Kurdistan, il referendum per l'indipendenza è un plebiscito

Con il referendum dello scorso 25 settembre il popolo curdo ha impresso una svolta cruciale alla sua storia recente. Ma la nascita di un Kurdistan indipendente rischia di "terremotare" l'intero Medio Oriente, suscitando la dura reazione della Turchia. Cautela dagli Stati Uniti, mentre il parlamento di Baghdad approva l'invio di truppe.

Kurdistan, il referendum per l'indipendenza è un plebiscito

Con il referendum dello scorso 25 settembre il popolo curdo ha impresso una svolta cruciale alla sua storia recente.
La consultazione ovviamente non è stata riconosciuta dal governo di Baghdad, anzi il parlamento dell’Iraq ha già approvato l’invio di truppe e le attuali operazioni militari contro lo Stato islamico in corso ad Hawija (provincia di Kirkuk), potrebbero tentare gli iracheni di imbastire incursioni “punitive” anche nel Kurdistan. 

Ma difficilmente la diplomazia internazionale potrà “sorvolare” su un plebiscito di tale portata, con 5,3 milioni di elettori: il presidente Massoud Barzani, ormai un “padre della patria”, ha annunciato alla televisione che i “Sì” sono arrivati al 92,7 per cento, con una affluenza del 72,6 per cento (notevole in un simile contesto socio-geografico). 

Anche se al momento la creazione di uno Stato indipendente resta difficile, i curdi più che dall’Iraq – uno stato che attualmente senza gli interventi esterni potrebbe sciogliersi nell’arco di qualche mese – devono guardarsi dalle reazioni della Turchia.
Il “sultano” Recep Tayyp Erdogan ha annunciato subito dopo i risultati del referendum il blocco di aiuti e rifornimenti: «Nonostante tutti i nostri avvertimenti, l’Autorità regionale del nord Iraq ha voluto tenere il referendum per l’indipendenza. Ora l’ha approvato il 92 per cento. Ma questo vale una guerra? Chi accetterà la vostra indipendenza? Solo Israele. Ma il mondo non è solo Israele. Il Kosovo purtroppo non è ancora riuscito a essere uno stato». 

Ad oggi per la comunità internazionale il Kurdistan iracheno è “solo” un’entità federale autonoma del nord dell’Iraq, con capoluogo Erbil.
Anche gli Stati Uniti di Donald Trump, da sempre sostenitori dei curdi, hanno espresso un atteggiamento di sostanziale cautela, paventando il rischio di ulteriori tasselli di instabilità nell’area. Più difficili da analizzare i toni usati da Mosca, che gioca su più tavoli paralleli con la Turchia di Erdogan.

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