Report Csv sul volontariato padovano. Le gemme di nuove forme di prossimità.

Sabato 2 dicembre, al centro San Gaetano, il Csv di Padova presenta il suo report annuale sul volontariato padovano, che con le sue oltre 6 mila organizzazioni rappresenta una realtà viva e in fermento, capace di vivere il tempo in cui si trova a operare.

Report Csv sul volontariato padovano. Le gemme di nuove forme di prossimità.

L’operoso mondo del terzo settore padovano nel 2017 conta 6.104 organizzazioni non profit – su 301.191 attive in Italia – con un incremento di 84 realtà nate negli ultimi 12 mesi. Le nuove organizzazioni sono per lo più associazioni impegnate nell’ambito cultura e ambiente e nell’ambito socio sanitario, mentre si rileva una lieve diminuzione delle associazioni sportive e delle organizzazioni di coordinamento interassociativo.

Si tratta per quasi l’80 per cento delle 6.104 organizzazioni di piccole realtà, con entrate annuali inferiori a 30 mila euro annui e con un numero medio di 45 volontari. Questi sono alcuni dei dati che emergono dal secondo rapporto del volontariato padovano, curato dal Centro servizio volontariato provinciale, che sarà presentato sabato 2 dicembre nell’agorà del centro culturale Altinate San Gaetano di Padova, in occasione della giornata internazionale del volontariato.

Sono, in particolare, due le novità del rapporto 2017. Da una parte il focus dell’anno, che si è concentrato su un aspetto emergente, che abbiamo chiamato “nuove forme di prossimità” e che a nostro avviso sta caratterizzando lo sviluppo del privato sociale nella nostra provincia. Dall’altra si è approfondito l’identikit delle piccole realtà associative, con un approfondimento sul tipo di volontari e di personale, sulla capacità comunicativa e di relazione con gli enti pubblici.

IL FOCUS È evidente che le dinamiche sociali, se da un lato portano i cittadini a trincerarsi in meccanismi individualisti, dall’altro stimolano la nascita di organizzazioni che hanno come “vocazione” l’aggregazione, la promozione dei luoghi comuni – intesi sia come luoghi fisici, che come luoghi “ideali” – il recupero dei beni comuni, le relazioni sociali. Abbiamo definito tali innovative realtà “nuove forme di prossimità”, che nasce dal bisogno di sentirsi parte, di tornare a essere comunità, di riscoprire uno stile di vita fatto di rapporti umani, di scelte consapevoli, di inclusione. Le nuove forme di prossimità, il cui sviluppo viene generato da motivi contingenti – la necessità di far fronte a tutte le difficoltà cui i tempi attuali ci costringono – hanno come fine ultimo la ricerca della felicità, del benessere, della soddisfazione della vita. Sono realtà che nascono nel privato sociale, ma che si distanziano spesso dalle logiche istituzionali che le vorrebbero incasellare in categorie predefinite, a favore di un impegno personale, libero da costrizioni burocratiche, finalizzato alla sola vicinanza, all’aiuto empatico, alla condivisione. Ne risultano, quindi, realtà che spesso non sono costituite in forma associativa, ma sono frutto di azioni spontanee di un gruppo informale di persone. All’interno del rapporto annuale è stato dato spazio al focus attraverso cinque interventi autorevoli di docenti universitari ed esperti del settore e con il racconto di nove esperienze molto variegate rappresentative di queste nuove forme di impegno.

L’IDENTIKIT DELLE ASSOCIAZIONI Grazie a un questionario somministrato a 78 associazioni diverse della provincia di Padova, è stato possibile delineare un identikit puntuale: 45 è il numero medio di volontari per associazione, il 60 per cento dei volontari è donna e ha più di 55 anni mentre solo l’1 per cento dei volontari è sotto i 18 anni e la maggior parte dei giovanissimi si concentra in poche associazioni. La metà dei volontari ha un diploma superiore, il restante si divide equamente tra laurea e licenza media o inferiore. Il 40 per cento è lavoratore, altrettanti sono pensionati. Per i volontari padovani l’attività gratuita è svolta in maniera sistematica per 2 volontari su 3. Ciò significa che l’impegno è quotidiano e, generalmente, ciascun volontario ha una precisa mansione e turni di servizio definiti. I volontari più occasionali sono sotto i 64 anni d’età, per i giovanissimi generalmente si tratta di attività saltuarie, come la collaborazione a un evento, a una raccolta fondi o a un progetto preciso. Nonostante la maggior parte dei volontari sia donna, il 71 per cento dei presidenti è maschio, con età media 61 anni e quasi 1 su 2 è pensionato. Delle associazioni intervistate, solo 1 su 3 si avvale di personale dipendente per qualificare l’attività. I collaboratori sono generalmente donne, il 36 per cento ha un contratto di dipendenza, gli altri hanno forme di collaborazione occasionale.

Le associazioni prestano ancora poco impegno nella formazione dei volontari.

Infatti solo il 20 per cento delle intervistate dichiara di svolgere corsi formativi con regolarità. Ciò significa che le associazioni prediligono convogliare le proprie energie nei servizi e nella realizzazione delle proprie finalità. Per quanto riguarda la comunicazione, quasi tutte le associazioni hanno almeno materiale divulgativo cartaceo, per lo più fatto “in casa”. L’utilizzo del sito internet e dei social è ben presente. La comunicazione esterna riguarda soprattutto iniziative di raccolta fondi.

Le associazioni hanno scarsi rapporti con l’ente pubblico, infatti meno di 1 associazione su 4 ha stipulato convenzioni. Per lo più si tratta di rapporti onerosi, ad esempio relativi a servizi di trasporto o altri servizi affidati dall’ente pubblico alle associazioni. Le convenzioni sono stipulate principalmente con l’amministrazione locale o l’azienda sanitaria di riferimento. Per maggiori informazioni il rapporto completo è disponibile su www.csvpadova.org

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