Sognare e costruire insieme una "città bella”

Lettera aperta all’amministrazione comunale di Padova di don Albino Bizzotto e fratel Alberto Degan: «Chiediamo di attivarsi per la riapertura degli sportelli del Centro informazione e servizi per gli immigrati, che offriva un sostegno importante agli stranieri che risiedono regolarmente nella nostra città, e di ripristinare la commissione per la rappresentanza dei cittadini stranieri residenti a Padova, un bene che non appartiene a un partito o a una parte politica, ma che è un segno di speranza per tutti i cittadini, specialmente per i giovani».

Sognare e costruire insieme una "città bella”

Nei documenti del suo Magistero, papa Francesco ritorna spesso sul suo sogno di costruire tutti insieme una città bella.
È un sogno cui spesso si contrappone un’altra visione di città. Infatti, da una parte, ci sono ”città che offrono innumerevoli piaceri per una minoranza felice, ma che poi negano una casa a migliaia di nostri vicini e fratelli … Quanto fa male sentire che gli insediamenti poveri sono emarginati, o, peggio ancora, che li si vuole sradicare! Sono crudeli le immagini degli sgomberi forzati, immagini tanto simili a quelle della guerra!” (I Discorso ai movimenti sociali).
Dall’altra, ci sono “città belle che superano la sfiducia malsana e integrano i diversi e fanno di tale integrazione un nuovo fattore di sviluppo! Come sono belle le città che, anche nel loro disegno architettonico, sono piene di spazi che collegano, mettono in relazione, favoriscono il riconoscimento dell’altro!” (Evangelii Gaudium 151).

Il papa sogna una città bella che riconosce l’altro, favorendo la comunione e la relazione fraterna tra diversi.
Dall’altra parte c’è la visione di una città che sradica, rade al suolo gli insediamenti poveri, creando un malsano clima di odio e di guerra.

Quale modello di città dovremmo scegliere noi cristiani?
Francesco risponde in maniera inequivocabile; nel suo messaggio per la Giornata Mondiale dei Migranti scrive: “Migranti e rifugiati ci interpellano. Come fare in modo che l’integrazione diventi vicendevole arricchimento, apra positivi percorsi alle comunità e prevenga il rischio della discriminazione, del razzismo, o della xenofobia? La risposta del Vangelo è la misericordia”, che ci esorta a “coltivare la cultura dell’incontro, l’unica capace di costruire un mondo più giusto e fraterno”.
Certo, andare all’incontro dell’altro è faticoso, perché esige lo sforzo di superare pregiudizi e pensare alternative creative ma, come dice il papa, è l’unica via per costruire una società giusta.
Per noi cristiani non c’è nessuna alternativa all’incontro, per lo meno nessuna alternativa evangelica; se si rinuncia allo sforzo dell’incontro rimane solo lo scontro, l’odio e la violenza.
Nella Domenica della Misericordia, il 3 aprile scorso, a coloro che propongono di “buttare fuori questa gente” il papa ha ricordato che dobbiamo agire con tenerezza, perché respingere i poveri e gli stranieri “non è da Gesù”.

Non dobbiamo alimentare una guerra tra poveri: la tenerezza cristiana non conosce frontiere.
Secondo il papa, la tenerezza – “parola quasi dimenticata nel mondo di oggi” – e la fraternità hanno anche una valenza politica: “Il terrorismo si combatte con la fraternità”, ha detto il Giovedì Santo.

Due richieste all'amministrazione comunale di Padova
Perciò, proprio per sostenere la cultura dell’incontro tanto sottolineata da Francesco, e per promuovere spazi che favoriscono il riconoscimento dell’altro, chiediamo alla Giunta Comunale di Padova, in questo Giubileo della Misericordia, di attivarsi per la riapertura degli sportelli del CISI, Centro Informazione e Servizi per gli Immigrati, che offriva un sostegno importante agli stranieri che risiedono regolarmente nella nostra città.
Per gli stessi motivi chiediamo che si ripristini la commissione per la rappresentanza dei cittadini stranieri residenti a Padova. Pensiamo che la Consulta degli stranieri, al di là della legittima dialettica politica tra le diverse forze presenti in Consiglio comunale, è un bene che non appartiene a un partito o a una parte politica, ma è un segno di speranza per tutti i cittadini, specialmente per i giovani, che sperano in un futuro di convivenza pacifica tra diversi.

Quando ci avviciniamo agli altri, dice Francesco, ci arricchiamo vicendevolmente.
E noi siamo convinti che se nella nostra città creiamo spazi in cui tutti (italiani e stranieri, esodati e immigrati) possiamo dialogare e ascoltarci, insieme - incrociando i sogni di tutti i popoli presenti a Padova - troveremo piste e modalità di convivenza che in questo momento, stando ciascuno per conto proprio, non riusciamo neanche a immaginare.

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