Immigrati, l'Europa futura ha bisogno di loro

È quanto emerge dalla tavola rotonda sulla città e sulla sfida dell'integrazione organizzata nei giorni scorsi dalla Comunità di Sant'Egidio al teatro Ruzzante di Padova. «Il nostro continente è sempre più vecchio – afferma Alessandra Coin – Se non vuole congedarsi dalla storia, come ha detto papa Benedetto XVI, ha bisogno delle forze giovani e dinamiche che i migranti offrono».
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Immigrati, l'Europa futura ha bisogno di loro

Affrontare le emergenze, come quella dei profughi, e al contempo lavorare per accelerare l’integrazione delle persone straniere che da tempo vivono e lavorano nel territorio. Sono le sfide, vecchie e nuove, che un po’ tutte le città si trovano a fronteggiare in relazione al complesso fenomeno dell’immigrazione. Il dibattito su questo tema è acceso anche a Padova. Fatica, tuttavia, a superare i limiti di un approccio impaurito, condizionato com’è da una narrazione del processo migratorio che spesso non aiuta a fare chiarezza, e anzi alimenta il desiderio di trincerarsi dietro a muri e barriere.

Prova a indicare una rotta la comunità di Sant’Egidio, che nei giorni scorsi ha organizzato la tavola rotonda “Immigrazione e futuro: la città e la sfida dell’integrazione”. L’iniziativa ha voluto riprendere il discorso là dove era stato lasciato a gennaio in un analogo convegno. Allora era emerso il quadro di una Padova in cerca, per certi versi, della propria identità. Desiderosa, in molte sue componenti, di ritrovare quelle tradizioni di luogo solidale e aperto al mondo che nei secoli ha saputo attrarre chi era straniero, valorizzandone la ricchezza umana e spirituale. Il presupposto è far sì che i migranti cessino di giocare un ruolo decisivo nelle nostre paure, obiettivo che passa, appunto, per le due sfide della gestione dei profughi e del pieno inserimento dei migranti stabilitisi da tempo in Italia.

«Di fronte a guerre e tragedie c’è una responsabilità comune che va accettata e condivisa – afferma riguardo alla prima sfida Alessandra Coin, della comunità di Sant’Egidio – C’è un dovere di soccorso del quale deve farsi carico l’Europa intera, mobilitando tutte le sue forze. Ma anche in Italia questo deve essere il tempo della solidarietà e del coordinamento tra stato centrale ed enti locali. Un clima da guerra fredda non fa bene a nessuno. Dopo tutto si parla di numeri piccoli: i richiedenti asilo a Padova sono un centinaio, 350 in provincia».

Eppure di fronte alla prospettiva di nuovi arrivi c’è paura: «Paura che si può vincere perché spesso viene dal non conoscere l’altro. Occorre promuovere l’incontro, dal quale si liberano molte energie. A Baone c’è chi si è offerto di dare lezioni di italiano. A Padova abbiamo organizzato una cena etnica il cui ricavato è andato ai poveri della città. Su queste strade tutti possiamo metterci in movimento per un futuro diverso».

La seconda sfida, che non deve essere accantonata dall’urgenza della prima, richiede, da parte sua, che si costruisca una buona volta un modello d’integrazione che tenga conto delle caratteristiche demografiche, economiche, storiche e culturali del paese. «Finora in Europa l’integrazione è avvenuta spontaneamente, dal basso, ma non è stata governata. Occorre superare gli stereotipi sulla base di dati chiari e aggiornati: gli immigrati generano pil, sostengono le pensioni, consumano e creano impresa. L’Europa è sempre più vecchia e, se non vuole “congedarsi dalla storia”, come ha detto papa Benedetto XVI, ha bisogno delle forze giovani e dinamiche che i migranti portano con sé. Ci serve la loro domanda di futuro per avere anche noi, insieme a loro, un futuro».

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Parole chiave: Comunità (65), immigrati (78), integrazione (33), Padova (502), Sant'Egidio (30)
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