Colli Euganei, il parco si "allarga"

Buone notizie per il parco dei Colli euganei che (almeno per il momento) non sarà destinato a diventare una terra di nessuno, aperte alle doppiette e alla probabili colate di cemento. Anzi, tutto sommato, il suo patrimonio ambientale protetto sarà salvaguardato e perfino lievemente incrementato, stando alla nuova delibera regionale messa a punto dalla giunta di Luca Zaia, su proposta dell’assessore all’ambiente Cristiano Corazzari, cui è toccato il compito di sondare i pareri dei quindici sindaci il cui territorio ricade del tutto o in parte nel perimetro vincolato.

Colli Euganei, il parco si "allarga"

Buone notizie per il parco dei Colli euganei che (almeno per il momento) non sarà destinato a diventare una terra di nessuno, aperte alle doppiette e alla probabili colate di cemento.
Anzi, tutto sommato, il suo patrimonio ambientale protetto sarà salvaguardato e perfino lievemente incrementato, mentre il divieto di caccia ai cinghiali (e alle altre specie infestanti) resterà inalterato, salvo le procedure di abbattimento selettivo autorizzate.
Questo stando alla nuova delibera regionale messa a punto dalla giunta di Luca Zaia, su proposta dell’assessore all’ambiente Cristiano Corazzari, cui è toccato il compito di sondare i pareri dei quindici sindaci il cui territorio ricade del tutto o in parte nel perimetro vincolato.

Una procedura avviata dopo le proteste suscitate dal controverso progetto di legge di Sergio Berlato, il capogruppo di Fratelli d’Italia-An e patrono delle associazioni venatorie, favorevole a “riclassificare” il parco riducendo del 50 per cento la fascia di protezione così da consentire ai residenti l’esercizio della caccia «alle specie selvatiche dannose alle colture e all’incolumità della popolazione».

Uno sfregio per i difensori dell’ecosistema e per i municipi, la cui volontà è stata infine recepita da Palazzo Balbi, che la tradurrà in un atto esecutivo nella prossima seduta.
In sintesi, le proposte “cartografiche” giunte dalle amministrazioni locali sono così riassumibili: Arquà Petrarca, Baone, Rovolon, Torreglia, Battaglia Terme, Monselice, Montegrotto, Este, Abano e Cervarese Santa Croce hanno confermato la volontà di mantenere l'attuale perimetro; Lozzo Atestino e Cinto Euganeo, hanno chiesto un leggero ampliamento dei confini del parco rispetto ai vincoli attuali; Vo’, Teolo e Galzignano Terme sollecitano invece una riduzione dell'area sottoposta al Piano ambientale; di modesta entità per quanto riguarda i primi, rilevante, rispetto all'estensione del territorio comunale, da parte dell’ultimo.

Tali varianti sono state valutate dal gruppo di lavoro Corazzari trasponendo le richieste in un’unica planimetria con successive sovrapposizioni cartografiche attraverso le mappe dei vincoli idrogeologici, della vegetazione e dell’habitat prioritari, dei limiti paesaggistici e di quelli derivanti dal piano ambientale. A ciò è seguita un’ulteriore trattativa con le amministrazioni: il binomio Teolo-Cervarese e la triade Galzignano-Battaglia-Monselice sono state invitate al confronto reciproco nell’obiettivo di garantire continuità alle potenziali aree contigue, e tale prassi ha consentito di “omogeneizzare” le rispettive perimetrazioni. Analoghi ritocchi sono stati concordati con Vo’, Cinto e Lozzo.

Così oggi il perimetro del parco Colli, soggetto cioè a tutela integrale, si estende su 18.694 ettari mentre le aree contigue ammontano a 397 ettari. Ebbene, il progetto conclusivo che accompagna la relazione dell’assessore alla giunta prevede la riduzione di 307 ettari della superficie del parco – ovvero le porzioni urbanizzate del territorio di Vo’, Teolo e Galzignano dove i sindaci, in assenza patrimoni naturali da salvaguardare, chiedono freni meno stringenti – e il contemporaneo aumento di 397 delle aree contigue, così da innalzare la superficie complessiva sottoposta a vincolo a 18.784 ettari.

E il fatidico spauracchio-cinghiali?
Al di là della propaganda strumentale, la loro proliferazione incontrollata (causata, peraltro, dagli stessi cacciatori che ne hanno attuato il ripopolamento abusivo una ventina d’anni fa) oltre a provocare frequenti incidenti stradali, crea danni devastanti non soltanto all’agricoltura ma alle stesse bellezze naturali.
Per frenarne il dilagare (sono stimati oltre 10 mila capi con crescita esponenziale annua del 220 per cento) polizia provinciale ed ente Parco hanno varato un piano di cattura che consente una media mensile di abbattimenti pari ad un centinaio di esemplari; tale procedura sarà intensificata, con l’erogazione di maggiori risorse da parte della regione.
Tant’è. Questa è la delibera che sarà sottoposta al territorio e quindi al consiglio regionale dove, c’è da scommetterci, l’irriducibile Berlato non tarderà a imbracciare la doppietta.

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