"Mi piace camminare sui tetti" svela un nuovo Marco Franzoso

Il romanzo dello scrittore veneto, che vive a Camponogara, racconta una saga familiare lunga un quarantennio e punta sulla riscoperta dei rapporti familiari interrotti e incrinati, mettendo da parte l'orgoglio e usando come unica soluzione quel bene naturale sepolto dentro di noi, ma che niente e nessuno può cancellare. 

"Mi piace camminare sui tetti" svela un nuovo Marco Franzoso

Se il lettore si aspetta di ritrovare il “solito” Marco Franzoso, è nettamente fuori strada.
Mi piace camminare sui tetti, edito da Rizzoli, è un romanzo nuovo sotto diversi punti di vista per lo scrittore padovano che si cimenta, riuscendoci, con una prosa più matura e consapevole.

Dopo libri e romanzi claustrofibici, per citarne soltanto due degli ultimi dieci anni: Ragazze del Nordest scritto a quattro mani con Romolo Bugaro e Il bambino indaco, che pesca a piene mani dalla vicenda personale di Franzoso e da cui Saverio Costanzo ha attinto per il film Hungry hearts (Cuori affamati), lo scrittore di Camponogara esce dagli spazi angusti in cui erano confinati i suoi personaggi, case strette, stanze in affitto, piccoli appartamenti di periferia, e ambienta la sua ultima storia tra una spiaggia dell'Alto Adriatico, la foce del Tagliamento, la riva del lago Garda e una città nordestina, che potrebbe essere tutte o nessuna.

«Avevo voglia di stare in spazi più ampi, luminosi – svela Franzoso – Volevo raccontare una saga familiare in mutazione nell'arco di un quarantennio insieme al territorio in cui si muove, perché sono convinto che con le relazioni cambia anche il paesaggio che ci sta intorno e ci modifica dentro».

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Il romanzo, che ha avuto una lunga gestazione iniziata otto anni fa e interrotta più volte per lasciare spazio alla stesura del Bambino indaco e de Gli invincibili, racconta la storia di una famiglia come tante, ma solo all'inizio della narrazione: padre, madre, tre figli, uno zio “signorino” che vizia i nipoti e nutre sogni di gloria imprenditoriale. Il lettore ha fin da subito la possibilità di scegliere il personaggio o i personaggi con cui identificarsi.
Ma un evento imprevedibile cambia il destino di tutti, sfrangia l'unità di questo quadro all'apparenza privo di crepe, e diventa «la storia di una riconciliazione lunga una vita – continua Franzoso – Una riconciliazione che oggi va meditata perché siamo circondati e immersi in rapporti familiari e non tesi, rovinati dall'orgoglio e dall'incomprensione. Il mio libro parla della volontà di ricostruire e ricostruirsi come un contrappunto di Bach: melodie lontane, ma che poi, quando meno te l'aspetti, si ritrovano».

Il protagonista Bruno è un personaggio irrisolto che ha smesso da tempo di vivere, preferendo i tetti su cui installa pannelli fotovoltaici per allontanarsi da quella realtà che fa troppo male e per cui si sente inadeguato.
Quando scende, perché ha ricevuto una telefonata della madre che lo invita a un surreale pranzo di famiglia con il padre che non vede da moltissimi anni, accetta di capire quella storia di cui ha perso il filo quando era ancora un bambino.
Il libro è pieno di racconti indiretti, i personaggi sono definiti, delineati e approfonditi con chiarezza linguistica e psicologica.
Ma a un tratto uno più di tutti campeggia sullo sfondo e dona il messaggio racchiuso in tutto il romanzo:

«La nonna a cui è riservato il compito di crescere Bruno ed Emma – conclude Franzoso – dopo che entrambi i genitori si sono “persi” nel proprio dolore, riesce a indicare una strada per non smarrirsi: è il valore del ricordo rielaborato e del racconto a sé e agli altri. È l'unica che esplicitamente parla del passato, senza misteri e paure. Oggi ci raccontiamo con la velocità di un post su un social o di un messaggio whatsapp invece, credo, dobbiamo rallentare e trovare il tempo per parlare, per ascoltarci, per chiarirci».

E questa, come tante delle nostre, è una famiglia che prima non si era mai chiarita e che ora riceve una seconda opportunità di riscatto.

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