Dolo, la comunità è una sfida

Chiusa una settimana della comunità segnata dalla visita del vescovo Claudio, Dolo riflette sulle grandi questioni che oggi interrogano la diocesi  di Padova. Ci sono almeno tre comunità in una, c’è l’apertura al territorio e poi le relazioni preti-laici

Dolo, la comunità è una sfida

«La comunità è solo chi frequenta e partecipa alle messe e alle proposte? Rimaniamo nel recinto o usciamo?».
Quelle di Mario Dainese, esperto vicepresidente del consiglio parrocchiale di Dolo non sono domande: sono LE domande.
Il gomitolo delle riflessioni sulle grandi questioni che sta attraversando la chiesa di Padova, in riva al Brenta, comincia a srotolarsi da qui.
Si parla di comunità dopo la riflessione avviata dal vescovo Claudio all’incontro congiunto del 25 febbraio.
Di povertà, ora che i “Cantieri di carità e giustizia” entrano nel vivo.
Di giovani, con il sinodo alle viste.
E di laici e sacerdoti, considerati i recenti, dolorosi fatti.

Il “bandolo” della matassa passa così, idealmente, nelle mani di Gianna Colantonio, la referente dei catechisti che testimonia come in realtà «la comunità cristiana a Dolo è molto sviluppata».
Gianna parla dell’apertura e dei gesti che riscontra nelle famiglie che frequentano l’iniziazione cristiana – spesso volti nuovi – ma anche delle relazioni che si intrecciano nel suo quartiere.
Una comunità che supera la cerchia degli operatori pastorali, che ogni anno si ritrovano in sagra, come sottolinea Ilaria Scocco, giovane presidente parrocchiale di Ac, e anche la numerosa assemblea di tutte le figure educanti che si dà appuntamento ogni anno a settembre.

Tre comunità in una.

Per don Alessandro Minarello, parroco dal 2012, le comunità sono tre.
Anzitutto «quella che vedo», che si ritrova alla messa e anima il centro parrocchiale, «molto identificata e ricca di talenti e teste pensanti».
La seconda, «quella che trovo», di cui fanno parte, a titolo esemplificativo, le famiglie incontrate per le benedizioni delle case: tutti aprono, in molti pregano, spesso si tratta di anziani soli.
Infine «la comunità che spero», quella che accetta la sfida del tempo presente, che si mette in gioco ogni giorno, consapevole che questo è il momento di avviare percorsi, non di raccogliere frutti.

Ecco dunque una parola chiave, che a Dolo risuona in molti ambiti: percorso.
Lo è il nuovo impianto di iniziazione cristiana, il cui rodaggio sembra concluso e sta immettendo nelle famiglie una nuova voglia di aggregarsi. «Stiamo diventando grembo che genera alla fede?», si chiede Gianna Colantonio. La chiave certamente è «seguire bene i genitori» e «fare le cose per bene», puntando sulla qualità, non sui numeri, chiosa il parroco.

Aprirsi al territorio.

Ma «percorso» è anche la definizione di comunità che ha in testa Davide Rostellato, 21enne studente di architettura.
«La mia fede di oggi – spiega – è strettamente correlata al mio essere educatore di Ac. Se non fossi impegnato in parrocchia andrei a messa regolarmente? Difficile dirlo…».
Essere in comunità «è un viaggio» per Davide, «camminare insieme e sentirsi fratello». Oltre a impegnarsi concretamente per le problematiche del territorio.
I suoi giovanissimi, ogni anno a settembre, fanno due volte il giro del paese. Una per “volantinarlo”, una per raccogliere. E così scatolame, pasta e altri alimenti vengono recapitati alla San Vincenzo, che segue una quarantina di famiglie e dimostra un’attenzione e una capillarità di conoscenza della situazioni di disagio sopra la media.
Da questi volontari vengono impiegati anche i 20 mila euro che la comunità raccoglie ogni anno per i poveri. «E prima dell’estate nascerà anche il centro di ascolto vicariale Caritas, con sede a Fiesso d’Artico», certifica don Alessandro che è anche vicario foraneo.
La relazione con le altre comunità si esprime proprio nell’apertura al territorio, come nell’analisi condotta lo scorso autunno sulle problematiche dei quattro comuni del vicariato.

È emersa, come costante del nostro tempo, anche la questione migratoria.
Dolo in tema ha due esperienze opposte. Il gruppo di giovani centrafricani arrivati due anni fa si sono ben integrati, sia nella comunità civile con lavori socialmente utili, sia in quella cristiana (sagra, pulizia del patronato, pista da pattinaggio allo squero nel 2015).
Tutt’altro discorso per le 40 donne che il prefetto ha inviato a villa Spicca un anno fa, scavalcando le autorità locali: integrazione difficile e problemi di ordine pubblico. Silenziosi, ma preziosi, sono invece i volontari ospedalieri, tratto distintivo di questa comunità per la presenza del nosocomio.

Laici e preti in relazione.

Di fronte alle “sfide”, altra parola chiave a Dolo, «siamo chiamati alla fraternità, senza distinzione di compiti», riflette Mario Dainese.
Sulla specificità del ruolo del parroco nessuno obietta. Piuttosto, di fronte al caso San Lazzaro, «sul quale i media ci hanno bombardato, occorre riflettere sulla solitudine dei sacerdoti».
«Sospetti e allarmismi non servono – sottolinea don Minarello, che di don Contin è stato educatore in seminario – la questione è personale. Noi preti dobbiamo incontrarci di più sul piano personale, come cerchiamo di fare in congrega, facendo piena verità sulle relazioni che ogni giorno viviamo».

Giovani

Giovani protagonisti nella chiesa? Quello che spesso appare un orizzonte da inseguire, nelle parrocchie della diocesi si manifesta invece come realtà.
«A Dolo i giovani hanno voce in capitolo sulla vita della chiesa – attesta Ilaria Scocco, presidente parrocchiale di Ac a 23 anni – specie negli ultimi anni, la nostra presenza in consiglio pastorale si è allargata e credo che gli effetti si vedano».
Una vitalità evidente nella fraternità che si è appena conclusa: per una settimana, i giovani hanno vissuto insieme in un ambiente della comunità, dove hanno ricevuto anche la visita del vescovo Claudio. Con lui hanno parlato a tu per tu soprattutto del sinodo che è oramai alle porte.

«Ero a Cracovia quando don Claudio ha dato l’annuncio: anche per questo sento molto importante questa proposta, anche se mi rendo conto che “contagiare” tutti i giovani non è semplice».

In vicariato, grazie all’impegno di Riccardo Baldoni di Fiesso d’Artico, sta per partire l’équipe che da settembre coinvolgerà i giovani in quest’avventura inedita.
«Dapprincipio mi è parsa una proposta bella ma distante – aggiunge Davide Rostellato – Riflettendoci invece inizio a coglierne le potenzialità, ma funzionerà a patto che i giovani siano davvero protagonisti».
Un protagonismo che a Dolo già c’è. «È vero – ammette Ilaria – ma per quanto siamo vitali, se mi guardo attorno vedo che solo in pochi, per ogni annata, frequentano la chiesa e le sue iniziative. Occorre allargare i confini».
E il riferimento diretto, per questi ragazzi, è l’esperienza che lo scorso anno don Michele Bagatella, vicario parrocchiale, assieme al consiglio pastorale, ha proposto loro. «Abbiamo scritto una lettera ad amici e conoscenti nostri coetanei “lontani” dalla comunità – spiega la giovane presidente – Abbiamo chiesto loro di raccontarci il perché della loro scelta, come vedono la chiesa “da fuori”. In 30 hanno risposto e ne è nato un dialogo profondo e proficuo».

Uno degli obiettivi cardine dunque, a partire dal 3 giugno prossimo, sarà riprendere questo scambio tra giovani che può essere utile per tutti.
Di certo i giovani dovranno superare l’inerzia e cogliere un’occasione unica di vivere un’avventura inedita per la loro esperienza di chiesa. «L’équipe vicariale ci consegnerà alcune tracce da seguire – conclude Ilaria – poi avremo carta bianca. Speriamo di sviluppare un dialogo franco e aperto, coinvolgendo tutta l’area giovanile della comunità. Una sfida bella, anche se certamente non semplice».

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