La sfida del futuro: un Veneto interconnesso

Il Rapporto statistico 2016 descrive una regione che funziona, anche se continua a invecchiare. Tra gli snodi strategici, quello delle aree urbane e la scommessa della interconnessione: un obiettivo ancora tutto da raggiungere, nel campo delle comunicazioni come dell'economia, tra generazioni e nelle politiche sociali.

La sfida del futuro: un Veneto interconnesso

«Siamo la regione non autonoma con il più alto tasso di occupazione in Italia: solo il 7,1 per cento dei veneti non ha un lavoro».
È su questo dato preciso (Veneto secondo solo al Trentino) che Luca Zaia, il 15 luglio a Padova, ha scelto di puntare per presentare il Rapporto statistico regionale per il 2016.
È il racconto di una regione che funziona («se non altro ciò che è stato fatto non ha prodotto danni», ha detto il presidente) con una trama basata su economia – che dice di un pil che cresce dell’1 per cento (la media nazionale è allo 0,8) e di un export che continua a galoppare e vede il Veneto prima regione europea con un più 4 per cento tra 2013 e 2015 – e autonomia: «Abbiamo chiesto al governo un election day con il referendum sulla costituzione: ci permetterebbe di risparmiare 13 milioni di euro...».

Il titolo scelto per il rapporto 2016 è Interconnessioni, ma se pensiamo a un Veneto interconnesso più che descrivere una realtà tracciamo la parabola di un’aspettativa per il futuro.
Così la pensa Daniele Marini, sociologo dell’università di Padova e direttore scientifico di Community media research.
«L’interconnessione è un obiettivo che va perseguito – argomenta Marini – Basti pensare al tema delle politiche industriali: non si può più prescindere dal fattore comunicazione, che a sua volta si traduce in infrastrutture a servizio della banda larga e dunque in sviluppo del territorio. Lo stesso vale per turismo, agricoltura e tutti gli altri ambiti produttivi. L’obiettivo insomma è una politica integrata per un’economia interconnessa, allo stesso modo della popolazione».

Il rapporto si sofferma anche sul desiderio inappagato di maternità (le donne italiane vorrebbero due figli ma ne hanno in media 1,39) così la popolazione invecchia e, per la prima volta dal 1960, cala.
«Ciò che stiamo sperimentando in questa fase storica è un inedito nella storia dell’uomo. Giovani che convivono sempre più spesso anche con i bisnonni rappresentano un’interconnessione tra generazioni. Ma nel contempo devono interconnettersi anche con i migranti – la vera sfida oggi – di cui abbiamo bisogno per sostenerci demograficamente. Se pensiamo che negli anni ’60 la media di figli per donna era 2,6, comprendiamo come i comportamenti riproduttivi si siano rovesciati in pochi anni. La domanda è: può reggersi un sistema paese che ha bisogno dei migranti per andare avanti? C’è bisogno di politiche serie per la famiglia che siano le più interconnesse possibile, perché non si tratta di distribuire risorse, ma di fornire servizi. Certo, occorre essere lungimiranti, perché scelte di questo tipo portano risultati nell’arco di vent’anni. Basterebbe copiare la Francia e i paesi del Nord Europa che a partire dagli anni ’90 sono riusciti a invertire un trend preoccupante per quanto riguarda le nascite».

Snodi centrali per il sistema Veneto appaiono le aree urbane. Qui vive il 40 per cento della popolazione e un altro 26 per cento vi si reca per lavoro o studio. Qual è lo stato di salute delle città venete?
«La città va pensata non come una serie di edifici e strade, ma di infrastrutture con una funzione sociale. La città infatti è un insieme di reti sociali tra cittadini e a questo proposito ci sono due esempi da studiare e perseguire. Anzitutto la pedonalizzazione dei centri storici che conferisce maggiore identità alla città grazie alle iniziative che vengono sviluppare all’interno: è un vero e proprio “brand” da costruire. In secondo luogo, fenomeni di welfare dal basso come le social street (iniziative di aiuto e sostegno nel vicinato senza scambio di denaro) nate a Bologna tre anni fa ed esplose in tutto il mondo, come si vede su www.socialstreet.it».

La nostra regione economicamente sta abbastanza bene.
Oltre a occupazione ed export, si conferma il forte traino del turismo, questa sì una vera interconnessione. Con 62 milioni di presenze all’anno siamo la prima regione in Italia (davanti a Trentino e Toscana) e la sesta in Europa (a ridosso di Baleari e Croazia).
Ma i veneti hanno la percezione di questo relativo benessere?

«In realtà no. Ma la distorsione della percezione è un fenomeno serio capace di produrre un rovesciamento della realtà. Un esempio: i dati del ministero dell’interno da anni descrivono la diminuzione dei reati in Italia: ma gli italiani si sentono più sicuri? Il rischio è quindi di vivere una realtà non vera, prodotta dalla nostra percezione distorta.

«Questo dipende anche dal bombardamento continuo, per lo più negativo, a cui siamo sottoposti. I grandi atti di solidarietà emergono praticamente solo a seguito di altrettanto grandi tragedie. Per lo stesso meccanismo, anche se l’epoca d’oro degli anni ’90 è finita, non ci rendiamo conto di vivere in un territorio tuttora vitale».

I DATI Crescono economia e occupazione. Cala (e invecchia) la popolazione

Il Rapporto statistico regionale (che si può scaricare da statistica.regione.veneto.it nella sezione “novità”) scatta ogni anno una fotografia dello stato di salute del Veneto.
Oltre ai dati già citati è interessante rilevare come il rapporto quest’anno dedichi una sezione alle relazioni tra la nostra regione e il Regno Unito che ha appena scelto la Brexit. In ballo ci sono i 3 miliardi di fatturato che le imprese venete, in prima linea quelle dell’agroalimentare, realizzano in Uk. Basti pensare che nel 2015 il 30 per cento del vino esportato è arrivato Oltremanica (350 milioni di euro).
Sul fronte dell’innovazione, il Veneto risulta la seconda regione in Italia: sei aziende su dieci hanno una buona propensione per l’innovazione. Le start up innovative a febbraio 2016 risultano 380, ben il 50 per cento in più rispetto al 2015.
Per quanto riguarda le infrastrutture, ogni 100 chilometri quadrati di superficie il Veneto ha 53,6 chilometri di strade, 3 di autostrade e 6,8 di ferrovia. Il porto di Venezia conta 3.400 navi e 1 milioni e 700 mila passeggeri l’anno. I tre aeroporti (Venezia, Verona e Treviso) accolgono 16 milioni di viaggiatori in 12 mesi.
Infine la popolazione. Un veneto su quattro oggi è anziano, come nel resto d’Italia. I decessi superano le nascite, la popolazione cala (qui non succedeva da 90 anni). Oggi nella nostra regione abitano 4.915.123 persone, 12 mila in meno del 2015, quando i nati sono stati il 16 per cento in meno del 2008.

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