“Cuore e clero”. Come prevenire il rischio d’infarto

L’elenco dei sacerdoti e dei religiosi scomparsi negli ultimi mesi per ragioni cardiache impressiona. La specialista padovana Carla Villanova riflette sui fattori di rischio e sullo stile di vita che gli uomini e le donne di chiesa dovrebbero mettere in atto per preservare la loro salute ai nostri giorni.

“Cuore e clero”. Come prevenire il rischio d’infarto

La morte di don Livio Destro si aggiunge a quella di numerosi sacerdoti e religiosi che si sono spenti negli ultimi mesi, tutti per questioni di tipo cardiologico.
Lo scorso 9 giugno, un altro sacerdote della diocesi di Padova, don Valerio Bortolin, docente della Facoltà teologica del Triveneto, aveva perso la vita per un infarto che lo aveva fatto precipitare lungo le pendici del monte Pizzocco, a San Gregorio delle Alpi.
Il cordoglio è ancora vivo nella vicina diocesi di Belluno, dove il 3 agosto il cuore di don Francesco Soccol, parroco di Cavarzano, ha ceduto mentre il sacerdote si trovava al bivacco Cadore, in val Stalata, sotto i Campanili di Popera.
Ancora più recente è la scomparsa di padre Adriano Bregolin, salesiano di Cona, direttore dell’Opera salesiana di Firenze, morto a Cortina, sul sentiero tra Averau e Nuvolau, il 23 agosto, lo stesso giorno di don Livio.
Senza dimenticare che il 16 agosto di un anno fa, sulla spiaggia di Bibione, ad accasciarsi era stato padre Enzo Poiana, rettore della basilica del Santo.

La dottoressa Carla Villanova, cardiologa presso la casa di cura Villa Maria di via delle Melette a Padova, dallo scorso mese di ottobre ha dato vita al progetto “Cuore e clero”, invitando sacerdoti e religiosi a prendersi cura della propria situazione cardiologica. In dieci mesi, ha visitato 73 tra suore, religiosi e preti, alcuni dei quali sono poi stati sottoposti a intervento chirurgico.

Dottoressa, perché questa attenzione particolare per il clero e i religiosi in genere?
«La figura del sacerdote oggi è caricata di un’enorme responsabilità. Le attese nei confronti di un parroco e di un uomo di fede sono davvero altissime, pressanti. Nel dialogo con i pazienti religiosi, avverto chiaramente il bisogno di scaricare la tensione che può nascere dalle dinamiche parrocchiali e comunitarie in generale. Qualcuno fra i sacerdoti soffre per l’incarico che ricopre e che vorrebbe cambiare, ma ciò che andrebbe evitato è una vita in solitudine, specie nel momento dei pasti: avere qualcuno con cui condividere è un’importante occasione di confronto, anche una valvola di sfogo».

Sono più esposti i religiosi uomini o le donne?
«Oggi il carico di lavoro e di attese più pesante è sulle spalle del prete. In generale le religiose, anche perché vivono in comunità, stanno meglio. Dopo aver seguito per anni diversi sacerdoti, sono arrivata alla conclusione che sarebbe molto importante che tutti loro potessero avvalersi di un padre spirituale, magari un prete anziano che potesse raccogliere le loro preoccupazioni e le loro fatiche. Una dinamica, questa, che avviene normalmente anche nell’ambulatorio del medico. E poi, ci vorrebbe un aiuto da parte di laici preparati nell’ascoltare e andare incontro a tutte le richieste che in parrocchia vengono indirizzate sempre al prete».

Ci sono dei campanelli d’allarme e dei fattori di rischio di cui tener conto?
«Anzitutto attenzione alla mancanza di fiato, specie se strana e improvvisa. Spesso l’infarto non si manifesta con il dolore, ma proprio con la mancanza di fiato nel compiere operazioni abituali. Quando accade bisogna ricorrere al medico». 

«I fattori di rischio principali poi sono il fumo, l’ipertensione, il diabete, valori alti di colesterolo e trigliceridi, l’ansia, la difficoltà nel sonno, oltre alla familiarità e alla scarsa attività fisica».

Quale stile di vita mettere in atto?
«Come si vede, tranne la familiarità e in parte il diabete, tutti gli altri fattori di rischio sono modificabili. Bisogna porre attenzione alla dieta, anche a costo di discutere con chi si occupa del menù nelle canoniche o nelle comunità religiose: non abbondare e non scegliere cibi grassi. Bisogna compiere attività fisica regolarmente. Infine i controlli: a partire dai 40 anni di età, ogni due anni gli esami del sangue e ogni cinque un’eco Doppler al cuore e una prova da sforzo».

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