Pena di morte, la pena dei poveri

Lunedì 10 ottobre si è celebrata la Giornata mondiale contro la pena capitale. Dagli Stati Uniti all’India, le ricerche indicano lo stretto legame tra povertà e giustizia. Ferma condanna dai vertici dell’Unione europea per un atto disumano e incompatibile con la dignità della persona.

Pena di morte, la pena dei poveri

Il 10 ottobre si è celebrata la XV Giornata mondiale contro la pena di morte.
Come ogni anno la Coalizione mondiale contro la pena di morte ha deciso di porre l’accento sullo stretto legame esistente tra povertà e giustizia. 

Secondo numerosi studi statistici, presi in esame dalla Coalizione, è apparso evidente come «le persone più povere abbiano meno accesso a forme di difesa efficaci e siano quindi più esposte alla possibilità di una condanna, fino alla pena capitale».

Questo succede negli Usa, ad esempio, «dove le fasce più deboli e svantaggiate a livello sociale sono più facilmente soggette ad arresti e condanne anche sulla base di sospetti non sempre verificati, e il più delle volte non sono pienamente a conoscenza dei propri diritti».
E succede in India, dove uno studio dell’università di Nuova Delhi mostra che «il 74,1 per cento dei condannati a morte intervistati erano economicamente vulnerabili».
O in Arabia Saudita dove, secondo la legge sharia, la famiglia della vittima può decidere di opporsi alla pena di morte comminata all’accusato in cambio della Diya (il prezzo del sangue), che costituisce la compensazione al reato. 

I cristiani per l'abolizione della tortura

«È evidente dunque quanto la pena capitale, già di per se iniqua – afferma Acat Italia, l’Azione dei cristiani per l’abolizione della tortura membro della Federazione internazionale delle Acat (Fiacat) – in questo caso sia anche fortemente commisurata al livello di benessere economico della persona accusata».

Acat Italia ribadisce la necessità che «una pratica abominevole come la condanna a morte venga abolita ovunque e per chiunque, senza distinzione alcuna, e l’accesso alla giustizia e ad una difesa efficace sia garantito a prescindere dallo status economico e sociale».

Una condanna della pena di morte è arrivata anche dai vertici dell’Unione europea.
«Ferma e inequivocabile» è «l’opposizione alla pena capitale, sempre e comunque» espressa da Federica Mogherini, Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, e Thorbjørn Jagland, segretario generale del Consiglio d’Europa, in una dichiarazione congiunta in occasione della Giornata internazionale contro la pena di morte.
«Incompatibile con la dignità umana», è un «atto disumano e degradante, senza alcun effetto deterrente accertato e rende irreversibili e fatali gli errori giudiziari», si legge nel testo.

 Questa pratica è stata messa al bando in tutti gli stati membri dell’Ue e del Consiglio, ad eccezione della Bielorussia, che nella dichiarazione è esortata a «introdurre una moratoria quale passo decisivo per l’avvicinamento del paese alle norme giuridiche paneuropee».

Le due istituzioni rivolgono un «pressante appello» anche a tutti gli altri paesi del mondo dove ancora è in vigore perché «istituiscano senza indugio una moratoria sulle esecuzioni» e «commutino le condanne a morte non eseguite in pene detentive». Soddisfazione è espressa per «la tendenza globale verso l’abolizione della pena di morte», in atto già nei due terzi di tutti i paesi del mondo.
E un impegno è ribadito: a sostenere nel contesto delle Nazioni Unite «la tendenza abolizionista nel mondo», con «tutti i mezzi disponibili per combattere la tortura e le altre gravi violazioni dei diritti umani connesse all’imposizione e all’applicazione della pena di morte».

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