Piccoli comuni sul lastrico, in attesa dei nuovi tagli

Dopo le vibranti proteste dei giorni scorsi, i sindaci italiani sembrano ora in attesa di capire quali saranno i prossimi passi del governo. Il tema sono i nuovi tagli agli enti locali presenti nel documento di economia e finanza che l’esecutivo ha licenziato venerdì 10 aprile e che il parlamento inizierà a discutere il 23

Piccoli comuni sul lastrico, in attesa dei nuovi tagli

Dopo l’incontro tra il premier Renzi e i vertici dell’Associazione nazionale dei comuni italiani, presieduta da Piero Fassino, l’allarme sembra rientrato
L’agitazione dei sindaci è però tutt’altro che scemata: «Per comprendere fino in fondo a cosa andremo incontro occorrerà vigilare sulla legge di stabilità 2016 a partire da settembre – spiega Maria Rosa Pavanello, sindaca di Mirano, presidente di Anci Veneto e vicepresidente nazionale – I nostri problemi infatti vengono dalla passata legge di stabilità (la 190 del 2014) e dal riparto delle risorse stabilito a fine marzo: anziché premiare comuni medio piccoli virtuosi che avevano già fatto il necessario per tagliare gli sprechi, si sono introdotti criteri ancor più complessi che hanno finito per peggiorare le cose».

Il risultato, secondo l’Anci, è l’inasprimento delle condizioni di bilancio per 1.200 comuni del Settentrione dai 100 mila abitanti in giù, tra cui un capoluogo come Vicenza
Su questo punto la trattativa con il governo va avanti di settimana in settimana. L’obiettivo? Riuscire a introdurre correttivi che permettano agli enti di non rimanere stritolati fra il taglio dei trasferimenti e il patto di stabilità. La guerra di trincee tra pubbliche amministrazioni non può però durare a lungo. È chiaro che in futuro qualcosa dovrà cambiare. Si parla da tempo di local tax da un lato e di pareggio di bilancio dall’altro.
«In molti sono convinti che il pareggio di bilancio obbligatorio, che comporta un volume di uscite pari alle entrate, risolverà tutti i problemi. In realtà nei bilanci dei comuni compaiono molte entrate in conto capitale, quali oneri di urbanizzazione, alienazioni di immobili o dividendi da azioni finanziarie. Ma quali comuni medio piccoli possono contare su risorse come queste? È evidentemente una misura sbilanciata sulle grandi città».
Ma nemmeno la local tax rappresenta un’alternativa soddisfacente per Pavanello perché, per com’è costruita oggi, prevede che l’addizionale Irpef passi in toto allo stato, mentre ai comuni vada l’Imu anche delle aree produttive: «Ma non si può pensare che tutti i comuni abbiano una zona industriale a garantire nuove risorse».
Insomma, per Pavanello non esiste una soluzione buona per tutti, occorre distinguere tra comuni diversi, specie tra i grandi e i piccoli. Non esattamente un gioco da ragazzi, specie in un paese (sondaggio Ixé per Agorà di Raitre) nel quale il 55 per cento dei cittadini continua a preferire altri tagli ai comuni piuttosto che l’innalzamento dell’Iva.

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