Con la Wsa, i ragazzi dell'Einaudi Gramsci reporter su storie di migrazione

Anche l'istituto Einaudi Gramsci di Padova ha partecipato quest'anno al percorso della World social agenda, organizzato dalla fondazione Fontana sulle migrazioni e il diritto al futuro. I ragazzi di 1CA e 1DT hanno intervistato compagni e genitori con alle spalle una storia di migrazione.

Con la Wsa, i ragazzi dell'Einaudi Gramsci reporter su storie di migrazione

Giulia, Giorgia e Maddalena sono amiche di Mirela, chiacchierano, si scambiano confidenze e appunti. Ruotano spesso di banco e capita di trovarsi accanto, gomito a gomito. Ma non si sono mai soffermate nel conoscere l’infanzia della loro compagna di classe, nel capire perché i genitori di Mirela, dieci anni fa quando lei ne aveva solo sei, hanno deciso di lasciare la Moldavia per venire in Italia. L’hanno fatto quest’anno indossando i panni di giornaliste.

È una delle esperienze dei ragazzi della 1CA e 1DT dell’istituto Einaudi Gramsci di Padova, coordinati dalla docente Giorgia Varotto, all’interno del percorso World social agenda promosso dalla fondazione Fontana. Hanno impugnato penna, registratore, taccuino come provetti reporter e, in gruppi di cinque, hanno rivolto alcune domande ai compagni di classe o ai loro genitori che si portano alle spalle storie di migrazione.

Dai racconti emerge il tema della nostalgia, della difficoltà di lasciare le proprie radici per fare un salto nell’incertezza, tra mille difficoltà. Ma con la spinta e la determinazione di sognare un futuro migliore: «Vedendo le reazioni degli intervistati – racconta Edoardo che ha intervistato la signora Enkeleida, albanese – Ricevi emozioni differenti da come si parla di immigrazione leggendo un giornale, dove le notizie spesso sono generalizzate. Lei è venuta in Italia con suo marito, prima in Sicilia e poi a Padova. Si sono reinventati una nuova vita, un nuovo lavoro. All’inizio non avevano nemmeno le posate per mangiare».

I ragazzi hanno prima visto il documentario di Andrea Segre, Come il peso dell’acqua, poi hanno partecipato a un gioco nel quale hanno confrontato dati ufficiali scoprendo una realtà diversa da come la immaginavano: «Abbiamo discusso in aula – racconta Gianluca – cercando di cogliere i sentimenti degli immigrati che vengono in Italia su un barcone o con altri mezzi. Alcuni decidono di restare qui, altri provano ad andare in Germania o nei paesi del Nord Europa».

Non è mancata un po’ di timidezza, ma superata l’impasse iniziale, hanno messo a proprio agio gli intervistati e hanno raccolto preziose testimonianze.

Un gioco di sguardi costruttivo tra coetanei, un incrocio di stati d’animo e punti di vista tra chi è ancora acerbo perché a 14 anni non pensa a un futuro lontano dalla propria città e chi, invece, è cresciuto troppo in fretta e ha chiuso nei bagagli i ricordi portandoli in viaggio: «All’inizio mi sono trovata male in Italia ed ero contraria alla scelta dei miei genitori – confessa Mirela – Ma è stato giusto così: adesso non riuscirei a tornare indietro e vivere quella vita».

Le storie di Enkeleida, dei genitori di Mirela o di Kazan che ha lasciato Aleppo negli anni Novanta per venire a studiare a Padova, sono tutte accomunate dal desiderio di creare un futuro. Per se stessi e per i loro figli. Con la spontaneità e la naturalezza che li contraddistingue, riflettendo su cosa possa significare “diritto al futuro”, gli alunni hanno risposto: «Essere liberi di scegliere la propria strada», afferma convinto Simone, mentre Giovanna aggiunge: «E la speranza di una vita migliore».

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