Venezuela, un paese isolato e in piena recessione

Intervista a Lucia Capuzzi, della redazione esteri di Avvenire. Il paese è squassato dalla crisi economica: molti generi alimentari di primaria importanza sono introvabili nei supermercati, le proteste sfociano in repressioni violente da parte della polizia e la caduta dei prezzi del petrolio ha messo in ginocchio un’economia basata esclusivamente sull’estrazione del greggio. A luglio le elezioni. 

Venezuela, un paese isolato e in piena recessione

L’urlo delle sirene, persone che fuggono, esplosioni e colpi di mitraglia. Sembrerebbe un assalto aereo, ma è solo un video trasmesso dalla televisione di stato venezuelana nel quale si mostrano le esercitazioni per fronteggiare un eventuale bombardamento statunitense.

È l’ennesimo segnale di debolezza per Nicolàs Maduro, eletto presidente del Venezuela il 14 aprile di due anni fa, dopo la morte di Hugo Chavez 
Il paese è squassato dalla crisi economica: molti generi alimentari di primaria importanza sono introvabili nei supermercati, le proteste sfociano in repressioni violente da parte della polizia (a febbraio 2014 ci sono state decine di morti) e la caduta dei prezzi del petrolio ha messo in ginocchio un’economia basata esclusivamente sull’estrazione del greggio.
Il Venezuela è in piena recessione e senza l’aiuto economico della Cina (20 miliardi di dollari) si troverebbe probabilmente in default sul debito estero.
Maduro, che ha ottenuto dal parlamento la legge speciale che gli consentirà per un anno di governare per decreto, continua a denunciare gli Stati Uniti di organizzare golpe per rovesciarlo.
Gli Usa, dal canto loro, hanno risposto a tono, parlando del Venezuela come di una minaccia e colpendo con sanzioni economiche alcuni rappresentanti del governo. Si tratta di sette dirigenti (non di primissimo livello, peraltro) che non potranno recarsi negli Usa e intrattenere relazioni economiche con gli Stati Uniti. Maduro li ha definiti eroi e nominato uno di loro ministro dell’interno.

«Maduro è sempre più isolato, per questo alza il tono dello scontro con gli Usa – commenta Lucia Capuzzi, della redazione esteri di Avvenire – Il progetto di Chavez dell’Alleanza bolivariana per l’America Latina (Alba) si è progressivamente sfaldato con la morte del suo ispiratore. Ecuador e Bolivia hanno moderato i toni con gli Usa e perfino Cuba, principale alleato del Venezuela, ha riaperto il dialogo con gli Stati Uniti».
Va aggiunto che il modello venezuelano è poco appetibile: inflazione al 70 per cento, debito pubblico alle stelle, corruzione e malcontento sociale stanno erodendo nemmeno troppo lentamente i consensi di Maduro, che ha già provveduto a far arrestare alcuni esponenti dell’opposizione tra cui il sindaco di Caracas, Antonio Ledezma.

«Il paese è spaccato – spiega ancora Lucia Capuzzi – Una parte sostiene ancora Maduro (che nel 2013 è stato eletto con il 50,8 per cento dei consensi, ndr), ma il Partito socialista unito del Venezuela non gode dell’approvazione che aveva ai tempi di Chavez. Dal canto suo l’opposizione è tutt’altro che compatta. Nelle ultime elezioni presidenziali, le forze anti-chaviste hanno cercato di unirsi sotto la leadership di Henrique Capriles, con un progetto di centro-sinistra. Il punto è che all’interno dell’opposizione permane una profonda spaccatura tra la componente riformista, quella di Capriles, convinta di potere e dovere sconfiggere Maduro per via elettorale, e quella più radicale di Leopoldo Lopez, Corina Machado e Antonio Ledezma».

A luglio si terranno le elezioni legislative
Se le opposizioni le vincessero, nel 2016 potrebbero convocare un referendum su Maduro. La costituzione, infatti, prevede che l’incarico presidenziale duri sei anni ma che dopo tre il mandato possa essere revocato tramite referendum.
«Se le opposizioni riuscissero a trovare un punto d’accordo potrebbero avere una chance – conclude Lucia Capuzzi – Al momento però è difficile».

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