Tutti i Santi *Domenica 1 novembre 2015

Matteo 5, 1-121

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

Sul monte

Gesù sale sul monte, siede e insegna: se un tempo l’antica legge (le dieci parole) venne promulgata dall’alto del monte Sinai attraverso Mosè (cfr Es 20), ora il nuovo e definitivo Mosè, Gesù, offre qualcosa di completamente diverso. Non c’è legge, infatti, che possa normare la gioia: le beatitudini sono la mappa della gioia e della benedizione cristiana, una cartina che insegna a solcare il mare dell’oggi con la prua fermamente puntata alla vita dopo la vita, al «regno dei cieli», espressione ricorrente in questo brano. E come capita spesso, specie nel vangelo di Matteo, ogni passaggio gronda riferimenti al Primo testamento: Gesù non nega, anzi porta al suo compimento tutto il percorso del popolo eletto. I verbi al futuro che trapuntano questo brano non propongono, però, la fede come corsa verso un premio (di consolazione) tutto spostato in un lontano “oltre” e “dopo”. Della serie «qui è tanto dura, arriverà il giorno della ricompensa». La beatitudine germoglia qui e ora: è un presente abitato dalla grazia di Dio a prescindere dalle situazioni esterne. «Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!» scrive la seconda lettura, con un indicativo presente a conclusione della frase che proibisce fughe in un futuro remoto.

Cristo

Per inquadrare la ricchezza di questo passo, possiamo fare quattro passaggi. Ognuna delle beatitudini è una pennellata che disegna la bellezza di Cristo. Prima di ogni altra cosa Gesù nelle beatitudini descrive se stesso e la sua vita: è lui il mite, il misericordioso, l’operatore di pace, il perseguitato per la giustizia ecc. Egli offre a noi questa “mappa” perché lui l’ha inaugurata in prima persona. Per gli amanti della teologia: qui si fa cristologia.

Io

E per questo motivo ogni beatitudine è sentiero donato a ogni singolo cristiano per assomigliare all’essere umano più realizzato e compiuto che mai ci sia stato e ci sarà, Gesù. Le beatitudini sono quindi dono e compito di ciascun discepolo. Ritraggono il tuo profilo di credente; parlano ed interpellano proprio te. Per gli amanti della teologia: qui si fa morale e teologia spirituale.

La chiesa

Balza agli occhi che le beatitudini sono al plurale, beati non beato: questa pagina ha allora una chiara coloritura ecclesiale. Cioè descrive quel che è chiamata a essere la chiesa nel suo complesso. Le beatitudini non si vivono come impegno in solitaria ma in cordata. Siamo nella solennità di tutti i santi (i santi sono uomini e donne che hanno incarnato le beatitudini in modo singolare ed eminente): avete presente lo stringersi e affollarsi dei santi dipinti sulla volta del battistero della cattedrale di Padova? Santi lo si diventa grazie ai beni donati alla chiesa dal Signore e dalla chiesa amministrati. In sintesi, per chi pratica la teologia: qui si fa ecclesiologia.

Il mondo

C’è un guizzo narrativo interessante a inizio brano: «Vedendo le folle». Con un po’ di audacia interpretativa questo incipit fa pensare che le parole di Gesù – certamente indirizzate in primis ai discepoli – possono trovare eco genuina nel cuore di ogni essere umano di buona volontà, a prescindere dalla fede professata. Le beatitudini non vanno circoscritte a chi è cristiano. La visione dell’Apocalisse nella prima lettura parla di «una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua»: il bene è s-confinato, lo Spirito santo può toccare il cuore di chiunque. Il concilio Vaticano II, sottolineando l’universale chiamata alla santità dei fedeli, conclude con un passaggio interessante: «È evidente per tutti, che tutti coloro che credono nel Cristo di qualsiasi stato o rango, sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità e che tale santità promuove nella stessa società terrena un tenore di vita più umano» (LG 40). Il santo è l’uomo delle beatitudini per il bene del mondo intero, per umanizzare l’uomo. Detta nei termini della teologia: le beatitudini sono antropologia teologica.

Le ecografie

Con gioia straripante, con orgoglio, una donna prossima al parto mi mostra le lastre della prima ecografia, all’incirca al terzo mese; e in successione quella cosiddetta “morfologica”, alla 21a settimana. E infine l’ultima, la più emozionante perché “leggibile”, alla 32a settimana. «Chissà come sarà questa creatura! Che volto avrà, quale aspetto... non vedo l’ora di stringerla fra le braccia». È una bambina. Accosto questo stupefacente e bellissimo percorso evolutivo con l’universale chiamata alla santità. La santità è la meta ultima, più alta e compiuta, più perfetta e gioiosa del nostro essere creature umane. La santità è quel traguardo, quella meta che ha una sorta di forza attrattiva che ci calamita... dal futuro. Come un corridore che si sente attirato dal traguardo che gli sta davanti. Come la cima di una montagna che esercita il suo richiamo, proprio in quanto ancora non ci si è arrivati. Si nasce come singola cellula dall’incontro di due cellule. E di lì in poi una forza potentissima, ancora molto misteriosa per le nostre menti scientifiche, ci sospinge verso ciò che è sempre più complesso e organizzato. Fin qui la biologia. Ma si continua molto oltre la biologia. Appare la libertà di decidere di sé, il desiderio di conoscere, la volontà di amare... un cammino evolutivo incessante. Verso la santità. 

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