Sanità pubblica, la qualità non soddisfa. Ma il Nordest si salva

Indagine Censis: le punte di maggiore soddisfazione sono al Nord-Est con solo il 27,5 per cento di pareri negativi; quelle al contrario più critiche sono al Sud dove il 72 per cento formula giudizi tutt'altro che lusinghieri sul Sistema sanitario nazionale. Le liste d'attesa determinano i giudizi più negativi. I ticket sono percepiti come una tassa iniqua. Si profila una crescita delle polizze assicurative sanitarie private.

Sanità pubblica, la qualità non soddisfa. Ma il Nordest si salva

Tra i tanti problemi che gli italiani devono affrontare oggi c’è anche quello della salute. Sì, perché il bel tempo antico in cui c’era il “dottore” cui ci si poteva rivolgere tranquillamente, nel suo studio vicino a casa, e che se le cose erano leggere ti prescriveva medicine passate dal Servizio sanitario nazionale, se invece erano “serie” allora ti faceva ricoverare all’ospedale; ebbene questo tempo sembra definitivamente tramontato.
Oggi, nella rivoluzione che va colpendo inesorabilmente tutti i settori della società, anche la sanità è messa in discussione e appare a rischio di poter continuare a mantenere un servizio universale. Lo spiega il Censis (Centro studi investimenti sociali) nel rapporto dal titolo “Informati ed insoddisfatti: verso una sanità minimale?”, curato nell’ambito del Forum per la ricerca biomedica.

Ticket e liste d'attesa i problemi maggiori
Gli italiani si dicono mediamente “informati” (70 per cento), ma per il 55 per cento temono la confusione per “troppa informazione”. Il 49 per cento (in pratica la metà) giudica inadeguati i servizi sanitari della propria regione, con una percentuale che sale al 72 per cento al Sud.
Qual è la “colpa” più grave del sistema sanitario? Le liste d’attesa, che stroncano le speranze dei più, costretti a ricorrere, in casi davvero seri, alle visite e cure private. Per questo aspetto ben il 64 per cento si dice gravemente insoddisfatto. Per non parlare del ticket, variamente presente e modulato nelle regioni: per il 45 per cento degli italiani, si tratta di una tassa iniqua e per il 35 per cento i farmaci garantiti dal Ssn sono insufficienti. Insomma, un pianto diffuso un po’ in tutto lo stivale.

Inesorabile il peggioramento del servizio pubblico?
Il dato più eclatante è che le persone riscontrano un peggioramento del Servizio sanitario nazionale. La qualità dell’assistenza è percepita in contrazione, crescono i “viaggi della speranza”, specie da Sud a Nord in cerca di ospedali, medici e tecniche di cura di eccellenza che soltanto in poche regioni italiane sono disponibili.
Le punte di maggiore soddisfazione sono al Nord-Est col 27,5 per cento di pareri negativi; quelle al contrario più critiche sono al Sud dove il 72 per cento formula giudizi tutt’altro che lusinghieri sul sistema di cura pubblico.
Per non parlare dei “tagli” variamente imposti alla sanità nel corso degli ultimi anni: molto negativo è il giudizio sulla chiusura dei piccoli ospedali, col 67 per cento dei cittadini che si dichiara contrario, perché li ritiene un presidio importante.

Meglio pagare di tasca propria che attendere mesi
Si diceva più sopra del ricorso al “fai da te” (auto-cura o ricorso al “privato”): nell’ultimo anno il 53 per cento degli italiani, per via della crisi, si è rassegnato a tempi di attesa più lunghi per effettuare analisi, visite e cure mediche. Ovviamente, chi ha i soldi cerca soluzioni più rapide. Così hanno fatto circa due terzi degli italiani che hanno pagato di tasca propria, in particolare il ticket sui farmaci (66 per cento), le visite specialistiche (45,5 per cento), o il dentista (45,5 per cento).

Medicine a pagamento, web, diete
Curiosi i capitoli della ricerca del Censis che riguardano la prevenzione e l’uso del web. Per la paura diffusa dei tumori (63 per cento), della non autosufficienza (31 per cento), di malattie cardiovascolari (28 per cento) e neurologiche (26 per cento), si cerca di mantenersi sani con diete (44 per cento), controlli medici periodici (43 per cento) e ampio ricorso alle informazioni in Rete (42 per cento).
Anche se il medico di base rimane la fonte di informazione più consultata dagli italiani (73 per cento), il 48 per cento legge giornali, riviste e va su Internet; il 35 per cento compra integratori, il 25 per cento farmaci auto-prescritti.
Se le malattie sono gravi, il 90 per cento “ubbidisce” alle prescrizioni mediche; se non lo sono, solo il 57 per cento segue i consigli degli specialisti.
È piuttosto generalizzato il grado di fiducia nei farmaci, specie se usati per malattie croniche. Ma c’è il problema del ticket già citato e poi quello della non totale copertura pubblica, che rendono a volte obbligato l’acquisto a pagamento delle medicine, perché non “passate” dal servizio sanitario pubblico.
Mentre la farmaceutica fa continui progressi, come mostra il caso di Ebola e dell’epatite C (per cui è stata elaborata una cura costosissima), è probabile che in un prossimo futuro il governo sia costretto a “stringere” ulteriormente sulle coperture generali fornite alla popolazione. Si profila quindi una crescita del ruolo delle assicurazioni sanitarie integrative private, che però non sono - al momento - alla portata di tutti i cittadini.

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Fonte: Sir