«Contro il centralismo, votare no al referendum costituzionale»

Opinioni a confronto in vista del referendum che si terrà in autunno. Chi di certo non vede di buon occhio la riforma della costituzione è il presidente del consiglio regionale del Veneto Roberto Ciambetti, che tra l’altro recrimina sul fatto che «qualche comitato sa la data (il 22 ottobre) prima ancora che venga comunicata ufficialmente». E ancora unioni civili, economia, rapporti con le regioni confinanti nella nostra intervista.

«Contro il centralismo, votare no al referendum costituzionale»

A cosa si riferisce presidente?
«Il presidente del consiglio su questa partita ha scommesso “qualcosa”, quindi ha attivato persone di sua stretta fiducia sul territorio per partire con la campagna referendaria con largo anticipo saltando la prassi istituzionale che prevede il provvedimento del consiglio dei ministri e l’accordo con il presidente della repubblica. Mi pare che in tutto questo ci sia una gestione “bersaglieresca”. Con tutto il rispetto dei bersaglieri».

Cosa non la convince, il fatto che si troverà a presiedere un’aula in cui siederanno anche dei senatori?
«Certo che no. Come conferenza delle Assemblee legislative da tempo collaboriamo col Senato, i rapporti sono avanzati. Su questo aspetto sono favorevole, il problema è tutto il resto della riforma: la ricentralizzazione di competenze, di decisione, di iniziative che tolgono alle autonomie locali grandissimo spazio».

A quali competenze si riferisce in particolare?
«Io ho qualche dubbio che il turismo gestito dall’Enit (l’Agenzia nazionale del turismo, ndr) possa essere migliore di quanto realizzato dalle regioni in questi anni. E lo dico da regione leader in Italia per numero di presenze, con un rapporto tra spesa di produzione e risultati ottenuti che sfido chiunque ad avvicinare. Nei maggiori paesi europei il turismo viene gestito a livello locale, con un coordinamento nazionale: in Italia probabilmente il coordinamento nazionale non funziona e cosa fa il governo Renzi? Ricentralizza il potere. Tra l’altro su questo nel 1994 ci fu anche un referendum».

La legge prevede però anche il “regionalismo diffuso”: regioni con bilanci sani possono chiedere allo stato maggiore autonomia.
«Agli amici senatori del centrosinistra che mi hanno illustrato questo articolo ho chiesto: che cosa accade se di fronte alla richiesta lo stato non risponde? Nulla, non ci sono vincoli o sanzioni».

Rimane caldissimo il tema unioni civili. Che cosa pensa della legge approvata in senato pochi giorni fa?
«Dubito che fosse così necessaria. Non ho percepito in materia un diktat europeo così forte. Di certo credo che sia stato assurdo bloccare il parlamento per un mese e mezzo attorno alla Cirinnà. Forse faceva comodo sviare l’attenzione da altre emergenze come quella del lavoro e della sicurezza. Il 30 gennaio ero al Family day: tutte quelle persone scese in piazza al Circo massimo in difesa della famiglia composta da uomo e donna sono state ignorate».

In tema di lavoro però i dati del centro studi di Intesa San Paolo che vede sette distretti produttivi veneti sui primi 15 sono confortanti.
«In effetti il 2015 è stato un anno speciale per questi imprenditori e il merito è tutto loro. Non so se si potrà dire lo stesso per il 2016. Già dall’ultimo trimestre dello scorso anno sono in calo mercati importanti per il nostro export come Cine e Brasile».

Come vede lo sviluppo futuro della nostra regione all’interno di un’area più grande che è il Nordest?
«Purtroppo noi siamo una realtà produttiva e dinamica circondata dai “cugini ricchi” del Trentino Alto Adige e del Friuli Venezia Giulia da cui appena qualche senatore democratico (l’ultima in ordine di tempo Laura Puppato, ndr) avanza l’ipotesi di una regione unica partono anticorpi in difesa dell’autonomia. Dubito che sia mai esistito un vero Nordest. Quel che conta per noi è liberarci dalla palla al piede che è lo stato centrale».

E dunque avanti con il referendum per l’autonomia.
«Esatto. Ad aprile voteremo la legge in consiglio. In autunno le urne, magari in concomitanza con il referendum sulla riforma costituzionale».

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