Pm10 alle stelle. Comuni in ordine sparso, aspettando la pioggia

Nel 2015 quattro città venete sono risultate tra le dieci più inquinate d'Italia. Quest’anno, dopo un solo mese, sei capoluoghi veneti su sette hanno già “consumato” una buona metà degli sforamenti ai limiti di Pm10 consentiti. In attesa che nasca finalmente una strategia condivisa. 

Pm10 alle stelle. Comuni in ordine sparso, aspettando la pioggia

C’è chi ha rispolverato le targhe alterne, chi il blocco totale del traffico, chi ha spento stufe e forni a legna e abbassato il riscaldamento.
Di fronte ai valori sempre più alti dell’inquinamento atmosferico sino a oggi ci si è mossi in ordine sparso, anzi privi di strategia come un’armata Brancaleone.
Ora però, visto che se piove le polveri van giù ma con due giorni di sereno l’aria torna irrespirabile, il Veneto ha deciso di far fronte comune e di prevedere a breve un protocollo per l’adozione delle misure antismog.
Un primo passo verso un’azione condivisa e consapevole dei soggetti coinvolti, dopo un 2015 pessimo e un inizio anno con sei città capoluogo su sette che hanno già consumato la metà dei giorni di sforamento del Pm10 consentiti dalla legge.

Certo il problema non è veneto ed è impossibile affrontarlo città per città.
La concentrazione delle polveri sottili nelle maggiori città italiane è così elevata che a fine dicembre la Commissione europea si è detta pronta a portare avanti la procedura d’infrazione comunitaria, che potrebbe condannare l’Italia a pagare una sanzione forfettaria da un miliardo di euro a causa del superamento costante e consistente delle soglie per la concentrazione di particolato Pm10 in tutta la pianura padana, dove nel 2015 si son toccati i 100 giorni di superamento della soglia di tolleranza che è di 35 giorni all’anno.
Gli sforamenti, infatti, dovrebbero fermarsi sotto la media annuale di 40 microgrammi per metro cubo e quella giornaliera di 50 microgrammi per metro cubo, media che oramai da anni viene superata a dimostrazione di come non bastino gli interventi locali e sporadici, ma urga una strategia condivisa almeno in tutta la pianura padana.

L’Arpav, l’Agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale del Veneto, di fronte a rilevamenti sempre più preoccupanti, a inizio mese sul proprio sito internet ha pubblicato una serie di “comportamenti antismog”: lasciare a casa l’auto e usare bici o bus, abbassare il riscaldamento, spegnere il motore durante le soste, non accendere falò all’aperto.
Secondo i dati dell’Inventario regionale delle emissioni, il principale responsabile dell’inquinamento dell’aria è “la combustione non industriale”, vale a dire gli impianti di riscaldamento privati (65 per cento), seguita, con una percentuale di molto inferiore, dal trasporto su strada (18).

Dalla regione un primo passo: linee guida comuni per le ordinanze
«L’inquinamento dell’aria – spiega Gianpaolo Bottacin, assessore all’ambiente della regione Veneto – non è un problema da affrontare con misure spot, i cambiamenti climatici in atto ci obbligano a un approccio scientifico con effetti non solo nei periodi di emergenza ma a lungo termine. Ecco perché è necessario incentivare la riconversione del patrimonio edilizio in funzione del risparmio energetico, con un piano che privilegi le fonti rinnovabili e le produzioni a energia pulita».
Di ritorno dal tavolo tecnico con il governo, la regione ha quindi proposto al tavolo regionale di coordinamento e indirizzo sull’aria, a cui hanno partecipato le province e i comuni capoluogo, le linee guida di riferimento per le ordinanze comunali da applicare tutto l’anno, sia nelle situazioni di criticità a livello “0”, sia in caso di raggiungimento del livello “1” che scatta dopo sette giorni consecutivi di sforamento del limite di 50 µg/m3 di polveri Pm10.
«Ribadendo che quelle che la regione fornisce sono delle linee guida per favorire l’adozione di azioni uniformi nel territorio e che il potere di ordinanza, alla fine, appartiene ai sindaci – ha spiegato l’assessore Bottacin – sottolineo che comunque le misure proposte vanno declinate in base al territorio, in quanto è evidente che la situazione di Belluno potrebbe essere diversa da quella di Rovigo o di Venezia».
Insomma, ciascuno declinerà le linee guida a seconda delle proprie esigenze e priorità, e si va dall’incentivo alla mobilità sostenibile alla riduzione del riscaldamento fino al divieto di accendere falò in campagna.

Legambiente: «Abbassiamo la febbre, non curiamo la malattia»
«I provvedimenti emergenziali vanno superati perché abbassano la febbre ma non curano la malattia – sottolinea Legambiente – È necessario assumere comportamenti diversi e in particolare porre attenzione ai pendolari, incentivando il trasporto pubblico e la mobilità nuova come car sharing e car pooling».
Resta però il fatto che a livello nazionale ancora una volta i fondi destinati al trasporto pubblico locale sono davvero esigui: 12 milioni per incentivare il trasporto pubblico a livello nazionale, data la criticità della situazione, somigliano davvero a una presa in giro.

Sul numero di domenica 14 febbraio, l'approfondimento con le interviste al presidente di Legambiente Padova Andrea Ragona, all'assessore all'ambiente del comune di Padova Matteo Cavatton e a Salvatore Patti, dirigente dell'Osservatorio regionale aria dell'Arpa.

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