L'Anci: carrozzone o valido strumento politico?

Seppure il sindaco di Padova Massimo Bitonci abbia annunciato l’uscita in polemica per le scelte sull’accoglienza dei migranti e i costi dell'associazione dei comuni, la maggior parte dei sindaci è d’accordo sul fatto che l’Anci riesca comunque a fare “massa critica” ai tavoli istituzionali e sull’utilità dei servizi erogati, indispensabili soprattutto ai piccoli comuni.
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L'Anci: carrozzone o valido strumento politico?

La “bomba” per la politica amministrativa regionale è arrivata a inizio settimana da palazzo Moroni: il sindaco di Padova, Massimo Bitonci, ha deciso di far uscire dal 2016 il suo comune dall’Anci, il “sindacato” dei municipi italiani, in polemica con le scelte fatte in materia di accoglienza dei migranti. Non solo: «Un’associazione inutile e costosa» l’ha definita il sindaco, insomma l’ennesimo carrozzone pubblico. Ma è davvero così? Serve per supportare i piccoli comuni nei meandri delle migliaia di leggi e leggine, nazionali e locali, o i 36 mila euro di quota d’iscrizione – quella del comune di Padova – sono soldi gettati al vento? Raccogliendo le impressioni degli amministratori locali, soprattutto dei comuni più piccoli, sembrerebbe di no.

Secondo Angelo Tosoni, vicepresidente vicario di Anci Veneto, il rischio è buttare tutto nel calderone mediatico delle spese inutili della pubblica amministrazione. «Tutte le forze politiche negli anni hanno giudicato positivamente i servizi dell’Anci e l’opera di rappresentanza degli enti locali nei confronti del governo centrale. Probabilmente il sindaco Bitonci ha cambiato idea da quando è sindaco di una grande città… L’Anci regionale dà un aiuto prezioso ai piccoli municipi alle prese con il grande coacervo delle leggi che i comuni devono far rispettare. L’Anci nazionale, forse, si occupa più delle grandi città e un po’ meno delle piccole realtà, ma la sua “voce comune” a Roma è pur sempre utile».

La critica che i detrattori dell’Anci fanno all’organismo riguarda soprattutto i costi e i servizi offerti, che potrebbero essere “surrogati” all’interno delle amministrazioni con le competenze dei funzionari comunali. «Quesiti, interpretazioni di legge complicatissime – prosegue Tosoni, sindaco di Valeggio sul Mincio – così come i corsi di formazione per i dipendenti comunali sono utilissimi. I costi? Variano in base al numero di abitanti, ma sono davvero modesti. È un carrozzone? Se tutto quello che riguarda la politica e le istituzioni non serve più, certo allora si può eliminare, ma questa mi sembra una posizione per fare campagna elettorale permanente».

Secondo alcuni le critiche verso l’Anci, “inaugurate” dal sindaco di Padova, rientrano in una logica nazionale di opposizione all’ente presieduto dal sindaco di Torino Piero Fassino, ritenuto troppo filogovernativo soprattutto in tema di accoglienza. Ne è convinto anche Alessandro Bolis, sindaco del comune padovano di Carmignano di Brenta. «L’Anci non è un carrozzone, certo forse è un po’ sbilanciato sulle posizioni dei comuni più grandi, ma ha una sua valenza. Nei municipi più piccoli non ci sono gli uffici legali, gli uffici che si rapportano con le istituzioni sovraordinate, non ci sono decine di dirigenti che possono avere competenze specifiche e approfondite su temi complessi e in continuo aggiornamento». Ma l’Anci, come organismo di “lobbying” dei comuni verso il governo centrale, è anche uno “strumento politico” per tutelare gli enti locali, fa notare Giuseppe Bortolan, consigliere nazionale dell’Anci e sindaco di Bressanvido. «L’Anci fa massa critica a Roma per dare un peso politico alle richieste dei comuni, che in questi anni hanno subito tagli da tutti i governi. Proprio per le realtà più piccole è un partner prezioso: per il mio comune spendiamo circa 500 euro l’anno di iscrizione e la quota è più che sostenibile. Le attività anche convegnistiche sono validissime per aggiornare i nostri dipendenti e funzionari. Penso che negli ultimi due anni, soprattutto in tema di trasferimenti di risorse ai comuni, senza la pressione dell’Anci per i municipi sarebbe stata ancora più dura chiudere i bilanci».

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