Don Alberto Albertin, nuovo vicario per i religiosi: «Sono ricchezza per noi»

Due religiose, due religiosi e un prete diocesano: questa l’équipe con cui ha cominciato a muovere i primi passi don Alberto Albertin, delegato per la vita consacrata. Che gira molto per incontrare le comunità religiose... ma “presidia” anche il nuovo ufficio di casa Pio X. «Siamo soliti considerare i religiosi per quello che fanno. Ma ciò che è importante cogliere è la loro testimonianza: richiamano il primato di Dio nella nostra vita», è la sua riflessione, e annuncia che il vescovo Claudio desidera un incontro ogni anno con tutti i religiose per illustrare loro gli orientamenti pastorali. 

Don Alberto Albertin, nuovo vicario per i religiosi: «Sono ricchezza per noi»

La nomina è abbastanza recente – il 31 gennaio scorso – ma i chilometri “macinati” sono già tanti. Don Alberto Albertin, delegato vescovile per la vita consacrata in diocesi di Padova, fin da subito si è messo in moto per incontrare una realtà che lui stesso definisce «molto ricca, come numeri e come qualità!». E, se cominciamo dai numeri, nel panorama triveneto la nostra diocesi è quella con la fetta più ampia di consacrati. «Certo, Padova è grande – sottolinea don Albertin – ma i numeri sono comunque elevati: tra religiosi e religiose ci avviciniamo a 2.700 persone».

Che ruolo ha, in questo panorama, il delegato per la vita consacrata?

«Tiene i collegamenti tra i religiosi che operano in diocesi e la diocesi stessa. Alcuni di loro fanno specifico riferimento al vescovo, penso agli eremiti o alle collaboratrici apostoliche, ma non può seguire tutto lui personalmente. Ecco che è importante la figura del delegato. Per tanti motivi: quando una famiglia religiosa chiude la propria casa in una parrocchia, ad esempio, ci vuole qualcuno che gestisca questo passaggio, perché non ci siano persone che si arrabbiano o le suore, che magari sono rimaste lì molto tempo, non vadano via “con il muso”. Allo stesso tempo il delegato è chiamato a essere presente nei momenti importanti delle famiglie religiose: la novena per san Leopoldo, la tredicina di sant’Antonio, gli anniversari di professione religiosa... È una collaborazione secolare, quella tra chiesa particolare di Padova e vita consacrata: io intendo continuare a muovermi in questo senso. Con un obiettivo preciso».

Quale? 

«Far vedere che la vita consacrata appartiene intimamente alla vita e alla missione della chiesa particolare».

Ma... il delegato per la vita consacrata si muove “da solo”?

«No! Il vescovo Claudio ha voluto che la mia non fosse una figura isolata. Mi ha chiesto di costituire un’équipe che al momento è formata da due religiose, due religiosi e due sacerdoti diocesani, tra cui io. Questo gruppo, tra le altre cose, è impegnato a garantire l’apertura dell’ufficio diocesano, che si trova in casa Pio X, al secondo piano. La sede è nuova, rispetto a prima, ma l’impegno di collaborazione e vicinanza con la vita consacrata continua con forza. Anche per questo motivo abbiamo voluto che l’ufficio fosse aperto tutti i giorni, da lunedì a venerdì: dalle 9 alle 12 è sempre presente un religioso o una religiosa; al pomeriggio, dalle 15 alle 18, sarò presente io».

I primi passi compiuti?

«Ho cominciato a incontrare, anche insieme a qualcuno dell’équipe, le varie comunità religiose femminili e maschili. A tutte abbiamo scritto una lettera per presentarci e detto il nostro desiderio di un incontro. Per me è importante andare lì dove le comunità sono e operano. Finora ho vissuto esperienze molto belle: vedo tanto bene e tanta disponibilità. Sto anche partecipando alle attività già programmate dal Cism (che riunisce i superiori degli istituti religiosi maschili) e dall’Usmi (superiore degli istituti femminili). Vengo coinvolto anche in momenti forti delle comunità religiose: il giorno del fondatore, gli anniversari, i lutti...».

Quali sono le prime impressioni dei tanti incontri già vissuti?

«Siamo soliti guardare ai religiosi, e a considerarli importanti, per quello che fanno. Questo è il primo impatto che si ha e di solito è sempre positivo. Ma non è questa la prima cosa che dobbiamo apprezzare! Sto cogliendo, e vorrei che avvenisse anche per la diocesi, la loro testimonianza. Il decreto del Vaticano II, Perfectae caritatis, sul rinnovamento della vita religiosa dice che prima della vita attiva, della vita in comune, dei tre voti che emettono, delle opere che svolgono... loro hanno il primato della vita spirituale. Richiamano i valori alti della fede, il primato di Dio nella nostra vita. Questa è la testimonianza che i religiosi danno a una chiesa particolare. Se riuscissimo a cogliere bellezza e grandezza della loro testimonianza... al di là dei che numeri hanno, se chiudono di qua e di là... Sarebbe bello che cambiasse anche il registro della nostra sensibilità e che riuscissimo a cogliere, oltre a ciò che fanno, ciò che sono: ci richiamano il primato della vita spirituale».

Da fare c’è già molto, ma... per caso c’è qualche altro progetto per il futuro?

«Il vescovo Claudio desidera che, negli appuntamenti che religiose e religiosi hanno già in programma nel corso dell’anno pastorale, se ne inserisca uno con lui. Stabilmente. Un incontro con il vescovo, al di là del tradizionale appuntamento diocesano in occasione della festa della vita consacrata, in cui proprio lui presenta ai religiosi e alle religiose il piano pastorale della diocesi. La cosa assume una particolare importanza se pensiamo, ad esempio, che 14 parrocchie in diocesi sono rette da religiosi e che numerose religiose sono impegnate nella vita delle nostre parrocchie, ma non solo. Oltre a questo, c’è un progetto che sogno: far conoscere, attraverso uno strumento idoneo, le diverse famiglie religiose presenti in diocesi. Presentare il carisma, lo stile, come operano... le tante realtà di vita consacrata, femminile e maschile: istituti religiosi, istituti secolari, società di vita apostolica. Sono una ricchezza da far conoscere!».

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Parole chiave: Albertin (1), delegato (1), vita (53), consacrata (1)