenditore. Non c’è buona economia senza buoni imprenditori, senza la vostra capacità di creare, creare lavoro, creare prodotti».

Questo uno dei passaggi del discorso che papa Francesco lo scorso 27 maggio ha rivolto ai lavoratori dello stabilimento Ilva di Genova. Un discorso importante, con cui ha voluto affrontare in modo diretto molte delle questioni che attraversano il mondo del lavoro, in una società in cui, per usare le parole del papa, il lavoro non si considera con la dignità che ha e che dà.

Se quest’anno proprio il tema della dignità è stato al centro del percorso proposto da Ucid Padova (Unione cristiana imprenditori dirigenti) il percorso del prossimo anno sarà ispirato al tema delle settimane sociali dei cattolici italiani, intitolate quest’anno “Il lavoro che vogliamo, libero creativo partecipativo e solidale”.

«Ho apprezzato davvero molto il discorso del papa – è la riflessione di Flavio Zelco, presidente Ucid Padova – se i media hanno enfatizzato soprattutto la giusta denuncia nei confronti di chi specula sulla pelle dei lavoratori, dalle parole di Francesco traspare in modo chiaro anche la distinzione fra gli speculatori e i veri imprenditori, a cui riconosce una funzione sociale importantissima oltre al dovere di impegnarsi per il bene comune. Descrivendo le caratteristiche di questa figura, il papa usa parole bellissime: l’imprenditore si riconosce infatti per la creatività, l’amore per la propria impresa, la passione e l’orgoglio per l’opera delle mani e dell’intelligenza sua e dei lavoratori».

Un plauso convinto arriva anche da Riccardo Dal Lago, membro della segreteria generale della Uil Veneto: «Un discorso che ribadisce con forza la centralità del lavoro, denunciando il dramma della disoccupazione giovanile, ma anche le tante situazioni di sfruttamento cui assistiamo.
Su questi temi, ormai spesso messi un po’ in secondo piano anche dal mondo della politica, quella del papa è oggi la voce più autorevole e ascoltata. Frequentando i luoghi di lavoro mi accorgo ogni giorno di quanto la sua figura sia avvertita come “vicina” anche dai non credenti, proprio perché il suo interesse al mondo del lavoro è avvertito come sincero, frutto anche della storia personale di questo papa venuto dal Sud del mondo».

Carlo Valerio, presidente Confapi Padova, oltre a condividere la valorizzazione del ruolo dell’imprenditore e la netta distinzione con la figura dello speculatore, sottolinea inoltre «il passaggio più che mai attuale dedicato al tema del reddito di cittadinanza».
Il papa invita infatti a non rassegnarsi all’ideologia che sta prendendo piede ovunque, che immagina un mondo dove solo metà o forse due terzi dei cittadini lavoreranno, e gli altri saranno mantenuti da un assegno sociale.

«Dev’essere chiaro – continua Valerio – che l’obiettivo vero da raggiungere non è il “reddito per tutti”, ma il “lavoro per tutti”. Perché senza lavoro, senza lavoro per tutti non ci sarà dignità per tutti. Il lavoro di oggi e di domani sarà diverso, forse molto diverso – pensiamo alla rivoluzione industriale, c’è stato un cambio; anche qui ci sarà una rivoluzione – sarà diverso dal lavoro di ieri, ma dovrà essere lavoro, non pensione».

Nel discorso del papa anche un passaggio dedicato alla meritocrazia, indicata come legittimazione etica della diseguaglianza. «Se da una parte – conclude il presidente di Confapi Padova – bisogna vigilare perché questo non accada, una qualche forma di riconoscimento del merito a mio avviso nel mondo del lavoro è necessaria, anche perché in caso contrario il rischio concreto è che a prevalere siano altri criteri ben più pericolosi, come il nepotismo».

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