Dopo le elezioni «occorre accelerare l'ingresso della Turchia nell'Unione europea»

Ne è convinto Marco Mascia, docente di relazioni internazionali e sistema politico dell’Unione europea a Padova, nonché direttore del Centro per i diritti umani dell’ateneo patavino. La sua tesi, infatti, descrive l'insuccesso alle urne del presidente Erdogan, che aspirava a un plebiscito, come un segnale chiaro da parte della popolazione civile che chiede maggior rispetto dei diritti umani da parte del "sultano". Per raggiungere l'obiettivo, l'unica via è però l'integrazione europea di Ankara.
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Dopo le elezioni «occorre accelerare l'ingresso della Turchia nell'Unione europea»

Addio sogni di accentramento del potere per Recep Tayyip Erdogan. A decretarlo è stato il risultato delle elezioni politiche turche di domenica scorsa. Tra i fattori che hanno determinato il brusco stop ai progetti del presidente (che per qualcuno aspira al potere assoluto) c’è la violazione continua e ripetuta dei diritti umani.

Ne è convinto Marco Mascia, docente di relazioni internazionali e sistema politico dell’Unione europea a Padova, nonché direttore del Centro per i diritti umani dell’ateneo patavino. «Gli anni della presidenza Erdogan hanno segnato un’involuzione democratica nel paese. Quello dei diritti umani è un capitolo centrale. E non si tratta solo della libertà di espressione». Il riferimento è alla vicenda del giornalista Can Dundar, direttore del giornale di opposizione Cumhuriyet, minacciato dal presidente e raggiunto dalla richiesta di ergastolo da parte di un pm per aver pubblicato le immagini di armi destinate a gruppi islamici della Siria scortate dai servizi segreti turchi.

«In Turchia – riprende Mascia – sono stati violati anche il diritto di aggregazione, la libertà religiosa, e i diritti delle donne in generale. Il grande merito del partito popolare pro-curdo è stato quello di raccogliere il dissenso che oramai veniva manifestato quotidianamente su questi aspetti».

Un’involuzione democratica che ha rallentato anche il processo di integrazione europea della Turchia...
«In questo momento il rispetto del trattato di Lisbona, e in particolare dell’articolo 2 che tratta proprio di diritti umani, dignità della persona e delle minoranze – leggi “curdi” – e della parità uomo donna, è lontano. Il negoziato per l’adesione all’Unione da parte della Turchia si è aperto nel 2005 su un dossier di 33 capitoli. Finora solo 14 sono stati aperti e appena uno, su scienza e ricerca, provvisoriamente chiuso. I punti fondamentali, su diritti umani e giustizia, verranno affrontati nei capitoli 23 e 24».

Il leader del partito filocurdo Demirtas viene descritto come un eroe.
«Si tratta di una personalità di rilievo, da sempre in prima linea per i diritti umani. È il fondatore della sezione turca di Amnesty International, e dunque si occupa di persone disagiate in generale, non solo di curdi. La sua capacità di rendere protagonista la società civile, raccogliendone le istanze pur in un contesto di controllo esasperato dei mezzi di comunicazione e dei social network, rappresenta una valida credenziale per pensare che si possa aprire una fase nuova».

Questa appare come la vittoria dei curdi. Per l’opinione italiana questa minoranza ha l’immagine del leader del Pkk Ochalan accolto da D’Alema…
«Quella curda è una minoranza solo dal punto di vista turco. In realtà si tratta di un popolo con caratteri ben definiti, stanziato tra la Turchia, l’Iraq e la Siria, i cui diritti da sempre vengono violati, tant’è che anche il Centro per i diritti umani di Padova negli anni Ottanta e Novanta ha intrapreso molte iniziative per l’autodeterminazione dei curdi. Oggi registriamo un’evoluzione della loro strategia per arrivare all’autonomia: non più la lotta per uno stato indipendente, ma l’ingresso nelle istituzioni per ottenere “da dentro” il diritto a parlare la propria lingua, a professare il proprio credo, la libertà di coscienza e di aggregazione. I 79 deputati rappresentano la maturazione di questo popolo».

Quale futuro attende la Turchia?
«Per raggiungere l’obiettivo del rispetto dei diritti umani in Turchia è necessario il suo ingresso nell’Unione europea. È vero, ci sono i casi spinosi di Cipro, del genocidio armeno e la posizione ambigua di Erdogan sull’Isis, ma le convenienze reciproche per l’integrazione sono evidenti, a partire dal fattore economico: il 40 per cento dell’export turco viene assorbito dall’Ue e sempre dall’Ue proviene il 60 per cento degli investimenti diretti di capitali stranieri in Turchia. A questo si aggiunge la posizione geografica strategica di Ankara per un intervento efficace dell’Europa nella regione contro lo stato islamico, per la regolazione dei flussi migratori e l’approvvigionamento di energia stante la crisi ucraina. La popolazione ha lanciato un debole segnale per l’integrazione. L’isolamento di Erdogan potrebbe far ripartire il negoziato».

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Parole chiave: Demirtas (1), Erdogan (6), adesione (1), Unione Euopea (1), Turchia (21), elezioni (169)