Padova verso il voto: la vera sfida? Oggi è essere sostenibili

L'inchiesta della Difesa sui grandi temi che segnano la qualità della vita in una città. Padova soffre per l’inquinamento atmosferico, per un parco edilizio vetusto, per un piano regolatore tradito. Ma le sfide della sostenibilità sono tante, a partire dal futuro del nuovo ospedale e di altre aree cruciali che restano da recuperare.

Padova verso il voto: la vera sfida? Oggi è essere sostenibili

Se il problema dei cambiamenti climatici è diventato tema centrale a livello globale, Padova il suo contributo lo sta dando… in negativo
Dal 1 ottobre 2016 al 31 marzo 2017 i giorni in cui è stato superato il limite dei 50 microgrammi di polveri sottili per metro cubo d’aria sono stati 83. Tantissimi, visto che la legge consente 35 superamenti l’anno.
Un grave pericolo per la salute pubblica, visto che le PM10 sono causa di bronchiti, asma e tumori. Non sono bastate le blande limitazioni del traffico a “dare respiro” alla città e, complice l’inverno meno piovoso da decenni, si fa sentire la mancanza di adeguati interventi strutturali: potenziamento del trasporto pubblico, incremento delle piste ciclabili e del bike sharing anche nei quartieri, più alberi sia in centro che in periferia, promozione del car pooling tra colleghi di lavoro e non solo.

Ma non è certo il traffico l’unica causa delle polveri sottili: processi industriali e riscaldamento danno il loro notevole contributo.
Per quanto riguarda l’edilizia pubblica l’amministrazione comunale negli anni si è impegnata in un importante intervento di sostituzione delle vecchie caldaie nelle scuole e nei vari stabili comunali con impianti a metano e ha dato impulso alla produzione di energia rinnovabile con gli impianti fotovoltaici.

Quanto all’edilizia privata – che è uno dei maggiori settori di consumo energetico civile a livello mondiale – a Padova si calcola che le emissioni di CO2 legate agli edifici residenziali ammontino al 30 per cento delle emissioni totali.
L’opportunità più significativa messa in campo è stata il progetto “Padova Fit” finanziato dalla Comunità europea, che ha come obiettivo la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio privato in città con il coinvolgimento attivo di attori chiave quali gli amministratori di condominio e il settore delle costruzioni.
La città infatti ha un grande parco edilizio risalente agli anni Sessanta, epoca in cui non c’era alcuna attenzione per l’efficienza energetica, che oggi richiede interventi radicali per limitare lo spreco di risorse naturali.

Da almeno vent’anni, grazie anche alla sensibilità e alla forte presenza del mondo dell’associazionismo e del no profit, a Padova è iniziato un lavoro lento ma continuo sul tema della sostenibilità ambientale che ha dato frutti.

La mappa elaborata da “Padova+sostenibile” nel 2012 fissa una fotografia nitida del tema e racconta una città che prova a migliorare attraverso la mobilità, l’educazione ambientale nelle scuole, i percorsi sicuri casa-scuola, le piste ciclabili, la raccolta differenziata porta a porta, lo sviluppo dei gruppi di acquisto solidale, gli orti urbani, il verde pubblico.

Ma una città che rischia di ripiegarsi sul tema della sicurezza e dell’ordine pubblico, e che deve fronteggiare una crisi economica che è diventata epocale, appare orfana di un vero progetto che la consideri come un soggetto attivo. Si lavora di risulta, si risponde alle urgenze.

È di questi giorni, ad esempio, la decisione di tornare all’antico nel campo del verde pubblico, rispolverando una delibera del 2006 che fissava regole precise per l’abbattimento degli alberi in città, uno degli eventi più contestati dai padovani: il comune deve prima avvisare e motivare con la pubblicazione della perizia la scelta di eliminare una pianta; i cittadini avranno quindici giorni di tempo per presentare le loro osservazioni e solo dopo averle analizzate il comune potrà annunciando la decisione finale; gli alberi eliminati saranno sostituiti preferibilmente con esemplari della stessa specie. Un segno, questa decisione, che mostra la volontà di prendere in considerazione le osservazioni dei cittadini e che appare un significativo passo verso un progetto più concreto di città sostenibile.

Anche lo smantellamento dei “cunei verdi”, le aree che nel piano regolatore di Luigi Piccinato dovevano separare i quartieri della prima periferia portando il verde a ridosso delle mura cinquecentesche, è sempre stato fortemente contestato.
Eppure questo sistema di aree verdi, che sarebbe stato la base per un articolato sistema ecologico in ambito urbano, rappresenta un tassello importante della “Padova sostenibile” che potrebbe ricucire molti degli spazi che adesso appaiono simili a una terra di nessuno, recuperandoli a funzioni nuove.

Ma le sfide della sostenibilità sono tante, a partire dal tormentone sul nuovo ospedale che ormai i padovani sembrano considerare più un peso che un’opportunità.
C’è la partita della Fiera e del centro congressi, quella del nuovo auditorium e della riqualificazione di piazzale Boschetti, la trasformazione del foro boario di corso Australia e il ridisegno della Zip, il recupero delle ex caserme a partire dalla Prandina che più volte in passato si è pensato di trasformare in parcheggio, incuranti del fatto che una simile scelta comporterebbe un incremento del traffico verso il centro.

Una città che si ponesse l’obiettivo della sostenibilità come prioritario dovrebbe piuttosto investire nel disegno del trasporto pubblico e dei parcheggi scambiatori, del verde urbano e degli orti sociali come recupero di terreno e di socialità, del riutilizzo degli spazi degradati e dell’incremento della ciclabilità, della riduzione del consumo di energia e del riciclo delle risorse.

E il “retrofit”, vale a dire la scelta di aggiungere nuove tecnologie o funzionalità a un sistema vecchio prolungandone così la vita utile, dovrebbe essere lo strumento indispensabile per contribuire a un vero cambio di passo, affrontando in maniera etica le sfide inevitabili poste dai cambiamenti climatici.

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