Etica ambientale. Martedì il sociologo Karl-Ludwig Schibel a Padova

Il pensiero del sociologo Karl-Ludwig Schibel: pensare a uno stile di vita sostenibile che valga per tutti sarebbe autoritario e repellente, ma nonostante il pessimismo sull'esistenza umana su questo pianeta, un futuro per l'uomo c'è e deve partire dal basso, dal locale

Etica ambientale. Martedì il sociologo Karl-Ludwig Schibel a Padova

Pensare a uno stile di vita sostenibile che valga per tutti sarebbe «autoritario e repellente», ma nonostante il pessimismo sull'esistenza umana su questo pianeta, un futuro per l'uomo c'è e deve partire dal basso, dal locale. È il pensiero di Karl-Ludwig Schibel, sociologo esperto di ecologia sociale e coordinatore di Alleanza per il clima Italia, che esporrà la sua relazione martedì 28 novembre alle 16.45 nel secondo seminario organizzato dalla fondazione Lanza nella propria sede di via Dante all'interno del ciclo "Per la cura della casa comune. L'etica ambientale nel tempo dell'antropocene".

L'enciclica Laudato si' del 2015 ha avuto un ruolo fondante nel porre al centro di un discorso comune antropologia, ecologia sociale, responsabilità politiche, religiose e ruoli dei singoli individui verso la nostra “casa comune”. La crisi ambientale è crisi antropologica: analogie con la teoria di Bookchin. Il messaggio è stato recepito e interiorizzato?

«Murray Bookchin, con la sua ecologia sociale, affermava già negli anni Sessanta che l'idea sbagliata di poter dominare la natura è il risultato del dominio dell’uomo sull’uomo. Lo stretto legame tra ingiustizia e inuguaglianza tra gli uomini e il rapporto distruttivo tra uomo e natura si ritrova in molti passaggi dell’enciclica Laudato si'. Il documento riveste un ruolo fondamentale per introdurre al pensiero ecologico chi finora non aveva attribuito grande rilevanza a questo tema, ma soprattutto è stato un grande incoraggiamento per il mondo ambientalista e delle cooperazioni, rafforzando la legittimità degli sforzi»

Attorno, però, vediamo decisioni prese da azioni individualistiche (come quella del presidente americano Trump di ritirare l'America dagli accordi di Parigi). Ha senso parlare di presa di coscienza mondiale e di solidarietà internazionale?

«Ha certamente senso parlare di coscienza mondiale e di solidarietà internazionale fin quando si intravedono passi in avanti verso una società più ecologica, che è sempre minacciata però dal rischio di arrestarsi. Non è un processo uni-direzionale né uni-dimensionale e non ha un solo soggetto come un'astratta “umanità”, anche perché è uno scenario nel quale convivono una moltitudine di attori con agende diverse».

Papa Francesco, di recente, ha parlato di “terra senza confini” e di una coscienza responsabile come modello da applicare in linea con uno stile di vita improntato verso un'ecologia integrale. Nel concreto, moralmente ed eticamente, quali possono essere gli impegni di una comunità civile?

«L'idea di un unico modello di “stile di vita sostenibile” valido per tutti e tutte è autoritario e repellente e degenera in egocentrismo: uno va in bicicletta e ogni tanto mangia una bistecca; un'altra prende un volo transatlantico per vedere il fratello a Boston ed è vegetariana. La libertà di auto-determinazione è al cuore dell'ecologia sociale, ma non solo: per poter spostarsi in bicicletta sono necessarie piste ciclabili; per poter rinunciare all’automobile ci dev'essere un sistema di trasporto pubblico efficiente. Ci vogliono beni e servizi che permettano alle persone di fare “più con meno” e di comportarsi con correttezza ecologica. Per questo un ruolo importante lo svolgono le comunità locali con esperienze pilota o iniziative come l'urban gardening o il repair café».

ll recente rapporto Asvis (Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile) afferma che l'Italia è in ritardo sugli Obiettivi di sviluppo sostenibile approvati dalle Nazioni unite. Sono, a ogni modo, un contributo concreto per ripensare un modello di sviluppo globale?

«Gli Obiettivi sono un documento meraviglioso perché vale per tutti paesi membri, dal Nord al Sud. La sfida è rendere questi obiettivi, tanto nobili quanto per forza molto generici, rilevanti per ogni paese e soprattutto concreti per il territorio. Che cosa significano le pari opportunità (il quinto obiettivo) nel Padovano per una quinta di scuola superiore? Non per l’umanità, non per l’Italia, ma per un gruppo definito di persone? Gli Obiettivi o vivranno dal basso o rimarranno bei principi. La politica nazionale deve creare condizioni favorevoli, dare il proprio sostegno nel suo agire quotidiano, cosa che non avviene in questo momento».

Esistono prospettive per una società sostenibile e, come Bookchin sosteneva, non gerarchica? Si può invertire l'attuale logica imperante basata su profitto e disuguaglianze?

«Solo ciarlatani e megalomani avrebbero una risposta. Le prospettive esistono e sono state elaborate da Bookchin con la sua “Ecologia della libertà” già 30 anni fa. Negli ultimi tre decenni sono cresciuti gli indicatori allarmanti di una possibile distruzione della base naturale della vita umana, ma parallelamente la speranza è data da iniziative, esperienze e soluzioni per una conversione ecologica. Numerosi studi hanno dimostrato che ci sono risorse abbondanti per abolire la fame su questo pianeta e garantire a tutti una vita decente. Come insisteva Gandhi, “Sulla terra c’è abbastanza per soddisfare i bisogni di tutti, ma non per soddisfare l’ingordigia di pochi”».

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