Nuova legge elettorale, nuovi partiti

Dunque, il treno delle riforme si è messo in moto. Certo, ci è voluta una sentenza durissima della corte costituzionale e non è comunque detto che il traguardo sia dietro l’angolo, ma almeno il treno è ripartito e promette di marciare rapidamente, con l’obiettivo di centrare il risultato prima che gli italiani tornino a votare in primavera per le europee, assestando un ulteriore pesante ceffone ai partiti che hanno governato negli ultimi vent’anni.

Nuova legge elettorale, nuovi partiti

L’accordo tra Renzi e Berlusconi è stato in questi giorni ampiamente commentato, sia nel merito che nel metodo. Ci permettiamo due considerazioni, in attesa che si chiariscano quei dettagli, tutt’altro che marginali, che ancora appaiono incerti.
Nel merito, ogni modello proposto deve oggi fare i conti col quadro confuso e frammentato della politica italiana. Siamo di fronte, e non da oggi, a un dato di fatto ineludibile: non c’è formula che possa tenere assieme la necessaria governabilità con l’auspicabile rappresentanza di tutte le diverse posizioni, se mancano veri partiti. Ovvero partiti grandi, dalla fisionomia politico-culturale precisa, radicati nella società e capaci di valorizzarne competenze ed esperienze.
La legge può aiutare, ad esempio con ragionevoli soglie di sbarramento, fuori e anche dentro le coalizioni, per evitare che gruppetti dell’un per cento tengano in ostaggio un governo. Ma non può certo risolvere da sola un problema che è a monte, e che è prima di tutto un problema di cultura politica, di identità labili, di schede elettorali simili a un lenzuolo e di partecipazione (un tempo si sarebbe detto militanza) ormai scesa ai minimi storici. Senza partire da qui, è illusorio pensare che esista una formula tecnica in assoluto immune dalla degenerazione o che garantisca di per sé l’elezione delle persone più capaci, men che mai – come ci ricordano i continui scandali a livello regionale – il ritorno alle preferenze.
Quanto al metodo, l’incontro con Berlusconi ha suscitato ampie e aspre proteste. E tuttavia non si vede la possibile alternativa, se davvero – come il centrosinistra ha sempre predicato, specie quando era all’opposizione – le riforme si fanno tutti insieme. Già Grillo si è chiamato fuori: davvero è possibile riscrivere la legge elettorale senza Forza Italia? Certo, Berlusconi è in attesa di affido ai servizi sociali dopo una condanna passata in giudicato. In un paese normale avrebbe da tempo lasciato ogni incarico, ma questo non è (purtroppo) un paese normale. Speriamo lo torni a essere, anche grazie a una legge elettorale migliore e al pacchetto di riforme istituzionali annunciato. Ma rifiutare oggi il dialogo significa solo condannare l’Italia a tenersi quel che c’è. E non è una prospettiva auspicabile.

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