Corriamo al sepolcro!

Corriamo... al Risorto! Perché ci generi e ri-generi. Ogni giorno, certo. Ma, quest’anno, il pensiero va ai ragazzi che, per la prima volta, ricevono i sacramenti dell’iniziazione cristiana nella veglia e nel tempo di Pasqua. Il pensiero va ai loro genitori, catechisti, parroci, comunità cristiane che li accompagnano nel cammino di fede. Per tutti è una bella corsa al Risorto! Come per gli oltre cinquanta catecumeni che, il Sabato Santo, ricevono il battesimo e vengono accolti nella famiglia dei figli di Dio. Anche loro... sono in corsa. Insieme alle comunità parrocchiali che li hanno accompagnati e ora sono chiamate a non lasciarli soli. Al sepolcro... si corre insieme.

Corriamo al sepolcro!

Attorno a noi cose complesse e talvolta faticose; molti vanno, molti tornano, molti vivono stretti attorno ai loro affari, alle cose di casa, ai pensieri, alle paure, alle fatiche, alle croci; è come un turbine che, vorticoso, alza molta polvere e fischia quasi ululando... La grande e la piccola storia degli uomini si mostra piena di luci e di fosche tinte: assieme al gioco sereno dei bambini, vediamo – sgomenti e increduli – altri bambini morire soffocati dal gas.

Vorrei interpretare, forse capire. So che l’umanità, prodigio del Creatore, è anche sfinita per la sua debolezza mortale e ha bisogno di riprendere vita. Cristo Gesù ci ha rigenerati – non lo dubitiamo, grazie a Dio – con la sua morte, sepoltura e risurrezione: eppure questo dono già effuso dal Risorto, rimane – mysterium fidei – velato dentro la storia. Il desiderio più grande che porto nel mio cuore e l’invocazione che – pur nell’aria rarefatta della fede – oso elevare al Cielo, è che ogni credente (primo io fra tutti... come riuscire a dirlo senza che non sembri falsa umiltà?) viva orientato alla speranza pasquale che Gesù, il Signore crocifisso e risuscitato, solo fra tutti può rigenerare ogni vita!

Raccolgo in unum questa meditazione credente, tentata dall’abitudine delle cose già dette e conosciute, per cercare un augurio nuovo che profumi come il creato dopo la luna nuova di primavera – la luna di Pasqua – e che muova la pigrizia spirituale, tenaglia implacabile dell’antico Avversario, a credermi rigenerato dalla grazia del Risorto. Non basta sapere o ricevere la notizia che Cristo è il Vivente; non basta nemmeno pensarlo così; è necessario correre al sepolcro! 

«Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!". Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo ­ non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti. I discepoli perciò se ne tornarono di nuovo a casa» (Gv 20,1-10).

Siamo rigenerati se l’umile e coraggioso esercizio della fede ci porta a correre, metafora del dinamismo di una vita interiore, concreta e fattiva. I molti affanni dei nostri ritmi occidentali non hanno molto a che fare con questa corsa; essa è piuttosto quella di Pietro e Giovanni che – senza esitazione – si precipitano là dove lo avevano posto (cfr. Mc 16,6). Si è rigenerati solo da una vita interiore che corre, cioè esiste, è autentica, provata, fedele, verificata ed ecclesiale. Correre nella vita interiore per lasciarsi rigenerare, significa non cessare mai di credere alle parole che inaugurano il cammino della chiesa verso la Pasqua; parole che accogliamo – mentre ci è imposto l’austero segno delle ceneri – proprio da Gesù: «Non siate come dei farisei gravidi di inautentici sentimenti spirituali, ma umili figli del Padre, fedeli nella preghiera nascosta, discreti nella penitenza, fattivi nella carità (cfr. Mt 6,1-18)».

Non inventiamo nulla, infatti! Ma corriamo, questo sì! Corriamo nell’esercizio della fede. E la nostra corsa significa evitare di dire: Signore, Signore; preferendo invece fare la volontà del Padre che è nei Cieli (cfr. Mt 7,21). Sono rigenerati dal Risorto coloro che corrono nella vita interiore come atleti che, anziché inseguire un premio mondano, si affrettano per conquistare una corona immarcescibile (cfr. 1 Cor 9,24-26)

È necessario, allora, che la vita spirituale non si sieda ma piuttosto voli... Diventa necessaria allora la preghiera, personale ed ecclesiale, ancorata saldamente nella parola di Dio e nell’autentica vita della chiesa; è necessario celebrare la penitenza, perché la grazia rinnovi il nostro cuore e il nostro stile di vita; è necessario il discernimento, accompagnato dalla guida fraterna e tenace di un direttore spirituale, perché non ci illudiamo di vedere e muoverci da soli; è necessario portare all’altare – nel giorno del Signore – il pane per il Sacrificio eucaristico con il pane offerto dal Sacrificio della chiesa per la carità perché questa sia autentica e fattiva verso i poveri che – non ne dubitiamo – giacciono nella tenebra...

C’è bisogno della vita della chiesa, nostra àncora e nostro porto sicuro, per non cadere nella superbia di bastare a noi stessi anziché scegliere di correre al sepolcro insieme ai fratelli, proprio come Pietro e Giovanni...

Sappiano che tutte queste cose altro non sono che i doni del Risorto alla sua chiesa; sono la sua stessa vita; sono ciò che ci rigenera, senza bisogno di inventare necessariamente cose inaudite o eccentriche. Attraverso l’esercizio fedele di questi strumenti della grazia, corriamo e crediamo, sapendo che, mentre procediamo dal fonte battesimale verso la Gerusalemme celeste, il Signore Gesù è la nostra pace. Alleluja.

don Gianandrea Di Donna

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