A tu per tu coi giovani

Grande entusiasmo ieri al santuario di Solmoe, dove il papa ha incontrato migliaia di ragazzi della Giornata della gioventù asiatica. Francesco ha preso appunti su un piccolo foglio, mentre tre giovani, dalla Corea, da Hong Kong e dalla Cambogia, gli raccontavano delle loro vite, dei loro dubbi e delle sfide che devono affrontare. Vocazione, perdono, speranza, riunificazione con la Corea del Nord, chiesa in Cina continentale e caduta dei valori nella società: i temi affrontati.

A tu per tu coi giovani

Strette di mano, canti, slogan, sorrisi, una selva di braccia tese per stringerlo, toccarlo. «Francisco, Francisco, Francisco!». Gesti ricambiati. Ancora una volta, come a Rio, come nei mercoledì di udienza in piazza San Pietro, come avviene in tutte le sue visite e viaggi. Papa Francesco non si è sottratto all’abbraccio festoso dei giovani coreani confermando quell’empatia profonda, spontanea, che lo lega a tutti i giovani. Dovunque vada li cerca, li sollecita, li incoraggia, li consiglia, li ammonisce ma soprattutto li ascolta. È stato così anche oggi a Daejeon, durante la messa, e nel pomeriggio al santuario dei martiri di Solmoe, dove si sta celebrando la sesta edizione della Giornata della gioventù asiatica.

Seduto al centro del grande palco allestito nell’auditorium del santuario, Francesco ha preso appunti su un piccolo foglio, mentre tre giovani, dalla Corea, da Hong Kong e dalla Cambogia gli raccontavano delle loro vite, dei loro dubbi e delle sfide che devono affrontare, le stesse di tanti loro coetanei in altre parti del mondo. Un dialogo diretto, un “tu per tu” senza fronzoli, in cui Francesco ha cercato di dare risposte concrete a chi gli parlava di vocazione, di perdono, di speranza, a chi chiedeva cosa fare per la riunificazione con la Corea del Nord, per far sviluppare la chiesa nella Cina continentale o per fronteggiare la caduta dei valori nelle loro società che si stanno secolarizzando. Risposte date a braccio, in italiano e tradotte da un interprete. Abbandonato per qualche minuto il testo scritto il papa si è così avvicinato ancora di più ai giovani raccogliendone i dubbi: «Non ci sono due Coree, ma una sola, purtroppo divisa. La famiglia è divisa». Per aiutare questa famiglia a riunirsi il papa ha chiesto di pregare: «Pregate per i nostri fratelli del Nord. Siamo una famiglia, Signore, aiutaci nell’unità. Che non ci siano né vincitori né vinti, solo una famiglia, ci siano solo fratelli».

Continuando a parlare a braccio in italiano - «il mio inglese è pessimo» ha riconosciuto - il pontefice ha affrontato la questione della vocazione: vita consacrata o studiare per aiutare il prossimo? «È un conflitto apparente - ha detto Francesco - perché quando il Signore chiama, chiama sempre a fare il bene agli altri sia nella vita religiosa che laicale, come padre o madre di famiglia. Lo scopo è lo stesso, adorare Cristo e fare il bene. Quale strada devi scegliere? Tu non devi scegliere nessuna strada, quella l’ha scelta il Signore. Tu devi solo ascoltarlo. Poi la preghiera per capire ciò che il Signore vuole da te». Un dialogo fitto che non ha mancato di toccare il tema del peccato e del perdono di Dio: «Nessuno di noi sa cosa ci aspetta nella vita. Ma per favore, non disperate! C’è sempre il Padre che ci aspetta! Tornare a casa, dove mi aspetta il Padre. A Dio piace quando torniamo da lui. Dio e non si stanca di aspettarci. E se io sono molto peccatore, farà una grande festa».
“Speranza”, si conferma parola chiave del magistero di papa Francesco soprattutto per quello che riguarda i giovani chiamati, ha affermato, a «edificare un mondo in cui tutti vivano insieme in pace e amicizia, superando le barriere, ricomponendo le divisioni, rifiutando la violenza e il pregiudizio». Perché, ha ricordato a tutti, «questo è esattamente ciò che Dio vuole da noi». Dal luogo dove sono vissute quattro generazioni di martiri legati alla figura di san Kim Dae-geon, il primo sacerdote coreano, il pontefice ha invitato i giovani «a essere pienamente desti e attenti, a vedere le cose che nella vita contano davvero, ad andare per le strade di questo mondo e bussare alla porta dei cuori degli altri, invitandoli ad accoglierlo nella loro vita». Un progetto ostacolato da un mondo che soffoca con l’egoismo, l’ostilità e l’ingiustizia «i semi di bene e di speranza che cerchiamo di seminare. Siamo turbati - ha aggiunto papa Bergoglio - dal crescente divario nelle nostre società tra ricchi e poveri. Scorgiamo segni d’idolatria della ricchezza, del potere e del piacere che si ottengono con costi altissimi nella vita degli uomini. Vicino a noi, molti nostri amici e coetanei, anche se circondati da una grande prosperità materiale, soffrono di povertà spirituale, di solitudine e silenziosa disperazione. Sembra quasi che Dio sia stato rimosso da questo orizzonte. È quasi come se un deserto spirituale si stesse propagando in tutto il mondo. Colpisce anche i giovani, derubandoli della speranza e, in troppi casi, anche della vita stessa». Ma questo è «il mondo, nel quale voi siete chiamati ad andare per testimoniare il Vangelo della speranza. Il Vangelo ci insegna che lo Spirito di Gesù può portare nuova vita al cuore di ogni uomo e può trasformare ogni situazione, anche quelle apparentemente senza speranza. Questo è il messaggio che voi siete chiamati a condividere con i vostri coetanei: nella scuola, nel mondo del lavoro, nelle vostre famiglie, nell’università e nelle vostre comunità». «Lasciatevi guidare dalla parola di Cristo – è stato l’invito finale - Lui vi insegnerà a valutare bene ogni cosa e a conoscere ogni giorno il suo progetto su di voi».

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Fonte: Sir