Ora il mondo si liberi dalla tirannia della Bomba

Storica visita del presidente Obama a Hiroshima, il luogo dove il 6 agosto del 1945 esplose la prima bomba atomica della storia. Accolto dal premier giapponese Shinzo Abe, il presidente ha prima visitato il museo che racconta quella tragedia, poi ha deposto una corona di fiori davanti al monumento che ricorda le oltre 140 mila vittime. «Dobbiamo avere il coraggio – ha detto il presidente – di sfuggire alla logica della paura e perseguire un mondo senza armi atomiche». 

Ora il mondo si liberi dalla tirannia della Bomba

Obama non ha invece chiesto scusa dell’eccidio.
E ciò per non urtare la sensibilità di molti suoi connazionali già offesi da quella visita (non si dimentichi Pearl Harbor), ma anche perché molti storici continuano a pensare che senza quell’attacco nucleare la guerra sarebbe proseguita a lungo facendo molte più vittime.
Il presidente Obama ha però ricordato l’immenso dolore inflitto da quel bombardamento che uccise tanti civili, donne e bambini innocenti. «Ascoltiamo – ha detto – un urlo silente».
Secondo Obama Hiroshima deve ricordare al mondo che l’umanità ha i mezzi per distruggere se stessa e dovrebbe cambiare rotta. «Dobbiamo avere il coraggio – ha infatti aggiunto il presidente – di sfuggire alla logica della paura e perseguire un mondo senza armi atomiche». E allo stesso tempo non dimenticare che gli uomini hanno progettato e costruito molti altri strumenti di morte con cui distruggersi a vicenda.
Il problema, dunque, è di cambiare mentalità nei confronti della guerra, ripudiarla come strumento per risolvere i contrasti e puntare sulla politica e la diplomazia per prevenire conflitti e guerre. Hiroshima e Nagasaki non siano più conosciute per la guerra atomica, ma come l’inizio di un risveglio morale.

Si parla spesso oggi – lo ha fatto anche il presidente Obama – della necessità di un risveglio morale. Questo però che significa?
Ricordo che se ne parlava anche quando gli euromissili atomici sbarcarono per la prima volta in Europa, legittimati dal voto dei parlamenti, ma con l’opposizione di masse pacifiste che esprimevano l’intimo sentimento dei popoli.
I cattolici allora erano divisi. Molti caldeggiavano l’obiezione di coscienza, altri erano inclini alla mediazione politica. Per alcuni si trattava di dottrine non omologabili, per altri di binari paralleli.

Oggi che papa Francesco invita tutti a costruire ponti e non muri, parlare di risveglio morale non può che avere un significato preciso: ricostruire un ponte anche tra etica e politica.
E difendere così un’umanità minacciata come non mai nella sua storia dall’esistenza di arsenali di armi di distruzione totale che non sappiamo come svuotare. È il problema dell’apprendista stregone: li abbiamo costruiti per intimorire i nostri avversari e ora minacciano anche noi.
Fare pace in passato significava rimettere le armi al loro posto. Lance e alabarde, cannoni e fucili, potevano tranquillamente ammuffire negli scantinati o nei depositi. Semmai venir tirate fuori e lustrate per le parate militari. Oggi non è più così, almeno per le armi di sterminio totale che gli uomini hanno inventato.

Armi atomiche, chimiche e batteriologiche rappresentano una minaccia permanente per il semplice fatto di esistere: sono armi “totali” e non basta proporsi di non usarle, bisogna toglierle di mezzo.
A questo punto si pongono problemi complessi e difficili da risolvere. Politici e militari, e anche qualche scienziato, non hanno infatti considerato a sufficienza il problema di un’eventuale distruzione delle armi atomiche una volta costruite. Problema, questo, che ha un’enorme dimensione sociale ed ecologica.
La nostra follia (siamo un po’ tutti un po’ ragionevolmente folli…) sta provocando danni e sofferenze che si estendono ben al di là degli arsenali in cui tali armi vengono stoccate e custodite. Chi dunque progetta e costruisce armi nucleari, chimiche o batteriologiche, anche a solo scopo di deterrenza, non può non tener presente il danno permanente che sta arrecando al nostro pianeta e alle generazioni future. E non considerare un problema, se possibile, ancor più grave: la difficoltà di proteggere queste armi dal rischio di sabotaggio, di terrorismo, di uso per i feroci conflitti locali o semplicemente di deterioramento delle strutture di contenimento. Né si possono non considerare le spese di una loro eventuale distruzione in base ai vari progetti di disarmo che vengono di tanto in tanto proposti: a detta degli esperti distruggere armi nucleari, chimiche o batteriologiche costa molto di più che progettarle e costruirle.

Un vero risveglio morale, che sia all’altezza dei problemi illustrati, non può che rimandare oggi all’urgenza di un progetto etico-politico che si fondi sulle ragioni dell’Uomo.
E dunque interpellare anche credenti e religioni. Sapranno le religioni, e in particolare le confessioni cristiane, impegnarsi e lavorare di più e meglio per la pace del mondo?
Lanciare appelli per la libertà, la giustizia, la fraternità, non basta più. Gli immensi arsenali di armi che mettono a repentaglio la pace e la stessa sopravvivenza dell’umanità sul nostro pianeta non potranno essere svuotati che mediante l’accettazione, da parte di tutte le nazioni del mondo, di un progetto etico, e dunque di norme morali, che trascendano ogni sistema, ogni speculazione politica e militare.

L’impresa più importante cui anche i cattolici possono dare un contributo è dunque l’elaborazione di tale progetto.
Se l’obiezione di coscienza, e cioè l’obiezione morale, è teologicamente autorizzata contro le tirannie ingiuste, oggi la tirannia più ingiusta e contestata non può che essere quella mondiale della Bomba, tiranna e idolo dei nostri tempi.

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