Scuola cattolica, ricchezza educativa e pastorale

Nelle due pagine di "Scuola a tuttocampo" all'interno dell'edizione cartacea della Difesa di questa settimana, c'è una lunga intervista a don Lorenzo Celi, direttore dell’ufficio diocesano di pastorale della scuola, che racconta a che punto sono le scuole cattoliche nella nostra diocesi, quali esigenze dimostrano, quali punti di forza cercano di sviluppare ogni giorno nel loro rapporto con i ragazzi, le famiglie, le comunità parrocchiali e la società civile.

Scuola cattolica, ricchezza educativa e pastorale

«Quando guardo alle scuole cattoliche disseminate sul territorio della nostra diocesi penso, anzitutto, alla ricchezza educativa e pastorale che esse rappresentano. Penso anche all’impegno richiesto alle comunità cristiane e alle congregazioni religiose che con tenacia, a volte anche con grande fatica, continuano l’opera educativa della chiesa, considerandola strumento di promozione umana e di trasmissione dei valori del vangelo, abitando un segmento importante della vita dei ragazzi e delle loro giornate e testimoniando la vicinanza alle famiglie nel condividere la responsabilità educativa».

Racconta così la ricca e poliedrica realtà delle scuole cattoliche all’interno della diocesi di Padova don Lorenzo Celi, direttore dell’ufficio diocesano di pastorale della scuola.

Tutto positivo dunque?
«Ce lo augureremmo tutti. I problemi non mancano: anzitutto la doverosa fatica a mantenere alta la qualità della proposta formativa, impegnando tempo e risorse nella formazione continua del personale; a individuare insegnanti preparati e che condividano i valori che connotano la scuola cattolica; a garantire la continuità didattica, evitando la trasmigrazione di educatori dalla scuola paritaria alla scuola statale; nell’offrire agli alunni e alle famiglie che scelgono la scuola cattolica non solo un ambiente sereno, ma anche delle strutture all’avanguardia e capaci di educare attraverso il bello, l’ordine e la pulizia. Come si può intuire già queste sono questioni di grande rilevanza. Ma a queste se ne aggiungono altre che derivano sia dal contesto sociopolitico sia da quello ecclesiale. In merito al primo, basti pensare alla situazione demografica e a quella economica di questi anni che hanno inciso notevolmente sulla “popolazione” delle nostre scuole: il calo di nascite e la diminuzione delle risorse a disposizione delle famiglie per la crisi finanziaria e occupazionale evidentemente si è fatta sentire».

E riguardo alla situazione dei contributi pubblici, sia dello stato sia degli enti locali, che ogni anno fanno tremare i gestori per l’aleatorietà e i ritardi nella erogazione?
«Questo è un aspetto che umilia le nostre realtà e soprattutto non rispetta il principio costituzionale della libertà di scelta educativa che spetta ai genitori. Mi domando perché in Italia continui a sussistere questo evidente stato di disparità, superato ab immemorabili in altri paesi per di più laicisti o non di tradizione cristiana. Un ulteriore aspetto che ci interroga come chiesa è relativo alla percezione che le nostre comunità cristiane hanno delle scuole cattoliche presenti nel loro territorio: purtroppo spesso si sentono considerazioni che denotano una mancata conoscenza della realtà effettiva della scuola che ne svilisce il servizio anche di fronte all’opinione pubblica, consegnandone una fotografia sfuocata…».

Immagino si riferisca all’equazione “scuola privata = scuola per ricchi”…
«Già il fatto che continuiamo a chiamarle “scuole private” dimostra che non conosciamo la realtà, poiché la totalità delle scuole cattoliche della nostra diocesi sono scuole paritarie che rientrano nel sistema pubblico nazionale di istruzione introdotto dalla legge 62/2000. Sono, dunque, scuole pubbliche a tutti gli effetti (quindi con i medesimi doveri e le medesime funzioni), solo che gestite da soggetti diversi dallo stato. Se poi la scuola cattolica fosse davvero la scuola solo per i ricchi, evidentemente ciò contrasterebbe apertamente con il vangelo e sarebbe motivo sufficiente perché l’ordinario diocesano, che ha il dovere canonico di vigilare su di esse, ne determinasse la chiusura. La scuola cattolica è e deve essere invece per tutti e il fatto che sia impossibile non chiedere un contributo alle famiglie, del resto spesso insufficiente a coprire anche la sola metà dei costi gestionali, suona ancora come una contraddizione rispetto alla libertà educativa costituzionalmente sancita. Non possiamo dimenticare che le scuole cattoliche sono nate proprio per permettere ai figli delle famiglie più indigenti di ricevere una formazione culturale adeguata, quando lo stato non garantiva ancora il diritto all’istruzione per tutti».

Oggi i tempi sono cambiati.
«Ma non può cambiare l’attenzione della chiesa verso i poveri che restano sempre al centro delle sue scelte. E non parlo solo di povertà economica, ma anche di povertà relazionale e culturale. Poveri sono tutti coloro che sono svantaggiati nella vita, anche se magari possiedono grandi risorse economiche o patrimoniali. Come comunità cristiana non possiamo non impegnarci affinché nessuno possa pensare che non ci sia posto per lui nella scuola cattolica! Questo ci interpella sul piano della carità, declinata sul versante culturale ed educativo».

Da quando è stato nominato direttore dell’ufficio, la si vede spesso nel territorio della diocesi, non solo per incontrare personalmente gli insegnanti di religione, ma anche per visitare scuole, ascoltare coordinatrici e insegnanti, le congreghe dei preti e gli organismi di comunione. Perché?
«Anzitutto perché l’ufficio diocesano deve essere al servizio delle comunità e, quindi, non può prescindere dalla conoscenza del territorio e dalla vicinanza ai parroci e agli operatori pastorali. Secondo perché è il territorio stesso che chiama e chiede: questo è molto bello ma io auspico che avvenga non solo nei casi di emergenza, ma anche nelle occasioni positive o quando c’è ancora spazio per progettare e prevenire i problemi. Il vescovo Claudio e i vicari episcopali mi hanno chiesto di presentare loro, in tempi congrui, un progetto di riorganizzazione e di rivisitazione della presenza delle scuole cattoliche nel territorio, per affrontare alcuni temi legati, ad esempio, alla forma di gestione e alla sostenibilità economico-finanziaria di esse. Per fare questo l’ufficio ha previsto, anche in collaborazione con Fism e Fidae, alcuni strumenti come la creazione di un’anagrafe diocesana delle scuole cattoliche, realizzabile attraverso la raccolta di dati per mezzo di un pdf compilabile presente nell’apposita sezione del sito dell’ufficio; la visita a tutte le scuole nei vicariati, per constatare lo stato della struttura, incontrare dirigenti e insegnanti e i comitati di gestione o i legali rappresentanti; l’apertura di una sorta di “sportello” per le scuole cattoliche, dove un collaboratore, per un paio di mezze giornate alla settimana, sarà a disposizione per raccogliere segnalazioni e richieste di aiuto da parte dei gestori o delle coordinatrici da assegnare poi ai soggetti competenti. Nel frattempo, stiamo anche ultimando lo studio di alcuni modelli di gestione e la preparazione di un vademecum da consegnare ai gestori, così da aiutarli nelle varie incombenze burocratiche».

Un programma ambizioso…
«Forse sì, ma contiamo sulla collaborazione già viva delle associazioni che operano a sostegno della scuola cattolica Fism, Fidae, Agesc e degli enti di cui nel corso degli anni la nostra diocesi si è dotata per sostenere questo ambito pastorale, in primis la fondazione Bortignon per l’educazione e la scuola e l’impresa sociale Insieme per educare srl e, naturalmente, su quella delle comunità».

Alcuni aspetti positivi che le piacerebbe evidenziare?
«La buona collaborazione fra scuole statali e scuole paritarie che esiste nella nostra realtà e il rispetto reciproco che si nota. La seconda: la disponibilità delle nostre scuole a essere aiutate a ripensarsi e lavorare in rete, superando retaggi campanilistici, che sono ormai diventati anacronistici».

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