Con la Siria nel cuore, ospiti alla Madonna Incoronata

Da un anno, la famiglia Kaddah abita nell'appartamento che la parrocchia della Madonna Incoronata ha messo a disposizione per l'accoglienza dei migranti. È iniziata così l’accoglienza, prima a Tavo di Vigodarzere e poi alla Madonna Incoronata dove la famiglia ha ricostruito, passo dopo passo, la quotidianità grazie ai volontari della Caritas parrocchiale.

Con la Siria nel cuore, ospiti alla Madonna Incoronata

Il telefonino acceso le sta sempre accanto. La fa sentire più sicura che tutto “a casa” stia andando bene. I suoi genitori in Turchia con i fratelli più giovani. Sua sorella rimasta ad Aleppo. Gli altri chissà dove in Siria, sotto le bombe, privi di libertà.
Nour Aspero Kaddah ha 29 anni e con il marito, Muhannad, e la loro bambina Sham di cinque anni – che in arabo significa Damasco, la capitale dalla storia millenaria, dalle origini mesopotamiche, una delle più antiche città al mondo – abita da circa un anno nel piccolo appartamento che la parrocchia cittadina della Madonna Incoronata, in accordo con la Caritas diocesana, ha messo loro a disposizione per l’accoglienza temporanea di migranti in collaborazione con la cooperativa Villaggio globale. 

Nour e Muhannad, da pochi mesi entrati a far parte dello Sprar, il programma di protezione e inserimento dei rifugiati, vengono da Latakia, Laodicea per noi occidentali, il più importante porto della Siria, a pochi chilometri dal confine con la Turchia. Lì nel 2012 la vita aveva il suo giro: Muhannad era commercialista e a Nour mancavano pochi esami per laurearsi in inglese. «All’inizio i giovani cercarono di cambiare il regime di Bashar al-Assad, ma poi iniziarono i rastrellamenti per strada. I miei cugini sono stati catturati, torturati e affamati in prigione. Uno di loro, scarcerato dopo due anni soltanto per le sue precarie condizioni di salute, è morto subito dopo aver riabbracciato la figlia». Nour racconta nel suo inglese corretto e lascia trapelare l’emozione. Non riesce a dimenticare e la narrazione serve a riprendere il filo con il passato, a non scordare da dove sono partiti.

«Avevamo paura di camminare per strada, perché i soldati ammazzavano chiunque. La mia famiglia, una notte sotto i bombardamenti, è fuggita in Turchia: il rischio era che mio fratello venisse arruolato nell’esercito di Assad». Nel 2012 Nour incinta e Muhannad decidono di andarsene negli Emirati arabi dove è nata Sham. «Ogni giorno procastinavamo il ritorno, perché la guerra si faceva sempre più dura. Volevamo riunirci con la mia famiglia, ma le frontiere turche erano blindate. Decidemmo di andare in Svezia dove c'erano molti altri siriani».

L’Italia non era neppure lontanamente contemplata, ma dopo sei mesi trascorsi a Malmoe, il governo svedese, in base alla convenzione di Dublino, rispedì Muhannad, Nour e Sham a Venezia, dove avevano soltanto cambiato l’aereo preso ad Abu Dhabi. «Per due mesi io e mio marito siamo stati separati e collocati in strutture diverse. Piangevo sempre, ero sola con una bambina piccola e nessuno credeva che fossimo una famiglia. Mi sentivo deportata, chiusa in gabbia senza una casa dove proteggere Sham. Solo con l’aiuto di Samer di Villaggio globale siamo riusciti a ottenere i documenti e a ritornare tutti insieme».

È iniziata così l’accoglienza, prima a Tavo di Vigodarzere e poi alla Madonna Incoronata dove la famiglia ha ricostruito, passo dopo passo, la quotidianità grazie ai volontari della Caritas parrocchiale.

«Con Nour siamo amiche – racconta Mariella Sanzari – e per Sham sono come una “baba”, una nonna: è impossibile non prenderseli tutti e tre a cuore, sono speciali. Al compleanno di Sham siamo stati invitati e siamo stati presentati ai loro amici siriani. L’accoglienza, non so davvero a chi stia facendo meglio».

Dalla piccola casa accanto al centro parrocchiale, la mattina Sham viene accompagnata alla scuola dell’infanzia comunale Collodi dalla mamma che poi si reca al corso d'italiano, mentre Muhannad parte presto: lavora con un connazionale titolare di un banco ambulante e gira i comuni padovani in mezzo alla nebbia e a quel freddo che prima non conosceva. La sera il commercialista segue il corso d’italiano per migranti del Vides Veneto in riviera San Benedetto. Ma il sogno resta sempre lo stesso. Tornare a casa, in pace, in Siria.

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