Sanità inglese, le notizie della vergogna

C’è già una Brexit conclamata: negli ultimi mesi il Nhs (National health service,cioè il servizio sanitario inglese) ha manifestato strutturali segni di cedimento rispetto agli standard europei. E non è finita. La recente indagine a campione della British medical association (Bma) segnala che proprio dopo la Brexit 4 medici non britannici su 10 si preparano al “trasloco”.

Sanità inglese, le notizie della vergogna

C’è già una Brexit conclamata: negli ultimi mesi il Nhs (National health service, cioè il servizio sanitario inglese) ha manifestato strutturali segni di cedimento rispetto agli standard europei.
Parlano da sole le notizie della vergogna. Iris Sibley, 89 anni, bloccata in una corsia d'ospedale al Bristol Royal Infirmary per più di sei mesi: non c’era un posto libero in una “casa di cura” per anziani.
Nel 2016 il numero di pazienti in lista d’attesa da più di due mesi per iniziare le terapie contro il cancro è da record: 25.157.
Non basta, perché per la prima volta dal 2011 le statistiche evidenziano come la percentuale di malati che hanno ottenuto il trattamento ospedaliero entro 18 settimane è sceso al di sotto del 90 per cento.

Perfino Jeremy Hunt, segretario di stato alla sanità, nell’intervista concessa alla Bbc il 10 febbraio ha dovuto ammettere che «non ci sono scuse», commentando i dati ufficiali relativi all’attività di pronto soccorso. La medicina d’emergenza degli ospedali inglesi si rivela sull’orlo del collasso: a dicembre appena l’86 per cento dei pazienti ha ricevuto cure entro la soglia massima delle 4 ore d’attesa, mentre il numero di chi attendeva il ricovero da oltre 12 ore è raddoppiato.

E non è finita. La recente indagine a campione della British medical association (Bma) segnala che proprio dopo la Brexit 4 medici non britannici su 10 si preparano al “trasloco”.
Molto più di un campanello d’allarme per il Nhs, che conta quasi 60 mila operatori sanitari provenienti dall’Unione europea, fra cui 10.267 medici che equivalgono a quasi il 7 per cento dell’organico nel Regno Unito. «Migliaia di medici europei – sottolinea Mark Porter, presidente della Bma – lavorano per l’Nhs e altrettanti lavorano per la sanità pubblica, nella ricerca medica e nel mondo accademico. In un momento storico già così complicato, in cui il rischio di arrivare a un punto di rottura è tangibile, l’esodo degli specialisti Ue sarebbe un vero e proprio disastro e metterebbe a rischio la salute dei cittadini».

Le ultime settimane, del resto, si sono rivelate più che drammatiche: ospedali che non sono in grado di accogliere pazienti; pronto soccorso sulla soglia del collasso; chirurgia di elezione sospesa a tempo indeterminato (compresa quella oncologica); addirittura la chiusura dei reparti maternità. Secondo il quotidiano Guardian sono oltre 20 gli ospedali in Inghilterra che hanno dichiarato black alert ovvero il massimo livello di allarme gestionale…

La diagnosi di Chris Ham, direttore esecutivo del King’s Fund (il più autorevole istituto pubblico di ricerca), è spietata:
«Noi siamo naturalmente molto preoccupati della pressione sul Nhs e sull’assistenza sociale e sulle conseguenze sui pazienti e sugli utenti dei servizi, ma siamo atterriti dal processo politico che sembra incapace di affrontare le cause profonde di queste pressioni. I politici di ogni parte non sono riusciti a garantire un sufficiente finanziamento per l’assistenza sanitaria e sociale, con conseguenze tanto prevedibili quanto rovinose. Gli ospedali sono sotto pressione per rispondere a bisogni crescenti, dovuti anche all’invecchiamento della popolazione. I pazienti vengono assistiti nei corridoi sulle barelle, e ciò compromette la sicurezza dei malati, come tristemente dimostra la morte di pazienti nell’ospedale di Worcester. Tutto il settore è stato colpito – la medicina di famiglia, l’assistenza infermieristica e l’assistenza sociale – con l’effetto di far aumentare i ricoveri ospedalieri per mancanza di alternative. Molti di quei pazienti si sarebbero potuti assistere al di fuori dell’ospedale, se i servizi di comunità fossero stati adeguatamente finanziati e muniti di personale. L’assistenza sociale è nell’occhio del ciclone, con 400 mila persone che, rispetto al 2009-10, hanno perso ogni forma di sussidio pubblico». Nero su bianco nelle pagine del British medical journal, il settimanale della Bma.

Uno scenario inquietante, che non lascia tranquilla nemmeno la conservatrice Sarah Wollaston, presidente della Commissione sanità della Camera dei Comuni.
Pur appartenendo allo stesso partito della premier Theresa May, deve ammettere: «La risposta politica alla grave sofferenza del Nhs e, più importante, delle persone che serve è stata vergognosa. C’è stata un’incapacità di comprendere l’entità della sfida finanziaria per sostenere il sistema sanitario e il sistema sociale e le conseguenze e l’inefficienza della loro separazione».

I conti sono spianati: budget annuale aumentato di poco più dell’un per cento all’anno, quando il fabbisogno reale del sistema sanitario inglese esigeva il 3,8.
A Londra, sempre più lontana da Bruxelles, il governo immagina di introdurre una “tassa di scopo” a favore del Nhs. Con il risultato di alimentare la rivolta dei cittadini-pazienti, già in balìa di un sistema in stato comatoso.

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