Istruzione e formazione, uguale dignità nel nuovo modello veneto

Il 23 marzo è stata approvata dal Consiglio regionale, a larga maggioranza (39 i sì, 6 le astensioni: Movimento 5 Stelle e Articolo 1 Mdp, nessun voto contrario), la nuova legge sul Sistema educativo del Veneto.
Autonomia e formazione: un connubio che trae anzitutto ispirazione dall’associazione che raccoglie gli enti di formazione professionale, impegnati da anni nel portare avanti la proposta, concretizzatasi nella nuova legge che racchiude un valore di anticipazione dell’auspicata autonomia regionale anche in ambito scolastico.

Istruzione e formazione, uguale dignità nel nuovo modello veneto

Il 23 marzo è stata approvata dal Consiglio regionale, a larga maggioranza (39 i sì, 6 le astensioni: Movimento 5 Stelle e Articolo 1 Mdp, nessun voto contrario), la nuova legge sul Sistema educativo del Veneto.
Autonomia e formazione: un connubio che trae anzitutto ispirazione dall’associazione che raccoglie gli enti di formazione professionale, impegnati da anni nel portare avanti la proposta, concretizzatasi nella nuova legge che racchiude un valore di anticipazione dell’auspicata autonomia regionale anche in ambito scolastico.
Si tratta, per ora, di una legge-quadro, un canovaccio di principi i cui effetti si tradurranno, poi, attraverso le delibere attuative.

Le novità più significative riguardano soprattutto la pari dignità tra istruzione statale e formazione professionale, attualmente promossa principalmente da enti privati accreditati dalla regione.
«È una svolta epocale: una scuola finora considerata di “serie B” è paragonata alle altre. Ma ancor più epocale per le famiglie che godono di una garanzia in più per il futuro dei loro ragazzi», sintetizza Loris Giuriatti, direttore Enaip Bassano del Grappa. Un passo avanti, dopo la legge del 1990, in vista di un legame più stretto con le altre realtà scolastiche statali.
Infatti «è riaffermata la possibilità di sostenere un quarto anno con il quale ottenere la qualifica di diploma tecnico. Con la prospettiva – ipotizza Raffaello Fortuna, presidente Engim Veneto – di integrare un quinto, grazie al quale dare la possibilità di accedere alla maturità e proseguire poi all’università».

Partendo da questi principi si apre la strada alla gestione della «programmazione non più annuale, bensì triennale fissata a livello regionale, nell’ottica di una chiara autonomia», sottolinea Renato Meggiolaro, già presidente di Forma Veneto (associazione di ispirazione cristiana che raggruppa oltre l’85 per cento dei centri di formazione professionale veneti).
Questa autonomia potrebbe abbracciare anche gli altri istituti statali: pur mantenendo la giurisdizione statale, il Veneto si occuperà direttamente di programmazione, valutazione e monitoraggio non solo dei Cfp, ma di ogni ordine e grado di scuola. Per poi aprire la strada a interventi sugli organici e sul calendario scolastico (attualmente la regione interviene solo in parte).

La legge-quadro apre la possibilità anche per ulteriori investimenti a favore della libertà di scelta, anche grazie allo strumento dei buoni-scuola.
La delega regionale stabilisce, inoltre, dove aprire nuovi licei e istituti tecnici, o spostarli, per «creare dei veri poli formativi territoriali: in tal modo – spiega ancora Meggiolaro – in ogni macro-area potranno trovarsi varie tipologie di scuole, garantendo un’ampia offerta ai ragazzi».

Altro punto chiave è rappresentato dal monitoraggio, dalla valutazione dei risultati e dagli obiettivi formativi.
A fronte della dispersione scolastica (pari all’8,1 per cento in Veneto, rispetto al 14,7 a livello nazionale secondo i dati del 2015) potrebbe essere creata, presso la Giunta, l’Anagrafe regionale degli studenti. Alla Giunta spetterà anche la promozione delle condizioni per garantire l’esercizio del diritto alla formazione lungo tutto l’arco della vita. È prevista poi la possibilità di promuovere le specificità delle comunità locali, con il chiaro obiettivo di valorizzare l’autonomia delle istituzioni scolastiche.
La dignità prospettata per queste scuole è, in realtà, un percorso già messo in opera da anni. Non mancano, infatti, esempi di Centri di formazione professionale che svolgono attività in sinergia con il territorio e a favore del territorio.

«Le nostre scuole sono diventate polo di innovazione didattica, oggetto di attenzione di altre realtà scolastiche – racconta con orgoglio Giuriatti – Penso al modo rivoluzionario che abbiamo di far storia, partendo dall’11 settembre per tornare indietro, oppure alla valorizzazione delle competenze di cui andiamo parlando da molti anni, con la grande importanza data al “saper fare”».

Un “saper fare” che molto spazio deve ritagliarsi in una società dove le abilità manuali sono spesso mancanti, ma quanto mai richieste dal tessuto economico locale.

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